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Alessia Nuzzo/Il lavoro che ho inventato

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

21
GIU
2013
Tornare al Sud per restare, “inventandosi” un mestiere, combattere la crisi con talento, coraggio e un pizzico di perfezionismo: lei è una grafica e ce la vuole fare
 
 «Al giorno d’oggi una laurea in materie umanistiche non serve a nulla, l’unica cosa che garantisce è la disoccupazione». Chi ha studiato in facoltà come Lettere, Filosofia o Scienze della Comunicazione, almeno una volta nella vita avrà fatto i conti con questo genere di commenti. Carenza di competenze specifiche e difficoltà di adeguamento ai bisogni espressi dal mercato del lavoro sono solo alcune delle principali “accuse” rivolte ai laureati in materie umanistiche. Così, spesso loro sono costretti a scegliere tra due opzioni: andare al Nord o all’estero in cerca di un lavoro in qualche modo attinente agli studi fatti, o restare al Sud, il più delle volte alle prese con un impiego (se si trova) in cui faticano a riconoscersi. 
Eppure, il coraggio permette ad alcuni di loro di azzardare una scelta controcorrente, come nel caso della giovane professionista salentina Alessia Nuzzo, graphic designer free lance che idea e realizza la grafica pubblicitaria di aziende, associazioni e liberi professionisti.
Conobbi Alessia nel 2009, in occasione di un master in marketing e comunicazione d’impresa che frequentammo a Lecce; a fine corso era previsto un lavoro di gruppo incentrato sull’ideazione e lancio di un nuovo prodotto. Capitammo in gruppo con altri colleghi, e il nostro lavoro si classificò primo; nei lunghi pomeriggi alle prese con il brain storming e la stesura del piano di comunicazione, l’atmosfera rilassata rischiava spesso di trasformarsi in ozio, ma Alessia riusciva a essere analitica e pragmatica quanto basta per far procedere il lavoro. Molto capace e molto attenta, ma senza quella patina di odiosa arroganza e totale assenza di empatia che caratterizza quelle che a scuola etichettavamo come maestrine. Ironica e schiva, sin da allora possedeva la rara qualità di trattare con cura le parole, lasciando che fosse il suo lavoro a raccontare chi era. Quella stessa essenzialità che ho ritrovato qualche giorno fa, quando l’ho raggiunta al telefono; ora come allora, ho la sensazione che le sia più facile parlare della musica che ama, dei Verdena degli Smashing Pumpkins o di Skunk Anansie, che non concedersi dieci minuti del sano narcisismo tipico dei creativi.
Dopo la laurea in Scienze della Comunicazione conseguita a Perugia, Alessia ha sentito il bisogno di tornare in Puglia. «E’ stata una scelta dettata dal fatto che in quel momento mi sentissi un po’ senza fissa dimora, divisa tra casa e Perugia. Sentivo il bisogno di avere una sola casa», mi spiega. Al master del 2009 segue la felice esperienza di stage presso una rivista  per l’infanzia  di Lecce (Unduetrestella); in seguito Alessia matura svariate esperienze lavorative nei più diversi ambiti: «ho fatto la receptionist, la hostess, ho lavorato in un’azienda di telecomunicazioni occupandomi del back-office, ho creato insieme con altri ragazzi del mio paese un’associazione di promozione sociale e turistica, ho lavorato in una ludoteca. Insomma come tanti altri ragazzi ho fatto di tutto e di più, cercando nonostante le difficoltà di non stare ferma». Poi arriva l’occasione di un corso di graphic design, «una passione che ho sempre tenuto nel cassetto un po’  per insicurezza, ma che alla fine ho deciso di assecondare». Inizia così quest’avventura; «la scelta di lavorare come freelance è stata una sfida e una scommessa su me stessa. La situazione attuale non è facile e lo sappiamo tutti, qui come in tutta Italia ormai. Spesso mi son sentita dire la frase: “Il lavoro oggi bisogna inventarselo”, e allora l’ho fatto. O meglio provo a farlo ogni giorno, spinta dal fatto che so che occuparmi di grafica è quello che voglio fare da grande».
Alessia sa essere visionaria, non solo quando progetta il restyling di un marchio aziendale, per questo raccoglie già i primi frutti dell’impegno con cui ha coltivato il suo talento: vanta, infatti, clienti tra imprese, professionisti, scuole ed associazioni presenti sul territorio salentino. «L’aspetto più gratificante è la soddisfazione di aver interpretato bene le esigenze del cliente e vedere apprezzato il proprio lavoro (e apprezzarlo anche da sola, non sempre sono soddisfatta di ciò che faccio. Ma quando lo sono io stessa vuol dire che davvero ho fatto centro!). Quello più difficile, e a volte addirittura demotivante, è l’idea comune che questo non sia un vero e proprio lavoro ma quasi un gioco. Forse è un’affermazione scomoda da fare, ma è così. Ovviamente non lo pensano tutti». Se speravo di strapparle una frase di autocompiacimento dopo la vittoria della gara creativa, questa sua riflessione a voce alta mi ha zittita e fatto sorridere. Ora come allora, il suo sguardo analitico le permette di vedere il contenuto senza farsi distrarre dall’aspetto più o meno bizzarro, più o meno accattivante, del contenitore. Un modo di lavorare, rigoroso e controcorrente, che diventa, globalmente, modo altro di guardare le cose. Un’autenticità che hanno tentato di farci dimenticare, da più parti, ma per la quale, proprio per questo, non si può non fare il tifo.
 



Commenti:

Ideare un nuovo lavoro 23/LUG/2013

Secondo me il modo più semplice per ideare un lavoro è quello di basare tutto sulle proprie passioni, proprio perchè soltanto facendo ciò che ci piace possiamo trovare le energie sufficienti alla realizzazione dei nostri intenti. In particolari, costruire una rendita lavorativa basata su quello che sappiamo fare meglio, ci da la certezza di trattare temi di cui siamo profondi conoscitori, essere in grado di prevedere le esigenza della nostra nicchia di mercato e proporre delle soluzioni adatte. Ideare un lavoro significa sopratutto capire di cosa le persone hanno bisogno, e per fare questo serve conoscere perfettamente la tematiche che vogliamo trattare.

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