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Danilo Visaggi: Destinazione Arte

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

25
MAG
2012

 

In un'epoca in cui di parole se dicono tante, questo giovane illustratore e animatore multimediale predilige la comunicazione non verbale, fatta di musica, disegno e arte in generale. E dice : «Voglio portare nella mia terra quello che ho imparato»
 
Cari lettori, ricordate, quando durante le lezioni di filosofia, un giorno la vostra professoressa vi parlò dell'isola di Bensalem, più nota come la Nuova Atlantide, utopicamente descritta da Francesco Bacone, famoso filosofo inglese, sostenitore della rivoluzione scientifica, che immaginava una società felice basata sul sapere e la collaborazione tra le persone in diversi campi finalizzati all'utilità sociale? Immagino di sì e immagino anche che vi starete chiedendo il perché di questa mia premessa. Semplice: mentre chiacchieravo con la talentuosa personalità che state per conoscere meglio, Danilo Visaggi, illustratore e animatore multimediale, nato nel 1988 a Taranto, immaginavo la mia di Isola, dove un giorno, il talento e l'arte di tutti potessero essere realmente lo strumento per la felicità vivendo, tranquillamente anche, per non dire solo, di questo. E nel bellissimo sogno Danilo sarebbe un artista completo, che con la forza dell'illustrazione, dell'animazione e della musica ci aiuterebbe a capirci  attraverso le semplici immagini, il famoso linguaggio non verbale. Per fortuna non dobbiamo solo immaginare, tutto questo Danilo lo fa già.
 
Non è facile capire e decidere di fare l'artista. Come te ne rendi conto?
« In realtà non c'è stato un vero e proprio momento, è stato il percorso della mia vita che mi ha portato a fare delle scelte. Come è spesso di routine, conclusi i miei studi secondari superiori al liceo scientifico-tecnologico della mia città, decisi di proseguire sulla stessa linea d'onda iscrivendomi all'università, facoltà di farmacia. Terminai gli esami del primo anno e mi resi pian piano conto che dalla mia vita, non era questo che avrei voluto. Il disegno e l'arte in generale sono stati da sempre dei compagni di viaggio, ne sono sempre stato affascinato e dopo questo primo anno di studio capii che dovevo approfondire questo interesse, e mi sono iscritto a Roma all'Istituto europeo di design seguendo un corso di illustrazione e animazione multimediale, della durata di tre anni. Anche se il corso è ormai terminato, continuo a studiare tutte le novità dei settori di interesse e  attualmente sto approfondendo con un corso di arti terapie. »
 
Arti terapie, fantastico. Raccontaci.
«Sono degli studi davvero affascinanti. In particolar modo sto approfondendo la musicoterapia, cioè utilizzare la musica o il suono come sostegno per una comunicazione non verbale che sia di aiuto al paziente, che non è per forza il malato. Si mette da parte la componete verbale dell'atto comunicativo, che è comunque importante, e si predilige la musica o il disegno. Le stesse vibrazioni di alcuni suoni aiutano semplicemente a rilassare il paziente. Mentre per la musica basta ascoltarla per usufruire del rilassamento, per quanto riguarda il disegno è terapeutico farlo per avere un distacco dai vari problemi legati alla sfera della realtà. »
 
Cos'è l'arte per te, in questo difficile periodo di mancata comunicazione?
«E' l'espressione di quello che noi abbiamo dentro che molto spesso non riusciamo ad esprimere, è come se ci fosse un blocco. L'arte invece è un supporto, un sostegno che aiuta a trovare a ognuno il suo modo per esprimersi al meglio. Tra l'altro potrebbe aiutarci a risolvere e a superare quegli ostacoli e quelle barriere che si creano tra le persone stesse. E come se fosse una magia che può avverarsi attraverso un quadro, una canzone, una poesia. E questa magia ti cattura l'anima e può raggiungere tutti. E' difficile spiegare cosa in realtà sento davvero che accada. »
 
E che ruolo ha la sensibilità in tutto questo?
«Principale, da protagonista. E' il colore fondamentale. »
 
Spesso si dice, che nel momento in cui un artista si approccia alla sua opera d'arte, riesce ad estraniarsi da tutto ciò che sta intorno sia fisico che mentale, diventando puro sguardo. A te cosa accade?
«L'artista in generale deve essere osservatore, deve riuscire a captare qualsiasi aspetto della realtà, rielaborarlo e in fine esprimerlo nuovamente e questo sempre, anche con la rappresentazione di una natura morta, per fare un esempio.
E nel mio caso oltre a essere osservatore cerco di esprimere qualcosa di me, anche se in realtà, quando poi mi viene chiesto cosa avessi intenzione di dire, non riesco a rispondere o meglio non amo questa domanda perché si infrange il rispetto per quella magia di cui parlavo prima. In un'opera d'arte è necessaria l'emozione, tutto il resto è relativo o meglio soggettivo dato che ogni personalità ha il suo modo di percepire i messaggi, e questo è il bello.»
 
Ti ispiri all'espressionismo, con quale significato?
«E' il movimento artistico su cui maggiormente si basa tutto il mondo dell'illustrazione, sicuramente il periodo storico è differente da quello in cui il movimento si affermò, ma credo ugualmente che, di qualsiasi movimento si stia parlando, l'obbiettivo deve essere uno e uno soltanto, utilizzare l'arte per restituire quei valori che pian piano si vanno perdendo. Inoltre si deve fare di tutto affinché il quadro non sia una fotografia, si ci deve allontanare da semplici riproduzioni che possano essere confuse con creazione fatte al computer. »
 
Hai avuto l'opportunità di esporre i tuoi lavori a La saletta dell'arte, durante la Mostra “L'impronta sui colori”. Com'è stata questa esperienza?
«L'associazione Impronta, organizza queste mostre e ci da la possibilità, una gran bella possibilità nella nostra città, di far conoscere le nostre tele. Per caso un giorno, passando di lì chiesi delle informazioni, mi proposi e così partecipai a questa esperienza significativa, che mi ha dato tra l'altro la possibilità di capire che la nuova generazione è attratta dalle novità, è alla continua ricerca di qualcosa di alternativo, che dopo l'esperienza romana è bellissimo ritrovare anche a Taranto.»
 
Scegli, dopo l'esperienza romana di ritornare a Taranto, come vedi il tuo futuro?
«Taranto è la mia terra, e vorrei provare a rimanere nella mia città perché è mio interesse portare quello che ho imparato, che magari qui ancora non è ben affermato come per esempio l'animazione multimediale. Vorrei specializzarmi nella comunicazione visiva, perché l'immagine, specialmente nella nostra società, ha una valore che se caricato positivamente può significare più di tante altre parole che spesso si dicono senza riflettere. E poi ho ancora tanto da imparare prima di disegnare con la stessa spontaneità di un bambino, basti ricordare le parole del famoso pittore spagnolo Picasso: “quando ero piccolo sapevo dipingere come Raffaello, mi ci è voluta però una vita intera per imparare a dipingere come un bambino”, con la sua libertà creativa.»
 
Se tu fossi un quadro quale saresti?
«Un quadro... A dir la verità non ci ho mai pensato però ho sicuramente dei punti di riferimento. A livello artistico, Egon Shiele, allievo di Klimt che è stato uno dei maggiori artisti figurativi del primo '900. A livello illustrativo invece ce ne sono tanti, per citare qualche nome Peter De Seve che realizza illustrazioni tipicamente americane, di italiani invece uno dei miei preferiti è Lorenzo Mattotti.»


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