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Diario di bordo/L´Europa come la vorremmo

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

27
DIC
2013
Ernesto Voccoli racconta la sua esperienza con il progetto europeo “Youth Adrinet”, venti giorni in viaggio nei Paesi dell’Adriatico, in Italia e nei Balcani, per mettere in connessione esperienze di politiche giovanili e rigenerazione urbana
Mentre i “Capi” fanno le leggi per tentare di salvare la nostra economia, tra una campagna elettorale e l’altra, a gara per chi si accaparra più voti, per fortuna qualche giovane competente e dallo spiccato senso di “public relations” vive delle belle esperienze da raccontare. Il mio amico Ernesto Voccoli qualche settimana fa mi chiama per raccontarmi del suo viaggio in Adriatico. «Questo progetto»- mi dice Ernesto-  «vuole mettere in connessione esperienze di politiche giovanili tra i vari partner; io e un ragazzo di Bari, Francesco Sambati, siamo stati scelti per rappresentare la Puglia dato che, a nostra volta, stiamo facendo un corso con la Regione sulla rigenerazione urbana, che si chiama "Try"». Entusiasmata dall’obiettivo del progetto, voglio sapere tutto, dall’inizio alla fine del viaggio. «Preso il volo per Trieste, ad accoglierci all’uscita dall’aereoporto,  l’autista degli Ultras dell’Udinese, che nella piazza centrale di Gorizia ci mostra il suo Adribus, un autobus di 50 posti. Al rientro in albergo il nostro incontro con gli altri partecipanti è stato subito suggestivo: 21 giovani provenienti da ogni parte dell’Adriatico si confrontavano sulle loro aspettative ed esperienze. Il confronto si può riassumere in: mettere in connessione esperienze e territori diversi, creare relazioni e costruire legami, capire cosa succede nei territori partner per analizzare possibili esperienze replicabili e redigere una proposta da presentare al termine del percorso. Ad attenderci al forum giovani della provincia di Gorizia, davanti alle telecamere Rai e alla curiosità dei primi politici arrivati in città dai vari territori partner del progetto, abbiamo trovato uno dei più importanti percussionisti della zona, Luca Turolla, con tanto di batteria, tamburi e djambei, pronto a realizzare un laboratorio musicale assieme a tutti noi: in meno di un’ora ci trasformiamo in una vera e propria orchestra di strada. La lingua universale della musica, come sempre nella storia dell’uomo, diventa, per l’Europa del ventunesimo secolo, vettore importantissimo e strumento centrale da promuovere per l’incontro tra popoli e culture diverse. Prima di arrivare ad Izola, in Slovenia, ci attende un pomeriggio a Monfalcone, con visita presso uno dei più importanti centri nautici italiani, all’interno del quale è presente anche lo storico insediamento della Fincantieri. A Novi Sad (Serbia) abbiamo dormito in una villa confiscata ad un narcotrafficante (ancora latitante), oggi adibita a centro residenziale per giovani. Nei bagni c’erano Jacuzzi, filo diffusione, e fuori campo da calcio e basket. Sicuramente Sarajevo la meta più affascinante di tutto il percorso dell’Adribus. La città, come tutto il resto della Bosnia, sembra non avere ancora messo da parte i traumi della guerra: nonostante tutto, l’Europa rimane ancora un miraggio e un obiettivo per la Bosnia. Se da un lato questo rappresenta un’ opportunità del vecchio continente per rimediare agli errori del passato, dall’altro potrebbe portare a un’esclusiva accelerazione del processo predatorio di delocalizzazione di multinazionali e grandi gruppi esteri. L’Albania ci è sembrato il luogo dove è possibile il Social business. E poi ancora Croazia, Puglia, Provincia di Campobasso, Pesaro e Rimini. Raccontare 18 giorni, 2900 chilometri, 30 splendide persone, un autobus, è missione quasi impossibile! Jacopo e Omar sono di Rimini, hanno 19 e 20 anni, parlano poco inglese, ma si fanno ben capire in altro modo. Milana è di Novi Sad (Serbia), Sasa invece di Izola (Slovenia), e Hasna di Shkoder  (Albania). Ognuno parla la sua lingua in questo momento e chi non la sa, se la inventa. Eppure ci si capisce e se non ci si comprende, si lascia spazio al caso e devo ammettere che funziona! Solo pochi anni fa Milana e Sasa potevano dire di avere la stessa nazionalità. Poi qualcuno ha deciso che non era giusto così. Eppure parlano la stessa lingua, è vero, hanno religioni diverse, ma per loro questo non è un problema. Hasna è felice, eppure lei si è appena trasferita dalla Grecia dove ha abitato con la famiglia per 15 anni a Shokder, perchè il padre, originario di Shkoder, si era trasferito ad Atene a cercar fortuna. Dopo aver vissuto quindici anni in Grecia ha dovuto ricrearsi una vita in Albania. Un giorno le ho chiesto qual è la differenza più grande tra i due posti, lei mi ha risposto così: “Ad Atene le persone sono più aperte e le ragazze sono libere di fare quello che vogliono. A Shkodra invece, devi stare sempre attenta con chi esci, come ti vesti e come parli con i ragazzi. Però a Shkodra mi sento a casa”. I ragazzi di Rimini stanno per iniziare l’Università e il DAMS. È una delle loro prime esperienze di scambio culturale, non parlano molto inglese, ma si sono ambientati subito. Si pongono spesso quelle domande esistenziali tipiche dei ventenni e cercano risposte dalle persone più grandi; ignorano che anche gli adulti non possiedono quelle risposte, ma a differenza loro, hanno smesso di farsi domande. Entrambi hanno un talento nascosto: Omar parla arabo, Jacopo è un cantante formidabile, eppure non sono convinti di poterlo sfruttare, anzi spesso lo tengono nascosto. Questo è stato l’Adribus» -conclude Ernesto-  «un’incredibile fotografia di cosa sarebbe potuta essere l’Unione Europea se fosse stata indirizzata nel modo giusto, o la speranza di quello che sarà tra dieci anni. Ad immaginarlo, Milana e Sasa non avranno più problemi di differenze nazionali, Hasna potrà lavorare dove le piace, che sia in Grecia, Albania o anche in Italia, Jacopo e Omar, grazie al loro inglese fluente, saranno in giro per l’Europa tra concerti e scambi culturali e piece teatrali».
 


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