MENU

Quoquo/Viaggio attraverso il gusto

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

3
GEN
2014
A San Cesario, in provincia di Lecce, si trova un museo extra-ordinario. Questo luogo prende il nome da un folletto “che viaggia nel Salento per coglierne il sapore giusto”
 
Ci sono luoghi che danno l’acquolina in bocca non appena li vedi. Posti capaci di evocare un senso di calore e familiarità quasi atavico. E in genere si ritrova questa sensazione di accoglienza anche nelle persone che hanno dato vita a quei luoghi. Un po’ come per Quoquo, il Museo del Gusto (http://www.quoquo.it/ ) di San Cesario (Le), che ho scoperto per caso in una piovosa sera di dicembre e da cui sarebbe stato impossibile non farsi conquistare, colorato e vissuto com’è. 
Quoquo, si legge sul sito, è un luogo in cui ci occupiamo di beni culturali enogastronomici, è una galleria di beni culturali enogastronomici, è un luogo dove si custodisce, si esercita e si vive, cresce e matura, un’idea particolare di sapore. Ho chiesto a Titti Pece (general manager) di raccontarmi in che modo è nato il Museo del Gusto, scoprendo così che si tratta di un progetto che ha radici profonde. «Ho una piccola casa editrice: Moscara Associati. Ho uno studio di immagine e comunicazione di impresa (Moscara Associati Progetti d'autore Immagine Cultura Marketing). Sono una storica dell’arte e nel team di lavoro della Moscara Associati mi occupo in particolare di eventi, scrittura di comunicazione e copywriting.   Nel 2005 ho scritto il mio primo libro sul sapore che ho dedicato al Salento, raccontandolo attraverso miei  personali itinerari di gusto  e percorrendone i luoghi  con esperienze di scrittura e di narrazione  che esplorano  il gusto e il sapore andando  dall’occhio alla mente e dalla mente al palato. Il libro Quoquo. La gola come ipertesto […] prese il nome Quoquo per indicare  un folletto del gusto  che viaggia nel Salento per coglierne il sapore giusto. Un folletto viaggiatore dunque, il cui nome evoca nel suono e nella bocca (quando mastichi) l’antico suono della parola coquina per dire cucina e che è poi anche, nella lingua latina, il modo per dire in qualsiasi luogo. In qualsiasi luogo  c’è il sapore, dunque, qui si ferma il mio folletto del gusto con i suoi racconti ispirati agli incontri, alle esperienze, ai paesaggi  e alle culture dei luoghi».
Tuttavia, procede Titti Pece, «il primo libro non aveva esaurito tutti i miei racconti e i miei percorsi  qui nel Salento. Nel 2007 pubblicai il secondo volume, Quoquo. Come le api al miele. Quando, dopo aver scritto e pubblicato questi due libri, mi sono ritrovata con un immenso patrimonio di  esperienze e di ricerche accumulate  in miei personali archivi  (bibliografie e archivi della memoria) ho pensato di dare una casa al mio folletto del gusto, un luogo dove potesse sostare e continuare a fare quel che gli è sempre piaciuto fare: esplorare il sapore nel suo rapporto con i luoghi e con le persone, vivendolo contemporaneamente come  pratica filosofica, storica e artigianale.  Il progetto del Museo del Gusto è stato sposato da tutto il team della Moscara Associati.  Ed è oggi il fiore all’occhiello delle nostre produzioni culturali. Attraverso il Museo del Gusto si legge un ambizioso progetto di responsabilità sociale e culturale d'impresa. Per realizzarlo abbiamo regalato al nostro  Folletto del Gusto uno spazio bellissimo, di valore storico e architettonico e Quoquo abita qui, a San Cesario di Lecce, in questo vecchio magazzino di tabacchi costruito  a fasi alterne tra gli anni ‘20 e gli anni ‘40 del ‘900, da noi restaurato  e allestito per essere riempito ogni giorno  di contenuti e di idee, di sapori e di passioni, di esperienze e di convivialità, di arte e di bellezza, di tavole apparecchiate, di gusto, di saggezza».
Ricchissimo e goloso il menù di appuntamenti offerto dal Museo del Gusto, si va infatti dai cineforum incentrati su pellicole che evocano i piaceri del palato passando attraverso i corsi di cucina classica e l’Aristoputeca, evento che coniuga il gusto confortevole delle antiche botteghe (puteche) in cui ci si incontrava per bere un bicchiere di vino e stare insieme con cibi prodotti con cura, ma a un prezzo accessibile. In queste settimane Quoquo ospita Slow Food, un temporary store e un corso sui dolci delle feste (pasta di mandorle, purceddhruzzi, pitteddhre e mostaccioli).
Ma perché chiamare questo posto “museo”, chiedo in conclusione a Titti Pece?  Il nome, mi spiega, nasce da «un’idea di condivisione al servizio della comunità. È questo oggi il senso da dare  alla parola Museo, luogo di incontro e di ricerca dove si custodiscono, in ogni caso, beni materiali o immateriali visti e studiati come beni culturali enogastronomici. La parola Museo  equivale a un metodo e significa dunque un preciso tipo di approccio. Non a caso qui si pratica e si studia archeologia dei sapori e restauro gastronomico. È anche il luogo in cui si riflette sul discorso del cibo nelle culture del passato e nelle culture contemporanee».
Non resta quindi che lasciarsi trasportare dall’immersione sensoriale capace di regalare Quoquo. Buon viaggio , dunque, chè augurarvi “buon appetito” sarebbe troppo riduttivo. 
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor