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ROSA RESSA Questione di mistica

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

31
AGO
2012

 

 
Dipinge da tutta la vita e lo fa accostando immagini secondo un flusso interiore. Ma non chiamatela anarchia artistica: un ordine c’è, eccome
 
Quando da piccola ha letto “L’isola di Arturo” di Elsa Morante ha pensato di fare la scrittrice. Dar vita a storie, personaggi, tirar fuori quanto aveva da raccontare le sembrava un’impellente necessità.
Ma più della parola scritta, ciò che le ha permesso di esprimere al meglio il suo bagaglio creativo è stata l’arte pittorica. Nasce così la passione di Rosa Ressa per la pittura, una passione che ha continuato a coltivare nel corso degli anni e che le ha dato numerosissime soddisfazioni. Molto apprezzata, sia dalla critica che dai profani, si è dedicata con estremo rigore alla sua arte, realizzando decine di opere che nascono da qualsiasi cosa possa darle ispirazione: da un romanzo a un luogo, da uno spot televisivo a una sensazione o a profumo. Tutto contribuisce ad arricchire la sua arte, formata da minuscoli e significativi elementi che rendono le sue opere uniche e inequivocabili.
 
Rosa, la pittura per te è stata innata o frutto di un lungo percorso?
«Si può dire che è stata senz’altro innata, poiché dipingo da tutta la vita. Sin da ragazzina ho sempre trovato rifugio nell’arte pittorica, la quale prendeva le mosse da un’intima passione che trovava la sua valvola di sfogo sulla tela. Quando dipingo non penso a nulla, mi estraneo dal mondo circostante e mi dedico esclusivamente a ciò che sto realizzando. La tela diventa per me il contenitore di infiniti significati, dando forma a un luogo simbolico nel quale si incontrano il desiderio di vivere il sogno e la dimensione ironica e fantasiosa del reale».
 
Come nascono le tue opere? C’è qualcosa in particolare che ti ispira?
«Basta poco. In una società come quella attuale, attraversata da continui mutamenti, anche una pubblicità, una icona televisiva o il personaggio nato dalla penna di uno scrittore, può divenire un mito moderno in cui credere e pertanto degno di essere rappresentato. Spesso mi capita di leggere un libro e di trarre ispirazione dalla storia appena letta. O da qualcosa che ho sognato o visto e che ha catturato la mia attenzione. Attraverso la mia arte cerco di riscrivere con un linguaggio moderno la cultura popolare, dunque anche eventi o cerimonie religiose che avvengono nel mio paese diventano oggetto di ispirazione».
 
I tuoi quadri sono un tripudio di colori: se visti da lontano possono apparire come casuali giochi di sfumature, linee e forme disposte senza un ordine ben definito; ma se si osservano da vicino si notano diversi minuscoli elementi dotati di significati ben precisi.
«È vero. Spesso parto da un’idea e attorno a essa costruisco l’intera opera, costellandola di vari elementi che tendono a spiegare e a chiarire ciò che voglio rappresentare. Mi capita, talvolta, di realizzare per un’unica tematica più opere, tutte diverse fra loro, perché voglio esprimere talmente tanto che una sola tela spesso non è sufficiente. Basti pensare alle opere “Giranda” o “Leucaspide”, rappresentative dei due rispettivi luoghi del territorio stattese, le quali sono un chiaro esempio di ciò che ho appena detto. Una grandissima critica d’arte, Alma Belkor, recensendo le mie opere ha affermato che il mio segno dominante, la mia costante è “l’affastellamento, ma non di idee, bensì di immagini”. L’ha chiamata “endopsia” intesa come “la resa visiva dell’immaginario, ma di quello vigile, non onirico come per i surrealisti. Sarebbe la raffigurazione grafica e pittorica delle immagini mentali così come vengono, seguendo il flusso interiore”. Da eccezionale teorica dell’arte qual è, la Belkor ha evidenziato come le mie opere siano “piene di cose materiali, evanescenti, poetiche o sacre che non hanno un ordine prestabilito, esistono e basta. Tuttavia non si tratta di anarchia della composizione, quanto di mistica. Nulla è lasciato al caso”. Ebbene, ha reso perfettamente l’idea».
 
Credo si possa affermare che nelle tue opere il colore è l’elemento dominante e fondamentale.
«È proprio così, e può essere vivace o meno a seconda dello stato d’animo in cui mi trovo nel momento in cui dipingo. Le emozioni incidono molto su un’opera artistica, non potrebbe essere altrimenti poiché essa nasce da dentro, dall’anima».
 
A quale genere appartiene la tua tecnica pittorica?
«A un non-genere, o meglio: al mio. È una tecnica personale che non si rifà ad alcuna corrente artistica. Volendo darne una definizione, penso che la mia arte possa essere assoggettabile all’acquerello, o al collage. Tuttavia, non amo troppo le generalizzazioni o le etichette. Ritengo, al contrario, che sia fondamentale avere un proprio personalissimo stile e che esso debba essere riconoscibile e distinguibile anche senza firma».
 
Cosa rappresenta la pittura per te?
«La pittura assume le fattezze di un luogo esclusivo e intimo delle sperimentazioni artistiche e diviene lo spazio privilegiato per rappresentare i flussi di pensiero in cui si intrecciano elementi di cultura popolare con altri appartenenti al mondo artistico e massmediale».
 
Hai le idee molto chiare, non c’è che dire. Come hai detto dipingi da tutta la vita e hai realizzato numerosissime opere. Quali sono state le esperienze più rilevanti che hai avuto?
«Ogni evento a cui ho partecipato è stato estremamente importante, perché tutti mi hanno emozionato, mi hanno reso orgogliosa e dato grandi soddisfazioni personali. Se dovessi elencarne qualcuno, allora citerei senza dubbio la mia prima collettiva di pittura, avvenuta quando avevo solo sedici anni, poiché è stato l’inizio di tutto e mi ha fatto credere che forse la mia grande passione per quest’arte poteva trovare realizzazione. Uno degli eventi di maggior lustro è stato invece quello organizzato a Venezia nel 2000 dalla Marina Militare, nel quale sono arrivata finalista. È stato meraviglioso: le opere sono state esposte presso il Museo Storico Navale e gli ammiragli hanno reso omaggio agli artisti. Davvero un’esperienza unica. Così come quella dello scorso dicembre e che ha visto coinvolto l’Unicef, una grande associazione umanitaria che ha realizzato e messo in vendita un catalogo delle opere, il cui ricavato è stato poi devoluto in beneficenza».
 
So che hai illustrato anche alcune copertine di libri.
«Infatti. Si tratta soprattutto di libri di scrittori locali, come Gino Del Giudice e Mimmo Calabretti, due grandi personalità del panorama ionico. È stato un onore legare le mie opere alle loro. Inoltre ho avuto il piacere di illustrare anche alcune riviste e cartoline».
 
Qual è il prossimo obiettivo che intendi perseguire? Hai un sogno in particolare?
«Ebbene sì, ho un sogno. Ma, per scaramanzia, preferisco non svelarlo altrimenti non si avvera».


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