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Salento mille gusti /Da qui non si vede il mare

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

29
AGO
2014
Una mostra fotografica a Castrignano dei Greci, quattro sguardi per raccontare la Grecìa e per svelare angoli nascosti di bellezza e suggestione 
 
Non di sola movida vive il Salento. L’estate questo lembo di Puglia è meta ambita di turisti, italiani e stranieri, attratti dalle peculiarità del clima e dell’ambiente, che lo rendono accogliente come una seconda casa. Non sempre però i visitatori riescono ad assaporarlo in profondità, arrivando a coglierne l’essenza più intima, complice un marketing del territorio talvolta non idoneo, per varie ragioni e a vari livelli, di valorizzarne, in modo equilibrato, la complessità. 
Come “restituire” allora, colori e profumi contraddittori e cangianti, vero punto di forza e fiore all’occhiello del Salento? Ad esempio, raccogliendo le impressioni registrate da sguardi differenti, autoctoni e non, come si è proposta di fare la mostra fotografica collettiva  Da qui non si vede il mare – Il paesaggio della Grecìa Salentina, presso il Castello de’ Gualtieriis di Castrignano dei Greci. L’evento, nato nell’ambito del progetto In-Culture (precedentemente vincitore del bando Smart cities and communities and Social Innovation finanziato dal Miur), è stato curato da Elisa Monsellato e Giuseppe Arnesano, in collaborazione con 34° Fuso Aps.
Eterogeneità e suggestione sono le parole d’ordine che hanno caratterizzato i lavori esposti: ne è risultata una summa in cui convivono squarci frutto di uno sguardo sul reale distaccato, libero da filtri e sovrastrutture, e frammenti immaginifici, figli del sogno. Ovvero, le opere del fiorentino Paolo Colaiocco, «brani visivi nei quali l’aderenza naturalistica descrive in modo efficace e semplice la bellezza e il dramma oggettivo dei monumenti trascurati», e quelle del fotografo salentino Marco Rizzo (detto Skacco), che, «caratterizzate da un calibrato uso del bianco e nero, ricordano con intimità e discrezione le oniriche sfumature delle prime stampe fotografiche di metà Ottocento».  A esse si sono aggiunti i progetti fotografici di Enrico Floriddia e Silvia Cesari (autori nei mesi scorsi per In-Culture del portfolio Eravamo in Salento e non abbiamo visto il mare), attraverso i quali la macchina fotografica, presenza percepita ora come invasiva, ora inattesa o impacciata, dischiude, “denuncia”, paradossi  e aporie del territorio che a volte solo uno sguardo “estraneo” e “altro” è capace di cogliere.
Come spiegano gli organizzatori dell’evento,  «attraverso le immagini in mostra i quattro fotografi si confrontano con le suggestioni di un entroterra poco conosciuto o dimenticato, nel quale convivono testimonianze della cultura materiale, immateriale locale e fatti architettonici contemporanei. Tre progetti fotografici diversi per stili e obiettivi che attraverso immagini, ora illusorie ora reali, ricompongono frammenti di una corda tesa nella contemporaneità, tra passato e futuro».
I luoghi protagonisti di questo percorso di (ri)scoperta sono quelli studiati da In-Culture, disegnando una geografia inedita della Grecìa Salentina, e comprendono il Parco Archeologico di Apigliano (Martano), la Chiesa di San Francesco (Martignano), Pozzelle di Pirro, Pozzelle di Apigliano e Cisterne di Masseria Gloria (Zollino), la Cripta di San Sebastiano (Sternatia), la Chiesa della Madonna degli Angeli (Sternatia), il Castello De Gualtieriis (Castrignano Dei Greci), il Molino a cilindri Coratelli e Imparato (Corigliano d’Otranto), la Piazza San Giorgio (Melpignano), la Chiesa di San Biagio (Calimera), la Chiesa di Santo Stefano (Soleto) e Soleto archeologica.
L’esposizione è stata arricchita inoltre da una serie di appuntamenti collaterali, tra cui workshop e incontri tematici sulla fotografia, visite guidate ai principali centri della Grecìa Salentina, aperitivi e performance artistiche. Insomma, questa terra merita di più di una storiella da una notte (di movida) e via. Perché, parafrasando una celebre canzone, oltre le mille e una sagra, le spiagge caraibiche e il cibo paradisiaco, c’è (molto) di più.
 


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