L’amore bisogna guadagnarselo: è una verità ma anche una domanda a cui non si riesce a trovare risposta. Meglio pensare alla felicità allora, anche quella che passa attraverso le pagine di un libro
“L’amore che ti meriti” è un romanzo fortemente introspettivo. Una storia che ripercorre antichi misteri, segreti inconfessabili e silenzi in un delicato intreccio di dolore e forza dirompente. Elemento fondamentale e primigenio è la consapevolezza di poter sopravvivere al dolore, partendo dal netto rifiuto di perdersi nelle difficoltà, dalla speranza di un riscatto delle generazioni future e dalla capacità di guardare in faccia il senso di colpa, liberarsi dal suo abbraccio letale e perdonarsi. Intervistare l’autrice del romanzo, Daria Bignardi: un’emozione.
Il filo che lega le vite dei personaggi è rappresentato da una domanda: l’amore richiede un merito? Se è così, perché?
«Anche se ho scritto una storia che ruota attorno a questa domanda non ho trovato una risposta: mi sembra che sia diverso per ognuno dei personaggi in relazione alla loro storia e alle persone che amano. Posso solo dire che Alma, la protagonista, traumatizzata da un senso di colpa giovanile, forse non riesce a perdonarsi e ad amarsi e quindi ad amare».
“Avevamo diciassette anni. Non lo sapevamo allora che eravamo felici”. Cosa rappresenta la felicità per Daria Bignardi?
«La felicità è fatta di attimi e di emozioni di cui a volte si ha consapevolezza solo quando sono passati, ma i sentimenti d'amore e condivisione, per i nostri cari ma soprattutto per il nostro prossimo, credo siano quel che più si avvicina all’idea di felicità».
Una storia complessa, costellata di ricordi, segreti, rimorsi in cui passato e presente si intrecciano, facendo prevalere su tutto i sentimenti universali e sottolineando come il vincolo di sangue sia fondamentale e inciso nel proprio codice genetico. Qual è lo stato di salute dell’istituzione familiare oggi?
«A me non sembra che ci sia questo famoso impoverimento, almeno in Italia, un Paese dove i legami familiari hanno ancora una grande importanza. Piuttosto vedo negli adulti, o in quelli che dovrebbero esserlo, me compresa, un po' di immaturità e narcisismo, come fossimo diventati un popolo di persone dall'adolescenza interminabile».
Sullo sfondo, l’incanto e la magia di una città misteriosa e dolce, che con le sue mura, i palazzi e le piazze nebbiose, protegge e custodisce storie di personaggi smarriti nel proprio dolore. Ferrara, città a tratti malinconica, riservata e dolce racchiude un segreto destinato a portare nuove consapevolezze. Da cosa ha tratto ispirazione per descrivere tutte le meravigliose sfaccettature della sua città?
«Io a Ferrara sono nata e cresciuta. L'ho lasciata a vent'anni, come Alma, e l'ho ritrovata di recente, dopo il terremoto che l'ha colpita due anni e mezzo fa: ferita, bellissima, struggente. A quel punto ho sentito cosa ho rischiato di perdere e ho capito che quel luogo tanto suggestivo e misterioso era ideale per la storia familiare che avevo appena iniziato a scrivere».
In questo libro, il dolore e la forza dirompente intrecciano il loro cammino. Sarà Antonia, unica figlia di Alma, a condurre una ricerca avventurosa, destinata a svelare intrecci sepolti dal tempo e dai silenzi, riportando alla luce una verità forte e toccante ma capace di restituire libertà a chi è oppresso dal peso del silenzio e dei sensi di colpa. Quale messaggio intende lanciare con questo suo nuovo libro?
«Non credo di voler lanciare grandi messaggi ma solo raccontare storie e suscitare domande come quelle che si fanno Alma e Antonia: come si supera il dolore? Conoscere noi stessi, capire cosa vogliamo e condividere quel che ci fa soffrire con gli altri può farci diventare più forti?».