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Parole che contano

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

24
OTT
2014
L come lentezza. Essa non equivale all’incapacità di adottare un ritmo più rapido, ma si lega alla volontà di non affrettare i tempi per accrescere la nostra capacità di accogliere il mondo in forma ludica: “Il tempo è un fanciullo che gioca”, scriveva Eraclito: tornare a giocare con il tempo è un modo per ritrovarci. 
 
 
SUL BUON USO DELLA LENTEZZA
Pierre Sansot
 
Pierre Sansot, francese, già professore universitario di antropologia e filosofia, è l’autore di un trattato (Sul buon uso della lentezza - Il ritmo giusto della vita, riedito quest’anno da “Il Saggiatore”) che ci riconcilia con la vita e con noi stessi, guidandoci con grazia in quel flusso, il tempo, a cui noi umani abbiamo impresso un ritmo sempre più veloce e frenetico. L’autore ha scelto di stare dalla parte dei lenti, di coloro che un tempo “venivano giudicati impacciati, maldestri, anche se eseguivano gesti difficili”; egli ama il lento corso del Lot, piccolo fiume francese, le giornate in campagna e il gesto di quegli uomini che, portando il bicchiere di vino all’altezza del viso “lo osservavano, gli facevano prendere luce prima di berlo con cautela”. Per Sansot  lentezza è sinonimo di tenerezza, rispetto e grazia, è una scelta di vita. “E’ meglio non affrettare i tempi – scrive nella premessa – ed evitare che siano loro a fare fretta a noi; un compito salutare, necessario in una società in cui ci spingono da tutte le parti e in cui spesso ci sottomettiamo volentieri aa tale tortura.” Il saggio descrive alcuni atteggiamenti che incoraggiano la lentezza e favoriscono la serenità dell’anima: “Andare a spasso”: prendere tempo, lasciarsi guidare dai propri passi; “Ascoltare”: mettersi a disposizione di quanti gli altri dicono; “La noia”: non l’amore del nulla, ma riuscire ad accettare e apprezzare ciò che si ripete fino a diventare insignificante; “Aspettare”: perché il nostro orizzonte diventi sempre più ampio e libero da ogni ostacolo; “La provincia”: la parte appassita del nostro essere, la rappresentazione dell’anacronismo; “Scrivere”: perché a poco a poco si realizzi in noi la nostra verità; “Il vino”: scuola di saggezza; “Moderato cantabile”: la misura più che la moderazione. Il testo si conclude con quelle che l’autore chiama “utopie ragionate”: l’urbanistica ritardataria, che senza ostacolare la circolazione permetta l’abitabilità di quei luoghi con i quali ci si sente in sintonia; “sfiorarsi e non affrettarsi” per cogliere l’essenza di ci che abbiamo intorno; “Il riposo dei semplici” che dedica spazio alla memoria; “Il sorgere del sole”, una  nascita simile a quella di un’opera d’arte.  
 
ELOGIO DELLA LENTEZZA
Lamberto Maffei
 
Viviamo in un mondo veloce, dove il tempo sembra via via contrarsi: continuamente connessi, chiamati a rispondere in tempi brevi a e-mail, tweet e sms, iper-sollecitati dalle immagini, in una frenesia visiva e cognitiva dai tratti patologici. Dimentichiamo così che il cervello è una macchina lenta e, nel tentativo di imitare le macchine veloci, andiamo incontro a frustrazioni e affanni. In questo saggio Lamberto Maffei, direttore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR e del Laboratorio di Neurobiologia alla Scuola Normale Superiore di Pisa, presidente dell’Accademia nazionale dei Lincei, riflette sui meccanismi cerebrali che guidano le reazioni rapide dell’organismo umano, sia quelle di origine genetica, sia quelle più lente selezionate dall’evoluzione e dall’uomo stesso con l’evoluzione culturale. L’autore  analizza vantaggi e svantaggi di una civiltà dominata dalla rapidità dei rapporti e delle decisioni e dove il fare sembra prevalere sul pensare. Maffei sostiene, al contrario, che è il pensare a precedere il fare. Se il cervello è una macchina analogica, fondata sul linguaggio e sulla scrittura,  obsoleta per l’era digitale, tuttavia “è ancora utile se si ha l’avvedutezza di farla funzionare, riconsiderando le potenzialità del pensiero lento che si nutrono della riflessione, della logica della matematica, del desiderio di conoscere la natura, la medicina, della contemplazione e della poesia. Il primo capitolo, dal titolo “Tartarughe a vela”,  si conclude con queste riflessione: “Vedo un falchetto roteare lentamente ed elegantemente nel cielo, sembra esplorare il suolo col suo occhio acutissimo, e vaga vaga con infinita pazienza, poi improvvisamente si precipita verso terra a grande velocità…risale lentamente con una preda. Ha pensato, ripensato, analizzato e poi con rapidità ha dato seguito alla decisione presa con sapienza  efficiente, come se festina lente fosse la sua strategia di pensiero! La biologia è una grande maestra per l’attento osservatore.”
SLOW- Rallentare per vivere meglio
S. Menétrey- S. Szerman
 
Il libro di S. Menétrey- S. Szerman (giornalista di costume la prima, filosofo, psicoterapeuta e coach il secondo) analizza la “galassia slow” certificando gli albori di un nuovo paradigma postindustriale, un nuovo modello di vita, contrapposto a quello della “galassia fast” che ha dominato per duecento anni. Slow non significa pigrizia ma riflessione e, quand’anche si riferisse all’ozio, non intenderebbe ozio dissipativo ma ozio creativo, tema a cui Domenico De Masi, dedicò alcuni anni fa un saggio e che in questo volume torna con un capitolo dal titolo, appunto “Fast e slow”. De Masi scrive: “…slow è educazione del gusto per arricchire di significati il cibo, la città, il management, il sesso, il turismo, il design, l’architettura, i libri, i media, la scienza, l’estetica, la musica, la moda. Insomma, la vita. Slow significa sorseggiare la vita con competenza invece di tracannarla. Slow è arte e professione, emozione e regola, fantasia e concretezza.”
Il libro invita a scoprire tutti i movimenti slow che propongono di impiegare il tempo in modo autentico e di considerare che il piacere non consiste nell’accumulo disordinato ma  in un approccio gioioso e sostenibile alla vita. L’accelerazione, a lungo considerata sinonimo di progresso e di benessere, diviene tossica. Il libro è una rassegna delle tendenze slow in tutti i settori (architettura, turismo, sesso, educazione, editoria…) affinchè i lettori possano avere un quadro complessivo di tali correnti. Inaugurato da Slow food, in risposta alla cultura del fast food, il termine slow mostra la volontà di resistere alla cultura del “fatto male e in fretta” e del “tutto e subito”. Tuttavia i movimenti slow non militano per la lentezza in sé, ma per una forma di esistenza che “smetta di preoccuparsi unicamente a breve termine…Vivere e pensare Slow significa adeguare il proprio stile di vita ai ritmi naturali, essere sensibili alle stagioni, riacquisire la consapevolezza delle distanze, sviluppare una conoscenza dei prodotti e dell’ambiente nel quale viviamo.”
 
 


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