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Parole che contano

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

7
NOV
2014
G come Guerra.  Parola terribile, inaccettabile. Rimanda alla morte, al dolore, alla sopraffazione dell’uomo sull’uomo, alla sete di potere e denaro, all’assurdità. Il 4 novembre tutte le scuole di Martina Franca hanno partecipato con una folta rappresentanza studentesca alla cerimonia della Commemorazione dei Caduti di tutte le guerre e alla Giornata delle Forze armate. Intanto da alcuni mesi in Italia, come in Europa, sono partite numerose iniziative legate al centenario dello scoppio della Prima Guerra Mondiale e le librerie grondano di testi legati a questo tragico evento.  Extra ha scelto di proporre per la sua rubrica alcuni passaggi tratti da tre grandi classici della letteratura: VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE, in cui il delirio e lo straordinario talento narrativo di Céline,  ha colto gli orrori della guerra e della retorica patriottica di quelli che stavano a dirigere il macello nelle retrovie; ADDIO ALLE ARMI, in cui le vicende narrate sono ispirate all’esperienza di Ernest Hemingway durante il suo servizio nel reparto sanitario dell’esercito italiano durante la prima guerra mondiale; UN ANNO SULL’ALTIPIANO: il memoriale di Emilio Lussu sull’irrazionalità, l’ipocrisia e le contraddizioni della guerra. Tre grandi voci letterarie da distinguere e tornare ad ascoltare nel frastuono mediatico dei nostri giorni. 
 
VIAGGIO AL TERMINE DELLA NOTTE
LOUIS FERDINAND CELINE
 
“La guerra insomma era tutto ciò che non si capiva…non mi ero mai sentito così inutile in mezzo a tutti quegli spari…un’immensa universale assurdità…gli uomini che non vogliono sbudellare né assassinare, gli sporchi Pacifisti siano incatenati e squartati!...in modo che la Patria sia più amata, più contenta e più dolce![…]”Tu creperai caro militare… Creperai…E’ la guerra…A ciascuno la sua vita…A ciascuno il suo ruolo…A ciascuno la sua morte…Noi facciamo finta di condividere il tuo sconforto… Ma non si condivide la morte di nessuno… Tutto dev’essere per anime e corpi ben portanti, un modo per distrarsi, niente di più e niente di meno…Voi sarete presto dimenticati, soldatini…Siate gentili, crepate in fretta… E che la guerra finisca e noi ci si possa maritare con uno dei vostri simpatici ufficiali… meglio se è bruno!... Viva la Patria di cui sempre parla papà!... Come dev’essere bello l’amore quando lui torna dalla guerra!... Sarà decorato il nostro maritino!... Sarà distinto… Gli potrai lucidare gli stivali il bel giorno del nostro matrimonio se sarai ancora vivo quel momento lì, soldatino… Non saresti allora felice della nostra felicità, soldatino?...”
 
 
ADDIO ALLE ARMI
ERNEST HEMINGWAY
 
“Le guerre sono combattute dalla più bella gente che c’è, o diciamo pure soltanto dalla gente, per quanto,quanto più ci si avvicina a dove si combatte e tanto più bella è la gente che si incontra; ma sono fatte, provocate e iniziate da precise rivalità economiche e da maiali che sorgono a profittarne. Sono persuaso che tutta la gente che sorge a profittare della guerra e aiuta a provocarla dovrebbe essere fucilata il giorno stesso che incominciano a farlo da rappresentanti accreditati dei leali cittadini che la combatteranno.
Avevo bevuto una quantità di vino e poi caffè e Strega e spiegavo, pieno di vino, come noi non facciamo mai le cose che desideriamo; non le facciamo mai.
"Non lo so" dissi "Non c’è sempre una spiegazione per quello che si fa".
"Oh, non c’è? Sono stata abituata a pensare che ci sia".
"Pensavo che forse non lo avrebbero sopportato e poi naturalmente l’hanno ucciso e così è finito tutto".
"Chi lo sa".
"Oh, si" disse. "Così è finito tutto".
Salutai e me ne andai. Era impossibile salutare gli stranieri come gli italiani senza sentirsi imbarazzati.
Il saluto italiano non si è mai potuto esportare.”
 
UN ANNO SULL’ALTIPIANO
EMILIO LUSSU
 
“ -Ama lei la guerra?”Io rimasi esitante. Dovevo o no rispondere alla domanda? Attorno v’erano ufficiali e soldati che sentivano. Mi decisi a rispondere.
-Io ero per la guerra, signor generale, e alla mia Università rappresentavo il gruppo degli interventisti.
-Questo, - disse  il generale con tono terribilmente calmo, - riguarda il passato. Io le chiedo del presente.
-La guerra è una cosa seria, troppo seria ed è difficile dire se… è difficile … Comunque io faccio il mio dovere -. E oichè mi fissava insoddisfatto, io soggiunsi: -Tutto il mio dovere.
-Io non le ho chiesto, - mi disse il generale,- se lei fa o non fa il suo dovere. Il guerra il dovere lo debbono fare tutti, perché, non facendolo, si corre il rischio di essere fucilati. Lei mi capisce. Io le ho chiesto se lei ama o non ama la guerra.
-Amare la guerra! – Esclamai io, un po’ scoraggiato.
Il generale mi guardava fisso, inesorabile. Le pupille gli si erano fatte più grandi. Io ebbi l’impressione che gli girassero nell’orbita.
–Non può rispondere? – incalzava il generale.
–Ebbene, io ritengo… certo… mi pare di poter dire… di dover ritenere…
Io cercavo una risposta possibile.
– Che cosa ritiene lei, insomma?
-Ritengo, personalmente, voglio dire io, per conto mio, in linea generale,non potrei affermare di prediligere, in modo particolare, la guerra.
-Si metta sull’attenti!
Io ero già sull’attenti.
-Ah, lei è per la pace?
Ora, nella voce del generale, v’erano sorpresa e sdegno. – Per la pace! Come una donnetta qualsiasi, consacrata alla casa, alla cucina, all’alcova, ai fiori, ai suoi fiori, ai suoi fiorellini! E’ così signor tenente?
-No, signor generale.
-E quale pace desidera mai, lei?
-Una pace…
E l’ispirazione mi venne in aiuto.
- Una pace vittoriosa
Il generale parve rassicurarsi. Mi rivolse ancora qualche domanda di servizio e mi pregò di accompagnarlo in linea.” 
 


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