MENU

Ilaria Caprioglio/La fame dell´anima

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

14
NOV
2014
Un corpo da rendere perfetto, secondo i canoni delle riviste patinate. Il narcisismo si unisce al bisogno d’amore e si trasforma in disturbo alimentare. Intervista all’autrice di “Senza limiti. Generazioni in fuga dal tempo”
 
“…il desiderio di sconfiggere le leggi dell’età, di confondere i confini, di godere di una reversibilità diuturna, di sognare un’eternità immune dalle rughe, dalla vecchiaia, dalla morte, apparve nei desideri degli uomini e delle donne già decine di secoli fa. Del resto, i miti altro non sono, come ben sappiamo, che la proiezione delle nostre voglie eccentriche, oggi non più riservate, segrete intime”.
Si apre così il  libro di Ilaria Caprioglio “Senza limiti. Generazioni in fuga dal tempo”; tracciando una puntuale e approfondita analisi  di quel  narcisismo dilagante ed esasperato che nasconde  fragilità psicologica,  comportamentale e incapacità di vivere con naturalezza le varie fasi della vita.
Nella società contemporanea, fondata sulla logica dell’apparire e sull’ossessivo culto del corpo,  assistiamo da un versante a una eterna adolescenza psicologica ed estetica, dall’altro a fenomeni di "adultizzazione precoce"  che deturpano  la naturalezza della propria vita. 
Ecco che diventa allora “obbligatorio” sottoporre il nostro corpo a ogni sorta di “tortura” fisica pur di renderlo bello, armonioso, attraente, snello, proporzionato, invidiabile…ma sarà davvero questo l’elisir di felicità?
Il narcisismo non  è il solo tema trattato da Ilaria, il libro infatti entra anche nel complesso e delicato mondo dei DCA, disturbi del comportamento alimentare. Anoressia, bulimia e dismorfofobia sono altri segni distintivi di una guerra combattuta sul proprio corpo e contro il proprio aspetto fisico. Ilaria è  testimone diretta di  questa terribile esperienza autodistruttiva.
Con l’aiuto di interviste a illustri esperti, l’autrice suggerisce interessanti spunti di riflessione. Come liberarsi da ogni sorta di omologazione generazionale? Come puntare sull’essenza e non sulla mera apparenza? Come ritrovare le identità smarrite? Come puntare alla realizzazione di sé  come essere unico e speciale,  prendendo le distanze dalle insidiose e false formule della felicità che caratterizzano il nostro tempo?
Diventa esigenza improcrastinabile ricomporre la scissione anima-corpo e restituire all'essere umano la capacità di attraversare l'esistenza accettando che il tempo deteriori il superfluo e arricchisca l'essenziale. Il corpo deve invecchiare seguendo le leggi della natura e l’anima deve evolvere e arricchirsi di conseguenza.
Ci racconti la sua esperienza.
 
«La mia esperienza nel mondo della moda amo definirla con luci e ombre: le luci sono state i viaggi, le permanenze all'estero che mi hanno profondamente arricchito, la prima indipendenza economica. Le ombre sono scaturite dal senso di solitudine che ho provato vivendo lontano dalla mia famiglia e dall'incontro con i disturbi del comportamento alimentare. Ammalarsi di anoressia svolgendo un mestiere che si giova della magrezza eccessiva non sorprende, anche se è corretto sottolineare come non tutte le modelle siano anoressiche. Tuttavia è sufficiente un commento sul proprio corpo insinuato con noncuranza da uno stilista per gettare, su un terreno fertile, il seme dal quale germoglierà la malattia come è accaduto nel mio caso. Iniziai, quindi, ad alleggerire i pasti fino ad arrivare a nutrirmi esclusivamente di mele e yogurt. Più l'ago della bilancia scendeva, più l'autostima e il delirio di onnipotenza, nel constatare che riuscivo a modificare il fisico con la ferrea volontà, aumentavano. Raggiunti i quarantasei chili distribuiti su cento ottantuno centimetri di altezza, la mia granitica forza di volontà si sbriciolò lasciandomi in compagnia del freddo fisico e psichico, di un vuoto interiore da colmare con il cibo. Il desiderio costante di nutrirmi, in precedenza rimosso, divenne la mia ombra. Mangiavo senza piacere, con voracità e rabbia, in totale solitudine sforzandomi di terminare tutto quello che c'era finché il senso di nausea mi assaliva: mi addormentavo con un sentimento di inadeguatezza e il proposito che quella sarebbe stata l'ultima volta. Da domani digiuno mi ripetevo ma, invece, raggiunsi i settanta chili e la convinzione del mio totale fallimento: a quel punto la depressione mi incontrò e in sua compagnia consumai qualche anno della mia esistenza. La paura di confidarmi, mettendo a nudo le mie fragilità innalzò un muro fra me e il mondo. Da quel totale isolamento, dall'apatia di giornate trascorse a interrogarmi sul senso della mia vita e a rovistare fra gli avanzi di cibo, mi strapparono poche frasi pronunciate, con smisurata dolcezza e accorata partecipazione, da chi quella strada l'aveva già percorsa tutta. La scintilla, che mi avrebbe rimesso al mondo, scoccò grazie a chi quel disagio l'aveva vissuto e con lo sguardo mi spiegò che non mi giudicava, bensì mi comprendeva e mi ascoltava provando a sostenermi nella rinascita. Il percorso di guarigione è stato lento, costellato di ricadute ma, consapevole della mia vulnerabilità, avevo ormai affinato le tecniche per fronteggiarla. Uno degli strumenti dei quali mi sono servita è stata la scrittura autobiografica che mi ha permesso di far chiarezza in me stessa. Annotando le mie esperienze di sofferenza, ho potuto riordinare le sensazioni che mi opprimevano attraverso la narrazione di cosa stavo vivendo. Non temevo, inoltre, lo sguardo dell'interlocutore e così potevo lasciarmi andare al fiume di parole che, rompendo gli argini dell'incomunicabilità, si riversava su un foglio e mi liberava da un peso. Avevo tracciato un punto fermo su ciò che era stato, smettendo finalmente di ripetermi sempre domani, domani mi impegnerò a riemergere. Potevo rileggere quanto avevo scritto e, specchiandomi in quella sofferenza, trovare la forza per urlare: mai più». 
 
Nella società contemporanea, fondata sulla logica dell’apparire, il narcisismo è un tratto distintivo del nostro tempo; si vive in una sorta di eterna adolescenza psicologica ed estetica,  rincorrendo in modo sfrenato il mito della bellezza esteriore, cercando in ogni modo di annullare i segni del naturale scorrere del tempo, rincorrendo la perfezione fisica, generando un rapporto conflittuale con il cibo  e mettendo in atto un vero abuso esasperato della chirurgia estetica. Questo è un chiaro esempio della fragilità psicologica e comportamentale che contrassegna uomini e donne del nostro tempo, per lei qual è la reale causa e come liberarsi da ogni sorta di omologazione? 
«Nella nostra società l'estetica ha ormai sostituito ogni valore etico, tratti distintivi del nostro tempo sono diventati, accanto al narcisismo, il consumismo che ci porta a consumare non solo gli oggetti ma anche le relazioni umane, la competizione sfrenata che esclude le persone più sensibili e un individualismo che rende tutti incapaci di rispettare l'altro. E' necessario rallentare questa corsa a soddisfare illimitatamente i desideri, comprendendo l'importanza di non porre limitazioni alla  conoscenza di se stessi fondamentale, poi, aprirsi verso il prossimo. Si è ostinati, invece, nel negare a qualsiasi età i sentimenti, perseverando nello svuotamento del proprio mondo interiore a favore di quello esteriore. Si vive con la sensazione di un angosciante vuoto che si cerca di placare attirando su se stessi lo sguardo degli altri e dilatando la sfera di ciò che si possiede, compresi amici, amanti, notorietà, rincorsa all'esasperata giovinezza esclusivamente per il prestigio sociale che arrecano. Tutto questo all'insegna di una bulimia di forti emozioni ed esperienze che non compenserà mai il grande appetito di interiorità e di senso di appartenenza.  Diventa un'esigenza improcrastinabile ricomporre la scissione anima-corpo che si è creata quando, dopo secoli nei quali l'attenzione era concentrata solo sulla prima, il secondo si è preso una rivincita rubando la scena e diventando protagonista indiscusso della rappresentazione. Ricomponendola potremmo restituire all'essere umano la capacità di attraversare l'esistenza accettando che il tempo deteriori il suo corpo e arricchisca la sua anima. Non si tratta di voltarsi con nostalgia al passato, bensì di riprogrammarci a vivere le stagioni della vita con quello che la scienza, la medicina, la tecnologia offrono, senza dimenticare di nutrire e accudire, lungo il cammino, anche la nostra interiorità troppo a lungo trascurata».
 
Lei è Vice Presidente dell’associazione “Mi nutro di vita” e da sempre impegnata nella lotta ai disturbi del comportamento alimentare e dell'alimentazione scorretta indotti dallo specchio deformante della nostra società, porta nelle scuole italiane un progetto di sensibilizzazione sugli effetti delle insidie mediatiche e del web. Qual è la risposta dei giovani rispetto a queste tematiche? 
«I ragazzi che ho incontrato in questi anni nelle scuole sono giovani “affamati” di adulti competenti, che non si comportino da adolescenti ma siano coerenti nelle loro condotte con quanto affermano: adulti, quindi, che possano rappresentare validi modelli alternativi a quello veicolato dai media come presunto vincente. Gli adolescenti hanno bisogno di sentirsi dire di credere nei propri sogni, di coltivare il desiderio e di non avere paura di essere voci fuori dal coro. Apprezzano, inoltre, ascoltare chi non si presenta come una guida infallibile, dall'alto di una presunta esperienza acquisita con gli anni, ma ammette i propri errori e le proprie debolezze e racconta loro il sacrificio e l'impegno profusi per risollevarsi dalle sconfitte. In merito alle insidie del web quasi sempre non le percepiscono poiché ritengono il mondo reale sganciato da quello virtuale ma, anche in questo caso, sono disposti ad ascoltare e, a giudicare dalle domande che rivolgono, comprendono la portata del problema. Sono, inoltre, grati all'adulto che non demonizza, rifiutandolo a priori, il loro modo digitale di relazionarsi ai pari ma indica loro altre vie da percorrere per abbandonare quella visione binaria di bianco o nero e assaporare tutte le sfumature dei grigi che, sovente, a quell'età vengono trascurate». 
 
Riuscire a essere amati per quello che si è e amare gli altri per quello che realmente sono, con i propri pregi e limiti, non sarà questa la formula “magica” per distruggere questi disturbi? Alla base dell’anoressia e della bulimia non ci sarà una forte mancanza d’amore. O meglio, un forte bisogno di amore?
«Ritengo che alla base dei disturbi del comportamento alimentare vi sia una forte mancanza d'amore, innanzitutto, verso se stessi: nell'anoressia per esempio si ricerca, sovente, la perfezione e non si accettano i propri limiti e le proprie debolezze. Questi disagi rappresentano, sicuramente, anche una richiesta di aiuto, un grido di dolore scagliato contro un muro di indifferenza o di incomunicabilità: spesso, infatti, si ama una persona ma non si riesce a farla sentire amata. La formula “magica” potrebbe consistere nell'imparare a tradurre i sentimenti di amore che si provano nei confronti degli altri in comportamenti che riescano a trasmettere tale amore».
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor