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Retrospettiva / Le mani in pasta

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

26
DIC
2014

Tra passato e futuro Lecce celebra la sua cartapesta. In corso fino all’Epifania la mostra delle opere del maestro Angelo Capoccia

L’anima di un luogo è in ciò che la sua gente produce, più che nelle parole con cui sceglie di descriversi. Il Salento, ad esempio, può affidare il racconto di sé alla cartapesta leccese, una delle sue creazioni più affascinanti e originali, che, da sola, vale più di mille discorsi intrisi di retorica e luoghi comuni. Così, il capoluogo salentino rende omaggio a uno dei suoi più importanti maestri cartapestai, Angelo Capoccia, con la mostra Retrospettiva, in corso presso il Castello di Carlo V fino al 6 gennaio prossimo. L’allestimento è stato curato da Andrea Novembre e Stefania Stamerra.

Cartapesta, marmo, terracotta. La creatività di Angelo Capoccia si è misurata e ha preso corpo attraverso i più diversi materiali, rivelando un talento fuori dal comune, come dimostrano le circa 40 opere esposte. Contadini, pastori, suonatori di zampogna, Re Magi. La curiosità e l’energia dell’artista sono state calamitate da figure apparentemente umili, ma che erano la spina dorsale  della vita della comunità, come pure dai soggetti legati alla tradizione religiosa. 

Il “matrimonio” di Angelo Capoccia con il suo lavoro è stato lungo, appassionato e indissolubile; infatti lo ha interrotto solo la sua morte, avvenuta nel 2000. Fino alla fine però, la bottega di via Filippo Turati 18 è stata un vero e proprio punto di riferimento per la conservazione e diffusione della cartapesta leccese. L’opera dell’artista è fiorita a partire dagli anni Trenta e Quaranta, quando Angelo Capoccia ha intrecciato una serie di collaborazioni, tra cui quella con Michele Massari. Non a caso, quindi, molti addetti ai lavori lo ritengono l’erede naturale dell’intensa stagione “vissuta” dalla scultura salentina a partire dal 19esimo secolo. Un filone, questo, incentrato sulla realizzazione di statue espressione della religiosità del singolo o della collettività, a seguito delle specifiche richieste di committenti non solo locali.

Angelo Capoccia ha introdotto tecniche di lavorazione della cartapesta peculiari e originali, riprese in seguito da molti altri. Lo stile che prediligeva era quello dell’incompiuto, e l’effetto veniva reso attraverso la focheggiatura, e cioè la “forgiatura” attraverso ferri roventi, utilizzata, si dice, per la prima volta, da un barbiere nell’Ottocento. Così le statue si “addolcivano” e diventavano carne, quasi, grazie ai colori caldi dall’indiscutibile sapore antico.  

Erede di maestri come Maccagnani, Guacci, De Lucrezi, il talento di Angelo Capoccia ha permesso alla cartapesta leccese di varcare i confini nazionali e conquistare anche il resto del mondo. «La sua bottega è stata un tempio della cartapesta leccese. Capoccia è un artista di una leccesità che esce dalle secche di un freddo campanilismo per attraversare luoghi e continenti. Con l’idea-forza che la cartapesta leccese è – e resta – un capitolo di storia che non muore. La Lecce di ieri, di oggi e di domani». Queste le parole scelte da don Franco Lupo per ricordarlo, attraverso la sua testimonianza contenuta nel catalogo della mostra.

Retrospettiva è stata fortemente voluta da Angelo Capoccia junior, nipote dell’artista, ed ha un valore aggiunto e specifico ancora più forte, considerando che la tradizione legata cartapesta rischia di sparire del tutto. Ai giovani si rimprovera spesso di rifiutare a priori ciò che è legato al passato e all’esperienza di genitori e nonni, perché “puzza” di vecchio, perciò l’esposizione sarebbe stata probabilmente un regalo graditissimo per l’artista. La migliore eredità che ci si può augurare di tramandare a chi resta dopo di noi.



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