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Racconto "bollente"/ I russi, le orecchiette e la Valle d´Itria

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

23
GEN
2015
Difficile comunicare con i nuovi turisti, quelli provenienti dall’est. E se è complicato spiegare dove ci si trova, figuriamoci come avvisare della terrina che scotta
 
 
Dov’è la Valle D’Itria? La Valle d'Itria è una porzione di territorio della Puglia centrale, a cavallo tra le province di Bari, Brindisi e Taranto e il suo territorio si estende tra gli abitati di Locorotondo, Cisternino e Martina Franca. Ma non tutti lo sanno.
In una splendida domenica di sole, abbiamo deciso di andare a pranzo a Martina Franca, in una trattoria dove eravamo già stati, e che meritava che ci tornassimo. 
Quando siamo arrivati i tavoli erano già quasi tutti occupati, e quelli vuoti, prenotati. Ma essendo solo in due, io e mia moglie, i camerieri fecero di tutto per accontentarci: sistemarono un tavolo a ridosso del terrazzo, da cui si godeva una splendida vista. Noi, ringraziammo e ci sedemmo. 
Il nostro tavolo, apparecchiato da un solerte e simpatico cameriere, è stato subito invaso da piatti contenenti mille tipi di antipasti. Tra i quali spiccavano delle ciotole fumanti, che probabilmente raggiungevano la temperatura di 1000 gradi Fahrenheit; e contenenti involtini di melanzane, di carne e mozzarella fusa. Il cameriere ci raccomandò di non toccarle con le dita, perché, precisò, erano appena state tolte dal forno a legna, dove venivano collocate per far fondere le mozzarelle e il contenuto degli involtini di melanzane. Dopo gli antipasti sono arrivate le immancabili orecchiette al sugo, con la sua bella polpetta sistemata al centro del piatto, come una ciliegia sulla torta. Abbiamo atteso un po’ prima di ordinare i secondi, così mia moglie, approfittando della sospensione uscì sulla terrazza per fumare una sigaretta; quando, poco dopo, l’ho raggiunta, la trovai in compagnia di altre persone. Una coppia, probabilmente di nazionalità Russa o comunque dell’est Europeo, perché non riuscii a comprende una sola parola di quello che si dicevano mentre si scambiavano il binocolo per guardare a turno il territorio circostante. Dopo qualche minuto la coppia venne raggiunta da un cameriere, che in perfetta tenuta: camicia bianca, pantaloni e gilet neri, gli informava, più a gesti che a parole, che il loro tavolo era pronto e che potevano accomodarsi.
L’uomo, un robusto signore sulla cinquantina, con un abito grigio, una cravatta impossibile e una grossa cintura ai pantaloni (che comunque non riusciva a trattenere la prominenza del ventre), approfittò della presenza del cameriere per chiedergli: «Dove Valle D’Itria?». Il cameriere, non sapendo come spiegarsi, spostando il tovagliolo dalla mano destra all’avambraccio sinistro, con un gesto del braccio fece un ampio semicerchio che comprendeva Locorotondo, il lontano altipiano di Cisternino e la sottostante zona. «Questa Valle D’Itria» rispose, abbassando il braccio. «No, questa Martina Franca», ribatté il cliente. Allora il cameriere, avvicinandosi di più al muretto di contenimento del terrazzo, ripeté il gesto del semicerchio, ma questa volta più lentamente e scandendo: «Questa Valle D’Itria. Questa tutta Valle D’Itria. Questa». E continuò ad indicare con la mano l’ampio territorio circostante. L’uomo, poco convinto, tolse dalle mani della moglie il binocolo e portandoselo agli occhi, fece anche lui dei semicerchi, però con la testa; girandola prima da sinistra verso destra e poi da destra verso sinistra. Abbassato il binocolo, sempre meno convinto, l’uomo si rivolse ancora al cameriere ripetendogli, dopo aver cercato sul suo cellulare il traduttore: «Dove preciso Valle D’Itria?». Il cameriere, ormai stremato, non sapeva più cosa rispondere; quando gli venne in soccorso un suo collega, che chiamandolo gli chiese: «Che caa……volo fai qui», correggendosi in tempo, vedendo noi sul terrazzo, ma soprattutto le signore. Il cameriere, allargando le braccia e insaccando il collo dentro le spalle, dette un’ultima occhiata scoraggiata alla coppia e ripetendo: «Questa Valle D’Itria», sparì dietro il collega che lo stava cercando. 
Forse per un senso latente d’ospitalità verso gli stranieri, forse perché conosce bene le difficoltà che si incontrano all’estero quando non si conosce la lingua del luogo, mia moglie, inaspettatamente, si avventurò in una incerta spiegazione, continuando dove aveva lasciato il cameriere: «Questa è la Valle D’Itria». A questo punto, per evitare di essere coinvolto in quell’improbabile dialogo tra sordi, seguii i due camerieri e ordinai arrosto misto con contorno. Tornata anche mia moglie, le chiesi ironicamente: «Allora, dove si trova la Valle D’Itria?». «Qui sotto», mi rispose sorridendo, mentre sceglieva i pezzi di carne che voleva mettersi nel piatto. Poco dopo rientrò anche la coppia e, prima di sedersi al loro tavolo, si rivolse a mia moglie con un riconoscente sorriso e un inchino esagerato, dicendo: «Da Da. Dziekuje»: Il marito, dopo essersi seduto e aver dato un’occhiata al suo cellulare, tradusse, in uno stentato italiano: «Sì sì. Grazie signoro».
«Ma come sei riuscita a fargli capire dove si trova la Valle D’Itria?», chiesi incuriosito a mia moglie. E lei candidamente: «Gli ho indicato i trulli». Elementare, pensai. Ma lasciai cadere l’argomento, per non darle troppa soddisfazione. 
Mentre stavamo finendo di prendere il caffé, alla coppia straniera, arrivarono le famigerate terrecotte infuocate e vedendo che il cameriere lasciava gli antipasti, senza avvertirli della pericolosità di quelle ciotole, lo invitai a farlo. «E come glielo spiego?», si limitò a rispondermi. Allora mia moglie volle tornare ancora in soccorso della coppia, spiegando, questa volta solo a gesti, di non toccare con le dita quelle roventi scodelle. Ma non fece in tempo, la signora aveva già lasciato le sue impronte, comprensive della pelle dei polpastrelli, sui bordi dei contenitori ancora fumanti.
Noi chiedemmo il conto, pagammo e salutammo. Salutammo anche la coppia dell’Est, ma non rispose. La signora era intenta, con gli occhi che le lacrimavano, a raffreddare le dita nel ghiaccio e il marito, ritengo in russo, a sacramentare.
 
 


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