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Le Cheradi/ Belle e a disposizione

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

13
MAR
2015
Le due isole al centro nel mare di Taranto, di fronte a uno dei più bei lungomare d’Italia, sono assolutamente sottovalutate e trascurate. Di esclusiva pertinenza della Marina Militare, al momento non sembrano cedibili a privati. Eppure andrebbero riqualificate e valorizzate
 
 
 
 
 
Questo territorio martoriato, assoggettato da oltre cinquant’anni a coabitare con industrie tossiche, costretto a far vivere e lavorare i propri cittadini in ambienti a rischio inquinamento, avrebbe bisogno di uno scossone, di una svolta radicale. Quello che lascia perplessi, e non si riesce a capire, è perché a Taranto non si possano diversificare le ormai asfittiche attività industriali. A Taranto non esiste solo l’ILVA, la raffineria Agip, la Marina Militare, l’Arsenale e quant’altro. Abbiamo soprattutto il mare. Un mare splendido e un clima meraviglioso per almeno otto mesi l’anno. Una città e il territorio circostante ricchi di storia e di bellezze naturali, nonché un aeroporto, con una delle piste più lunghe d’Italia, a soli venti minuti di automobile. E allora perché non rivolgere altrove lo sguardo, oltre le ciminiere e gli altoforni, e guardare verso il mare?
Il centro storico di Taranto, rivalutato e rivitalizzato, potrebbe richiamare l’attenzione e l’interesse di visitatori provenienti da ogni parte d’Italia e oltre, invece viene lasciato nell’abbandono e nel degrado più totale. Nessun progetto, nessun finanziamento, nessun intervento statale, regionale o europeo, mi risulta, sia mai stato avanzato per la sua riqualificazione.
Immaginate per un momento cosa diventerebbe via Duomo di Taranto traslata nel centro storico di Firenze, Arezzo, o in un‘altra città che del turismo ne ha fatto la propria bandiera. La Cattedrale di San Cataldo del X secolo (con il suo cappellone definito da noti critici d’arte, tra cui Vittorio Sgarbi, un vero capolavoro dell’arte barocca), palazzi seicenteschi, vicoli e scorci incantevoli, la farebbero diventare una via piena di vita, con negozi di souvenir, di artigianato locale, bar e ristoranti. 
Non solo il centro storico di Taranto andrebbe riqualificato. 
Di fronte al lungomare di Taranto affiorano due isole, le Cheradi, due perle assolutamente inespresse: l’isola di San Pietro e San Paolo. Quanti visitatori potrebbero ospitare queste due isole nelle lunghe estati tarantine? E quante altre opportunità, oltre al mare e al sole, potrebbero essere offerte? Molteplici: pesca turismo, brevi crociere di giorno e di notte, windsurf, scuola di vela, escursioni subacquee e visite guidate. 
Peccato che l’isola di San Paolo stia andando ormai in rovina. Chi ha una barca e voglia farsi una navigata oltre il porto noterà che le strutture sono fatiscenti e stanno ormai cadendo a pezzi e che il suo piccolo promontorio è diventato un ricettacolo di barili arrugginiti (non certo un bel vedere per chi raggiunge Taranto dal mare). 
Le sue mura fondanti poggiano su una struttura napoleonica: un fortino e avamposto militare a difesa del porto di Taranto. Qui è stato anche sepolto Pierre Ambroise François Choderlos de Laclos, morto a Taranto il 5 settembre 1803. Generale napoleonico che comandò l’artiglieria dell'Armata d'Italia di stanza nella città Jonica per fronteggiare eventuali attacchi inglesi, nonché autore del libro “Le relazioni pericolose”. Diverse ricerche, effettuate in seguito, per riportarne alla luce i suoi resti, non hanno dato esito, forse perché trafugati o trascinati in mare da qualche violenta mareggiata. 
Ma nonostante l’isola sia carica di storia e di accadimenti, il suo piccolo territorio è comunque lasciato in uno stato di assoluto abbandono.
 
L’isola di San Pietro, invece, è lussureggiante, ricca di macchia mediterranea, e di pini sempre verdi. Quest’isola è la più grande delle due, ed ha una superficie di circa 117 ettari e la sua costa si estende per circa 7 km. Ha una lunghezza, da Punta La Forca a Punta Lo Scanno, di circa 2 km e la sua larghezza non supera il chilometro e mezzo; l’altitudine, che rendo noto solo per completezza d’informazione, è di 10 metri sul livello del mare. 
Insomma due gemme emergenti al centro nel mare di Taranto, di fronte al suo lungomare (uno dei più belli d’Italia), assolutamente sottovalutate e trascurate. 
Tutto questo paradiso, distante meno di 4 miglia marine (circa sei chilometri) dal ponte girevole, resta comunque irraggiungibile. Perché irraggiungibile? Perché chi volesse accostarsi con una barca alle isole vedrebbe svettare, in bella mostra, cartelli che avvertono: “Zona militare”.
L’isola di San Paolo, come detto è del tutto abbandonata, mentre l’isola di San Pietro resta inutilizzata e quasi disabitata per oltre otto mesi l’anno. Solo nei mesi estivi viene assalita ed invasa dai bagnanti, quasi tutti locali, che le motonavi della Marina Militare, imbarcano in fondo alla Rampa Leonardo da Vinci e sbarcano sul molo dell’isola.
Mah…ci sono sempre, naturalmente, dei ma. Le isole Cheradi sono da sempre di esclusiva pertinenza della Marina Militare e al momento non sembrano cedibili a privati. 
Ed ecco allora la proposta semplice, forse fantasiosa e ingenua, quella da affiancare all’attività industriale un polo turistico che possa sfruttare al meglio questo pozzo di San Patrizio che sono le due isole. 
Le Cheradi, potrebbero diventare il vero valore aggiunto allo sviluppo tarantino, il volano per innescare nuove opportunità lavorative sia per la città che la sua provincia e oltre. Certo, tale ambizioso progetto richiede degli sforzi notevoli, soprattutto per ottenere i finanziamenti e gli investimenti necessari alla riqualificazione del territorio, ma sono sicuro che alla fine i risultati compenserebbero gli sforzi effettuati. Date in gestione ad aziende del settore, naturalmente competenti, e trasformate in villaggi turistici, queste due isole potrebbero produrre benefici economici all’intero arco jonico. 
Perché non chiedere, quindi, con forza al Governo Nazionale la dismissione definitiva delle isole? Le potenzialità e le basi ci sarebbero tutte per creare nuova ricchezza e posti di lavoro. E non sarebbero solo le isole Cheradi a produrli. Attrattive per chi volesse soggiornare sotto il sole del golfo di Taranto ce ne sarebbero altre mille, a cominciare dalle visite guidate al borgo antico e moderno, al Museo archeologico, al Castello Aragonese, al Ponte Girevole e si potrebbe continuare ancora ad elencare per molto. Poi i caratteristici centri della provincia jonica e di quelle limitrofe: Grottaglie con le sue ceramiche; Martina Franca e il suo centro storico; la valle D’Itria e Alberobello con i loro trulli, Ostuni la città bianca, Cisternino e molte altre.
E queste meraviglie distano da Taranto solo un’ora di strada. 
E poi Matera, diventata, dopo il restauro un gioiello architettonico, tanto da essere stata nominata “Città della cultura per l’anno 2019”. Si, proprio Matera si dovrebbe prendere ad esempio, per come ha saputo cambiare e rinnovarsi, dimostrando che se c’è interesse da parte dei competenti Organi, ovviamente supportati dalle dovute sovvenzioni, si possono realizzare progetti che a prima vista possono sembrare irraggiungibili. E allora, perché non provarci anche a Taranto?
Come la città e questi centri della provincia, anche la “cenerentola” litoranea andrebbe a guadagnarci. Infatti, con un maggiore volume di visitatori potrebbe esprimere molto di più di ciò che si accontentano di offrire, nei tre mesi estivi, i gestori di stabilimenti balneari, chioschi di bibite e pizzerie. 
Sarà un’ utopia, un sogno irrealizzabile, un progetto di la da venire? Forse. Ma credo che sia ormai tempo di fare qualcosa per cercare di trattenere i nostri figli, i nostri nipoti, qui dove sono nati e cresciuti, senza rassegnarsi a vederli partire carichi di titoli di studio, ma anche di amarezza e delusione. 
 
Tentare di realizzare un sogno e trasformarlo in un progetto è un nostro diritto. Anche se Taranto sembra ancora la stessa “”molle ed imbelle tarentum”” dei tempi di Orazio.
 
 


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