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Universi paralleli /ON/OFF : LA VITA SCORRE IN RETE

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

24
APR
2015
Al mondo reale fatto di uragani distruttivi e cuori infranti, preferiamo il mondo virtuale pieno di oggetti che rispondono alle nostre aspettative. Se n’è parlato a Taranto con Zygmunt Bauman, patrimonio accademico della sociologia mondiale
 
Perfettamente ritto sulla schiena e con uno sguardo vitale e curioso, Zygmunt Bauman, sociologo di fama mondiale, classe 1925, fa il suo ingresso in un’aula magna gremita di generazioni. In occasione della sua ennesima consacrazione a patrimonio umano accademico, Bauman che ha ricevuto lo stesso 17 aprile 2015 la laurea honoris causa in Lingue moderne, letterature e traduzione letteraria, presso il complesso Ecotekne dell’Università del Salento (Lecce), fa la sua comparsa anche nella sede di Taranto dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. L’ex convento di San Francesco in via Duomo, ha potuto quindi ospitare la conferenza dell’insigne studioso dal titolo, “La vita tra ON LINE e OFF LINE”. 
In apertura interviene Riccardo Pagano, docente ordinario di Filosofia dell’Educazione presso l’Università degli Studi di Bari, spiegando come la Storia sia un processo che consuma quasi tutti quelli che si trovano all’interno della Storia stessa. Taranto può essere un esempio per il futuro oppure cadere ancora di più nel baratro, ecco perché gli insegnamenti di un grande sociologo del calibro di Zygmunt Bauman, possono dare uno scossone positivo alle menti delle nuove generazioni. Segue Barbara Wojciechowska, prof.ssa ordinaria di Letteratura Francese presso l’Università del Salento e membro dell'Accademia francese, Les palmes académiques de France che introduce la figura di Bauman citando una sua importante massima: «La sociologia è la scienza della libertà.»
Affiancato da Daniela Andriulo, traduttrice e Vice Console delegato presso il Consolato Onorario d’Italia a Breslavia (Polonia) Zygmunt Bauman, guardando fisso negli occhi di una platea calamitata dalla sua presenza, inizia così la sua lezione: 
«Voi siete la 3ª generazione nata nella simultaneità di due universi, on line e off line, che ispirano diverse competenze e diverse modalità di comportamento. Viviamo in una realtà/esperienza estremamente rapida. E la divisione tra questi due universi è stata altrettanto rapida, citando per esempio il nuovo mondo creato da Facebook. La vostra generazione vive nel pieno della modernità. Ormai desideriamo il controllo di tutte le informazioni del pianeta e anche degli eventi più tragici. Citando Voltaire: “la Natura evita il controllo umano” e quindi questo concetto è l’esatto contrario della nostra attuale realtà».
Secondo lo studioso polacco, al giorno d’oggi c’è il bisogno di eliminare quelli che egli chiama “accidents”, accidenti, cose che accadono liberamente, eventi senza controllo. Secondo la moderna sociologia, più di 9 ore al giorno vengono passate davanti ad uno schermo. Non si hanno contatti diretti con un altro soggetto attivo in quella che dovrebbe essere una normale relazione umana. «Come sostiene il saggista americano Jonathan Franzen, “la tecnologia, compagna ormai di vita, ha per oggetto la realtà erotica.», e simpaticamente Bauman, rivolgendosi alla traduttrice, le dice «Yes, translate please. My memory is worse» (Sì, traduca per favore. La mia memoria è peggiorata.)
Quello che è peggiorato invece è il nostro relazionarci al mondo. Sulla base del concetto erotico della tecnologia di Franzen, Bauman vuole semplicemente farci intendere che al mondo reale fatto di uragani distruttivi e cuori infranti, preferiamo il mondo virtuale pieno di oggetti che rispondono alle nostre aspettative. Oggetti più attraenti e quindi sexy a cui trasferire il nostro amore respinto. 
Nel virtuale ogni cosa è sotto controllo e rapidamente reperibile. In rete viviamo una condizione di estrema libertà priva dei normali vincoli del reale. Anche i social network hanno i loro vantaggi come una maggiore libertà di espressione, di pensiero e l’impressione di poter avere una maggiore flessibilità. Ma la vera e propria linfa vitale del fenomeno dei social è solo una: la paura di ognuno di noi, di ritrovarci soli. Prosegue infatti Bauman: 
«Grazie all’invenzione del walkman nel 1979, ognuno poteva portare con sé la musica. “Mai più soli”, fu lo slogan che accompagnò questa rivoluzione del consumismo anni ‘80. Oggi Mark Zuckerberg ci ha donato la non solitudine attraverso il fenomeno mondiale di Facebook. Contattare direttamente gli amici appare ormai complicato, perché magari si preferisce non disturbare la persona e parlarle in maniera più discreta attraverso un messaggio in chat. Questo è ciò che viene inteso come l’accesso alla sfera pubblica: ognuno vuole avere un ruolo nella società e sulla scena della società. Cerchiamo sempre di più, la via della visibilità. Attraverso i selfie abbiamo questa visibilità che altrimenti non potremmo ottenere e ciò ci dà l’impressione di essere partecipi della comunità. Ciò che vogliamo sapere senza sforzo lo ricerchiamo con facilità e rapidità, con le dita sulla tastiera di un pc. Ma c’è sempre  un prezzo da pagare. Tra le perdite che causa la tecnologia, c’è quella della concentrazione, della pazienza, perché ci aspettiamo su google una risposta  più che mai istantanea. È difficile rimanere concentrati senza annoiarsi. Ci si ferma tra l’altro a quella che è la superficie delle cose. John Steinbeck, americano e premio Nobel per la Letteratura nel 1962, affermò: “Le idee sono come conigli, impari ad allevarne una coppia e presto te ne ritrovi una dozzina”. Tutti ci sentiamo al sicuro chattando e ritrovandoci on line con gli altri, ma allo stesso tempo possiamo essere tagliati fuori dalla realtà incantata di internet.  Nella comunità si ha bisogno di contatto. In internet è più facile disconnettersi. Anche in amore, come possiamo impegnarci on line? Perché rimanere in una relazione quando in rete posso rapidamente scollegarmi? Ciò che si desiderava quando venne creato internet, era la democrazia di contatto e ricerca, di accesso libero alle informazioni, nonostante l’impossibilità di  viaggi e incontri di persona. C’era la speranza di integrare più facilmente le conoscenze. Gli esseri umani usano il proprio tempo per espandere i propri orizzonti e invece, al giorno d’oggi, sempre più fagocitati dalla tecnologia, si evita il dibattito, non si è più inclini all’ascolto. In un mondo sempre più interculturale, manca una vera e propria mediazione tra diverse opinioni». 
Nell’era quindi della super telefonia, della comunicazione verbale attraverso internet, viene a mancare secondo Bauman, la vera e propria sopravvivenza dell’umanità: il dialogo. No, non proporremo assurdi e anacronistici ritorni alla posta in carta da lettere o alle cabine pubbliche del telefono (anche se sarebbe molto romantico) e questo non è nemmeno l’intento di Zygmunt Bauman. Ciò che lo studioso polacco ha voluto condividere con noi e senza il bisogno di un click o un like è che la solitudine si combatte con scambio di idee fra uomini e non attraverso asettiche interconnessioni di byte. Un respiro di umanità che l’insigne sociologo più che donarci, è stato in grado di ricordarci. Perché forse, siamo proprio noi, generazioni del futuro e ancora lontane dall’avere 90 anni ad avere una “worse memory”.    
 
 
 


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