MENU

FRANCESCA PELLEGRINO /L´AMORE DELLE LUCCIOLE

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

30
APR
2015
Il nuovo libro del poeta (avete letto bene, poeta) tarantino è un poema fatto di mille frammenti, che esplicita una pluralità di voci; il tentativo – vano – di riunire tutte le parti del sé in un unico nome
 
Poche sono le persone che al mondo sono capaci di comunicare. Cosa ci vuole, mi direte. Tutti comunicano, tutti parlano, chattano, scrivono, dicono, disegnano. E che dire della comunicazione non verbale, quella che con un solo gesto o uno sguardo racconta qualcosa.
Sì, certo. Tutti comunicano. Ma pochi lo fanno in maniera autentica, diretta. In pochi incantano con le parole, danno senso alle emozioni, rievocano sensazioni e stati d’animo comuni a molta gente.
Francesca Pellegrino è una di queste persone. 
Lei che non si dà arie da poeta, lei poeta lo è. Poeta, badate bene, non poetessa, ché qui potremmo aprire una parentesi e richiuderla nei prossimi numeri di Extra!
Perché poeta è chi riesce a entrare nella mente di chi legge, o ascolta. Chi riesce a essere empatico senza neanche accorgersene. 
L’ultimo libro di Francesca, “Tutte le lucciole vennero al pettine”, pubblicato da Edit@, parla di lei, è lei. La sua storia, i suoi sentimenti, le sue emozioni. Quei versi raccontano la sua percezione del mondo, non vi è dubbio. Eppure in qualche modo è come se parlasse di me, o di te, o di voi che leggerete. Perché è questa la capacità di Francesca: arrivare al cuore della gente, senza fronzoli (Animabella Senzafronzoli è, non a caso, anche il nome di una lucciola), senza mezzi termini, con un linguaggio diretto dove ogni parola – fosse anche un neologismo inventato da lei per esprimere qualcosa – è densa di significato, perché era proprio quella la parola da usare e nessun’altra. Qualsiasi altro termine sarebbe stato inefficace, inadatto a esprimere la sua potenza. Francesca genera linguaggio e trova attraverso le parole e la loro sintesi una realtà. Il suo è un percorso di ricerca di quell’unica parola, di quell’unica goccia d’acqua, che è diversa dalle altre e non la si trova mai. Perché se la si trovasse si potrebbe benissimo gettare la penna e non scrivere più.
“Tutte le lucciole vennero al pettine” ci mostra Francesca, è vero; nuda e sparsa tra i versi. Racconta una Francesca rastrellata dal pettine della vita, il cui sguardo è sempre diverso perché diverso è il contesto in cui ruota e vive. Diverso dalle precedenti pubblicazioni, “Dimentico sempre di dare l’acqua ai sogni” e “Chernobylove”. Diverso da ieri, da poco fa e da domani. 
Ma parla anche di lucciole: di Stella, di Scintilla e di tutte le altre. Perché lucciole, vi chiederete. Perché Francesca di tanto in tanto viene ossessionata da una parola, che le ronza in testa fino a quando non raggiunge lo sbocco per cui le si era affacciata alla mente. La parola del momento era lucciole, appunto. E allora ha iniziato a ricercare, studiare, capire la storia delle lucciole e qualcosa finalmente è sorto in lei, quando ha scoperto che le lucciole amano una sola volta, e poi muoiono. 
Così. Compiono il loro destino quando diventano mature. Amano e sanno che dopo cesseranno di esistere. I maschi subito dopo. Le femmine quel tanto quanto basta per mettere al mondo un’altra lucciolina. Destino triste, destino infame. O forse no. Perché la loro vita è quella, il ciclo che devono compiere è sempre quello da centinaia e centinaia di anni. E allora forse va bene così, perché per l’amore ne vale sempre la pena. Mica come le api, quelle “che vanno solo ai fiori”, senza avere relazioni. Meglio amare e morire che non amare.
Le lucciole le abbiamo potute vedere nel corso della presentazione del libro, avvenuta lo scorso 22 aprile nella cornice del Palazzo Galeota, a Taranto. L’evento, moderato da un’eccezionale Mara Venuto, curatrice della collana I chicchi del Melograno di Edit@, si è aperto infatti proprio con una performance tenuta dall’autrice, con l’ausilio di due lucciole, appunto, interpretate da Roberta Vinci e Serena Filomeno.
L’intento della performance era quello di creare l’atmosfera adatta alla presentazione di un libro come questo. Il risultato è andato ben oltre ogni aspettativa. La voce graffiante e tremula di emozione di Francesca è risuonata nella sala, trasportando gli spettatori in una dimensione quasi onirica, come se nulla fosse reale e allo stesso tempo nulla avrebbe potuto esserlo di più. Perché non vi è niente di più vero e autentico di un sentimento provato e gridato a gran voce, condiviso da chi è capace di vedere aldilà dello sguardo.
Potrei raccontare ancora; dire cosa pensa Francesca della poesia, che deve raccontare il quotidiano, gli oggetti comuni, le cose di ogni giorno. Parlare del suo rifiuto del manierismo, del disincanto; parlare di fiabe, o di fabula, meglio ancora. Ma non serve che lo faccia io: lei nei suoi versi racconta già tutto questo.
Va letto il libro di Francesca, perché parla di lei e parla di noi, che abbiamo mille sfaccettature, che non siamo mai solo bianchi o solo neri, che siamo mille anime in una, che un giorno siamo tristi e l’altro felici, un giorno madri e l’altro figlie, ma sempre noi.
Scintilla, Stella e le altre lucciole sono i mille frammenti che compongono Francesca Pellegrino. Che, proprio come noi, è una, nessuna e centomila.
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor