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(Ri)scopriamo - Il tesoro di via Cavour

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

5
GIU
2015
Lo sapevate che nel cortile di un palazzo del borgo umbertino c’è una cappella in stile gotico? In esclusiva per voi un lavoro di ricerca inedito che valorizza un bene artistico di Taranto sconosciuto ai più
 
Taranto, che vanta numerosissimi beni culturali e architettonici, non sempre è stata capace di farli conoscere ai tarantini e a quanti amano l’archeologia e l’architettura dal romanico al gotico. 
E’ il caso della piccolissima cappella di stile gotico-lombardo presente all’interno del cortile del Palazzo di via Cavour 51 a Taranto, intitolata a San Francesco di Paola e che versa in condizioni molto precarie. Infatti sulla facciata che presenta due cuspidi laterali a forma di torre campanaria e al centro un bel rosone, non c’è più la statua del Santo. Anche all’interno mancano sull’altare la statua del Santo e i quattro beati che trovavano spazio in altrettante nicchie. 
L’abbiamo visitata nei giorni scorsi con l’aiuto di Francesco Pasculli, storico del tempietto, e di Filippo Girardi, suo collaboratore, che ha saputo portare alla luce notizie fino a ieri a tutti sconosciute. In questo viaggio ideale verso il tempietto ci serviremo delle notizie storiche forniteci da Pasculli e dallo storico tarantino Antonio Fornaro.
Pasculli in una sua nota divide l’informativa tra il Palazzo di via Cavour e il tempietto al suo interno edificato.
Fornaro ha voluto inserire un elemento di conoscenza in più fornendoci notizie sul villino Carducci, preesistente all’attuale Palazzo e tempietto facendoci sapere che nel 1733, oltre alla costruzione del villino, vi era un giardino con grandi agrumeti, viali, colonne, fontane, corsi d’acqua, acquari e 5 magazzini per riporre il grano.
Nella visita dell’abate Biagio Antonio Caputo del 1700 si apprende che Taranto aveva 14 chiese e cappelle entro 7 miglia. 
 
Il Palazzo-villino Carducci
Ma vediamo quale è stata la storia del Palazzo-villino Carducci espropriato nel 1930 per consentire la costruzione del collettore della fognatura cittadina nel nascente Borgo umbertino.
Francesco Pasculli così scrive del Palazzo Carducci: “Edificato tra il 1878 ed il 1879 il palazzo di via Cavour 51, così come riportato in atti del 3 maggio 1879 del Notaro Gaspare Sassi, fu oggetto di permuta tra il costruttore (mastro muratore) Sig.  Antonio Berardino e l’imprenditore (industrioso) Sig. Nicola Cataldo Cecinato, proprietario di alcuni immobili siti in Via di Mezzo nell’antica Città Vecchia. La permuta include anche un confinante, nella zona interna al “casamento”, suolo agricolo caratterizzato da un alto muro (Giardino murato), il quale Casamento esse Parti Berardino e Cecinato di pieno accordo hanno dato il valore di Lire Italiane DiecimilaSeicentoVenticinque (£ 10.625)/Ducati DiecimilaCinquecento (D 10.500)”.
“Particolare risulta l’ubicazione del palazzo in quanto, fin d’allora, la costruzione confina con l’antica Strada del Giardino d’Agrumi del Marchese Andrea Carducci (“da poco appellata Strada Cavour”) via di notevole importanza storica tanto da essere salvata dall’Architetto Davide Conversano (si dovrebbe scrivere Davidde perché di origine ebraica, ndr), ideatore e progettista del Piano Regolatore del Borgo Umbertino di Taranto (elaborato tra il 1862 ed il 1865), che stravolse completamente e brutalmente, cancellandola, l’antica Taras”.
“Inizialmente costituito dal piano terra e dal primo piano, Palazzo Cecinato, nei decenni a venire, si sviluppò con la costruzione del secondo piano e, per monosuccessione di volumi inglobando antiche case rurali terranee poste all’interno del fabbricato (attuale cortile), del caseggiato a due balconate”.
“Nel 1881, così come riportato in atti del Notaro Scialpi dell’8 luglio 1905 (Divisione per morte del Sig. Nicola Cataldo Cecinato in data 4 novembre 1889), Nicola Cataldo Cecinato vendette al figlio Angelo il suolo agricolo (Giardino murato) nel quale e per immensa devozione dello stesso (così come recita una stele marmorea posta all’interno) venne, probabilmente su una precedente cappella rurale dedicata a San Girolamo (in seguito destinata a sacrestia), eretto l’attuale Tempietto di San Francesco da Paola consacrato dall’allora Arcivescovo di Taranto Pietro Alfonso Jorio nel 1898. Un’antica leggenda popolare, racconta che nella tromba delle strette scale del Palazzo Nobile (quello sulla Strada Cavour) cadde una bambina (probabilmente una delle due sorelle di Angelo Cecinato, Pasqua Rosa o Maria Nicola) che, illesa, fece gridare al miracolo. Era il 2 aprile, giorno dei festeggiamenti a San Francesco da Paola. Non è un caso che la scritta CHARITAS - GRAZIA sia presente, quasi con ossessione, in tutti gli ambienti del Tempietto.  Uno splendido e raro esempio di arte Gotica (neogotico fin de siècle) della Città di Taranto opera dei Maestri tarantini Domenico Fago e Carlo Bari”. 
A tale proposito Filippo Girardi ha ritrovato all’interno di una statuina in cartapesta di San Francesco di Paola, corrosa dai topi, una serie di importanti reliquie fra le quali oggetti appartenuti ad una bambina e una coroncina da Prima Comunione databile intorno ai primi anni del 1900. 
Sempre il Girardi ha recuperato un bellissimo quadro della Madonna Bambina dell’ ‘800 che si venerava nel tempietto di San Francesco di Paola. 
Ma la notizia ancora più importante è che dove oggi sorge il tempietto certamente sorgeva un’altra Chiesa che aveva al suo interno un pozzo d’acqua visto che oggi il pavimento in marmo del tempietto continua a trasudare acqua (costruito in tufo con bellissime decorazioni in stucco).
Prima dell’ingresso laterale è visitabile l’antica sacrestia, forse un residuo di un edificio sacro non più esistente. Sta di fatto che nella sacrestia è visibile una bellissima acquasantiera marmorea e sulla porta di accesso laterale al tempietto una piccola grata che serviva per confessare dall’interno dello stesso.
 
 
Il Tempietto di San Francesco da Paola
Era il 14 dicembre del 1898 quando Angelo Cecinato scrisse all’allora Arcivescovo Pietro Alfonso Jorio affinché venisse decretata pubblica la Chiesetta da lui eretta ed i cui lavori incominciarono nel 1881 all’interno del cortile del palazzo di famiglia in Via Cavour n. 3 (oggi n. 51). Visitata dall’Arcivescovo il 16 dicembre, e trovata conforme alle prescrizioni canoniche e liturgiche, venne decretata chiesa pubblica il 21 dello stesso mese ed anno, in quanto “considerando che questa chiesetta torna utile al luogo, specie al Rione dove è eretta, permettiamo che venga benedetta ed aperta al culto”. Difatti era l’unica chiesa nata nel Borgo per il nascente nuovo Rione.
Dopo decenni di abbandono ed a 116 anni dalla sua benedizione (2 febbraio, giorno della Candelora, 1899), il tempietto viene riaperto al pubblico in occasione della festa del Santo che, nel 2015, ha coinciso con il Giovedì Santo nel 250° anniversario della donazione delle storiche statue di Gesù Morto e dell’Addolorata della Processione dei Misteri del Venerdì Santo a Taranto da parte della famiglia Calò alla Confraternita del Carmine.
Antonio Fornaro ha integrato queste notizie con altre desunte da una pubblicazione di mons. Giuseppe Blandamura in cui si dice che l’Arcivescovo concedeva 40 giorni di indulgenza a chi, entrando nel tempietto, avrebbe recitato 5 “Gloria Patri” in onore del Santo e uguale indulgenza a chiunque, sentendo il suono della campanella, avrebbe fatto il segno di Croce e recitato 3 “Gloria Patri”.
Il 2 febbraio 1899, in presenza di mons. Iorio, il Padre Guardiano dei Frati Minori di San Pasquale benedisse una Via Crucis. Inoltre il sig. Angelo Cecinato si impegnò a versare ogni anno una cappellania pari a 400 lire che doveva servire per far celebrare le Messe, per l’accensione perpetua di una lampada davanti al simulacro del Santo, e far studiare un chierico povero. La scelta cadde sul chierico Don Salvatore Di Comite ma, in seguito, questa cappellania non fu più mantenuta.
Come si diceva oggi la Chiesa necessita di grandi interventi, ma è già tanto che, grazie a Pasculli e Girardi, ogni cittadino può visitarla previa prenotazione al n. 3299335184. 
La speranza è che un gioiello così bello nel cuore del Borgo umbertino possa quanto prima tornare a essere fruito dai cittadini e dai turisti.
 


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