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Archeologia: LA NECROPOLI DI PORTO SELVAGGIO

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

23
MAR
2012

 

Archeologia: LA NECROPOLI DI PORTO SELVAGGIO 
 
L’archeologa Ida Timperi illustra le scoperte di un sito preistorico nel Salento, Serra Cicora
 
La Puglia, oltre ad essere l’ente pubblico più “lungo” d’Europa, è anche un’autentica miniera di tesori storici, culturali e ambientali dai filoni quasi inesauribili: peccato che, come minatori, noi pugliesi facciamo un po’ pena.
Fortuna è che ci sono persone consapevoli della ricchezza che brilla sotto i nostri piedi, sotto gli strati di cemento che altri hanno versato sui nostri preziosi col nostro tacito assenso, e riportano alla luce questi tesori, restituendoli a noi tutti, all’umanità. La squadra che ha lavorato agli scavi di Serra Cicora (Nardò, in provincia di Lecce) rientra in questa categoria.
Si tratta, parlando del sito archeologico in questione, di una necropoli, situata sul pianoro tra Sant’Isidoro e Porto Selvaggio. Le prime costruzioni risalgono al VI millennio avanti Cristo, ma è dal V che il complesso diventa necropoli vera e propria, dentro i quali tumuli circolari venivano inumati gli indigeni, tra cui anche donne di sessant’anni: un’età parecchio avanzata per l’epoca.
Nel 1998 cominciarono gli scavi, diretti dalla professoressa Irene Ingravallo, che però furono interrotti nel 2005. Prossimamente verrà pubblicato, a cura dell’archeologa Ida Tiberi (di cui state per leggere l’intervista), il volume che raccoglie tutte le informazioni e i resoconti del lavoro archeologico svolto in quegli anni.
Ida Tiberi, archeologa di 36 anni, si è laureata in Paletnologia nel 2003 e specializzata in Archeologia Preistorica nel 2010. Borsista di ricerca nel 2005, dal 2006 è cultrice della materia in Paletnologia presso la Facoltà di Beni Culturali dell’Università del Salento.
Ha partecipato agli scavi del sito neolitico di Serra Cicora sin dalla prima campagna di scavo, nel luglio del 1998. Come contrattista, si è occupata dello scavo di alcuni settori e dello studio dei materiali archeologici, in particolare della ceramica. Venerdì 24 marzo è ospite dell’Archeoclub di Taranto presso palazzo Galeota, alle ore 18.00, e tiene un incontro assieme alla presidentessa dell’associazione, dottoressa Roberta Ursi, e alla collega archeologa Erica Florido.
 
Qual è l’aspetto più sorprendente della scoperta?
«L’importanza della necropoli di Serra Cicora risiede in primo luogo nel fatto di trovarsi in uno stato di conservazione relativamente buono rispetto alla maggior parte delle necropoli meridionali, il che ha permesso, per quanto possibile, la ricostruzione dei rituali e il recupero dei materiali in esse contenuto.
In secondo luogo, ma non meno importante, la necropoli restituisce uno spaccato della realtà cultuale e funeraria delle comunità neolitiche in gran parte inedita finora per il meridione e che consiste nella molteplicità di tipologie funerarie e nella complessità delle pratiche rituali.»
 
Cosa abbiamo scoperto di nuovo, riguardo alla vita dei nostri avi?
«Dalla collaborazione con studiosi di altre discipline come, ad esempio, i geomorfologi, i paleobotanici e gli archeozoologi, è stato possibile ricavare numerose informazioni sugli aspetti legati alla sussistenza dei gruppi che frequentarono il pianoro di Serra Cicora stanziati, molto probabilmente, a poca distanza dalla necropoli. Dagli studi antropologici sono emersi dati interessanti come l’età avanzata di alcuni individui (più di 60 anni!).»
 
Quanto, secondo Lei, la presenza della necropoli potrà portare al territorio, in termini economici e lavorativi?
«Il sito ricade all’interno del Parco di Porto Selvaggio, ma insiste ancora in una proprietà privata. Agli Enti locali - e mi riferisco in particolare al Comune di Nardò – spetta l’impegno di assicurare la tutela e la valorizzazione del sito tramite un accordo con i proprietari.»
 
Un suo pensiero circa l’idea di aver legato il proprio nome ad una grande scoperta come questa.
«Il merito della scoperta non va a me ma al Gruppo Speleologico Neretino che ha segnalato per primo l’importanza del sito. Io ho curato la pubblicazione integrale dei materiali riconducendo a sintesi i contributi di quanti hanno partecipato alle indagini e allo studio dei reperti come Giorgia Aprile, Sara Dell’Anna, Giuseppe Chiriacò, Alberto Potenza.»


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