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Sud, altrove/ La fotografia celebra il femminile plurale

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

19
GIU
2015
A Otranto una mostra dedicata a Ferdinando Scianna, l’artista siciliano stregato dalla bellezza meridiana
 
Se c’è una cosa che contraddistingue lo sguardo delle donne del sud, è un certo lampo selvaggio e non addomesticabile che si conserva intatto indipendentemente dall’età e dal luogo in cui si vive. Qualcosa che lega come filo invisibile ma indissolubile la vita di mia nonna a quella di mia madre, fino ad arrivare alla mia, pur avendo attraversato epoche ed esperienze diverse. «Il sud e le donne» è il nome della mostra che, a partire dal 23 giugno, celebrerà la molteplicità d’espressione di quest’inconfondibile matrice, attraverso trenta scatti del fotoreporter Ferdinando Scianna. 
L’evento, ospitato dal Castello Aragonese di Otranto, è frutto della collaborazione tra l’associazione “Veluvre – Visioni culturali”, il Comune e la Regione Puglia. Questo s’inserisce nella rassegna “Tu non conosci il Sud” ideata dal giornalista e scrittore Oscar Iarussi, traendo spunto da un verso del poeta Vittorio Bodini. 
«I volti femminili in mostra non sono icone, ma esercizi di realtà, della sua rapinosa bellezza» così il giornalista commenta i lavori di Ferdinando Scianna, che ha scelto personalmente le fotografie, accompagnate dal commento dell’anglista Vito Amoruso, amico e collega di Bodini.
Maria Grazia Cucinotta, Monica Bellucci ma anche donne semplici, assorbite dalla quotidianità, cui fanno da sfondo ora strade abbagliate dal sole e dalla calura, ora scenari imbevuti di onirico.  Gli scatti costituiscono una full immersion nel sud. Sicilia (terra natia dell’autore), Puglia, ma anche Calabria e Campania. Così, emerge un mosaico capace di superare gli stucchevoli stereotipi legati al folclore  meridionale. “Ripulendo” lo sguardo dello spettatore, Ferdinando Scianna fa risaltare le peculiarità di queste terre, cogliendo, in ciascuno sguardo di donna, un riguardo che allude al ricominciamento di un’identità trasparente e misteriosa.
L’incisività dei suoi lavori si riflette anche nelle parole scelte per raccontarsi. «In certe riviste per turisti c’è la foto della spiaggia bianca con le palme, la didascalia che dice “spiaggia bianca con palma” e l’articolo del giornalista che elogia lo splendore della spiaggia bianca. Da pazzi. La foto non deve essere per forza descrittiva. Deve raccontare. Può essere metaforica. Un colpo d’occhio. Se pensi la fotografia come strumento per produrre narrazione, documento e memoria non hai lo stesso atteggiamento di chi vuole creare un’icona, ovvero del pittore, il cui senso estetico è nella forma dell’atto. Questa produce immagini estetiche e non c’è nulla di più inutile di una bella foto e di più contradditorio di una concettuale. Io credo che il fotografo sia un lettore del mondo e che le immagini siano ricevute. Quando Glenn Gould suona Bach non è Bach, lo interpreta. Il mondo scrive l’immagine: il fotografo l’interpreta»
 
Per Ferdinando Scianna la fotografia è una sorta di assunzione di responsabilità. Una cifra stilistica, quasi la firma della propria esistenza. «Sono sempre irritato da proposte fotografiche dell’indifferenziato. Perché sinonimo stesso di cultura è scelta. Tutti noi scegliamo, e non solo la fotografie ma i quadri, l’arte, le compagnie, il cibo e facendo fotografia scegliamo un istante piuttosto che un altro. La scelta di tutti gli istanti che hai scelto in anni di vita e di fotografo, ti identifica». Così, decidere di andare a vedere la sua mostra equivale a manifestare lo sguardo, la prospettiva attraverso cui si approccia il Sud.
 


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