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Festival della Valle d´Itria/Se a Don Checco piacciono i bocconotti

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

31
LUG
2015
Molto apprezzati dal pubblico i piccoli ritocchi al libretto  dell’opera buffa di De Giosa che hanno consentito di nominare i paesi limitrofi e far riferimento a un suo famoso e antico bar per l’acquisto dei prelibati dolcetti
 
Ed anche la scuola napoletana approda al Festival della Valle D’Itria, con “Don Checco”, opera buffa tra le più fortunate di Nicola De Giosa, che ha coinvolto e divertito il numeroso pubblico del Palazzo Ducale, tanti gli applausi a scena aperta, a dimostrare  la bravura di tutti gli artisti impegnati.  Un connubio tra spettacolo teatrale e opera lirica, che ha trovato molto preparati i personaggi impegnati nel duplice ruolo di attori e cantanti. Perfetto e bravissimo nell’interpretare il ruolo dell’oste,il baritono Carmine Monaco, così come indossava “ a pennello” i panni del protagonista, Don Checco,  il baritono Domenico Colaianni, barese d’origine, ma napoletano per l’occasione.
Tutti si muovevano sulla scenacon disinvoltura, mostrando doti canore di gran pregio.
Molto apprezzati dal pubblico i piccoli ritocchi al libretto che hanno consentito di nominare i paesi limitrofi a Martina Franca e far riferimento a un suo famoso e antico bar per l’acquisto dei “bocconotti”.
Calare nella realtà, anche se solo per un attimo, quello che i presenti vedono, vivono e sanno essere finzione scenica, è senz’altro un’ idea vincente.
La scenografia curata da Nicola Rubertelli, incorniciava l’osteria tra due scorci di paese innevato e,spesso, gli occhi del pubblico presente, indugiavano su tali paesaggi alla ricerca di un po’ di frescura, inesistente in questo luglio martinese.
L’opera, debutta nel 1850 a Napoli, annovera un altissimo numero di repliche e trova,sicuramente, nell’edizione del Festival della Valle d’Itrianuovo vigore e uno slancio che le permetterebbe di continuare su altri palcoscenici italiani. Atutti coloro che non hanno potuto assistere alla prima del “Don Checco”, ricordiamo che andrà nuovamente in scena, nell’Atrio del Palazzo Ducale, venerdì  31 luglio alle ore 21.00,  ascoltare la meravigliosa Orchestra Internazionale d’Italia diretta dal maestro Matteo Beltrami, vedere sulla scena come il libretto scritto da Almerindo Spadetta  prenda corpo tra le note e l’interpretazione di eccellenti cantanti,  è certamente  un’occasione da non perdere, se a tutto ciò si aggiunge il divertimento che quest’opera buffa regala al pubblico, non resta che poter  dire un giorno : “Io c’ero!”
Itinerante è stata la famosa opera di Gioachino Rossini “Il Barbiere di Siviglia”, in una selezione semiscenica ha fatto sosta in tre location incantevoli: Masseria Luco, Matera, Borgo Egnazia.
In quest’ultimo nuovo-vecchio borgo, che lascia senza parole il visitatore e gli ospiti, che ha visto muoversi tra le sue viuzze vip internazionali e sposi indiani e hollywoodiani, ho potuto assistere a questa “rivisitazione” di un’opera così famosa, ma nello stesso tempo così nuova nella trasposizione pensata per la 41^ edizione del Festival della Valle d’Itria.
Bellissima la scenografia naturale che faceva da sfondo a pochi oggetti presenti: queicandidi  manichini sartoriali che custodivano gli abiti di scena, il pianoforte e i leggii che avrebbero sostenuto gli spartiti degli orchestrali, tantissime sedie bianche per il pubblico e un cielo che lasciava spazio al buio per consentire l’entrata del  direttore d’orchestra Ettore Papadia e permettere alle note di librarsi e rendere ancora più magico il luogo.
Un plauso particolare alla bravura di chi ha introdotto la storia, la voce eil corpo narrante di Gaia Insenga, bravissima e instancabile, come i cinque cantanti  che hanno dato vita all’ opera. Il pubblico era carpito dalla loro capacità di cantare e recitare insieme. I personaggi in primo piano dividevano la scena con quelli sullo sfondo, una regia curata e attenta ad ogni particolare, quella di Cecilia Ligorio.
L’orchestra per un attimo diventa coro, un simpatico intervento in barese e la bravura nel canto e nella recitazione in un italiano perfetto del giapponese Naoyuki Fujiwara.
Nessuno si è risparmiato, nonostante il grande caldo, che ha avuto la capacità di trasformare  l’abito di Figaro, il bravo Palov Kuban, da verde sgargiante a verde bottiglia. 
Un Festival, quello di quest’anno, che, come si suol dire. “non sta sbagliando un colpo”, grazie alla scelta delle opere da rappresentare, ma anche, e soprattutto, dei cantanti, dei  direttori d’orchestra, dei musicisti, e…  di tutti coloro che mettono il cuore nelle note.
 


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