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Islam/ Donne, modernità e culla della bellezza

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

7
AGO
2015
Intervista a Maryam Rahimi, scrittrice iraniana, nata a Teheran dove ha studiato economia, e ora in Puglia. Il racconto di una condizione femminile differenziata e sfaccettata, nonostante l'immaginario comune richiami concetti come sottomissione agli uomini, mancanza di diritti civili e di prospettive 
 
L’approccio  verso  realtà diverse dalla propria richiede inevitabilmente una sorta di  "osservazione partecipante" come la  definiva il  grande antropologo Broniwlaw Malinowsky. Occorre  imparare a conoscere e osservare  altre realtà senza caricarle di quell’etnocentrismo che fa di una razza, una cultura superiore rispetto all'altra. Sono tanti i pregiudizi profondamente radicati  in una visione che tende a predominare sull'altra, soprattutto quando si parla di donne e  Islam, perché nel nostro immaginario occidentale la parola Islam  evoca inevitabilmente concetti come  sottomissione, disuguaglianza, regressione, mancanza di prospettive  al femminile, repressione, a partire dal controverso problema del ruolo della donna nella società islamica,  un ruolo da sempre  trincerato oltre un  muro di intransigenze che  suggerisce solo una figura vestita di pregiudizi e stereotipi e impedisce di vedere ciò che realmente  c'è dietro quel velo femminile. Quando parliamo di donne iraniane e "velate", spesso tendiamo a generalizzare. La situazione sociale e culturale della donna invece varia da un paese all'altro. In molti paesi musulmani, che vivono  da sempre una battaglia contro l'occidentalizzazione della cultura, c'è sicuramente grande disparità tra la condizione maschile e quella femminile, ma  questa non è la sola realtà esistente. Sono diverse le sfaccettature, le reali prospettive e realtà al femminile.
Il discorso sulle tematiche legate alla condizione femminile e al rapporto tra essa e la questione culturale è lungo e complesso e riaffiora ancora oggi, soprattutto alla luce delle importanti dichiarazioni rilasciate dalla vicepresidente iraniana, Shahindokht Molaverdi, delegata alle politiche della donna e della famiglia. La realtà del ruolo delle donne musulmane nella modernizzazione del loro mondo  mette in evidenza  la voglia di  emancipazione e le loro battaglie  con strumenti  spesso simili a quelli del femminismo occidentale. Anche la polemica contro il chador o nei confronti del  velo islamico,  simbolo di dominio maschile quando viene imposto come obbligo ma utilizzato e portato con orgoglio da molte altre donne come scelta  identitaria,  giusta e condivisibile se  frutto di una libera scelta, merita una discussione lontana da ogni  sterile generalizzazione.
Questo dimostra come il dialogo tra diverse culture e religioni  sia indispensabile fonte di risorsa, arricchimento reciproco e possibilità di crescita individuale e sociale.
Soprattutto in questo momento storico tutti dovremmo rivedere le nostre posizioni in molti ambiti, puntando sulla reale conoscenza dell'Altro e valorizzando  le differenze come arricchimento e mai come minaccia. Questo dovrebbe avvenire anche nel settore turistico e nella condivisione della cultura.Negli ultimi decenni l’Iran è stato più volte presentato come un paese insicuro e da evitare ma con l’elezione del Presidente Hassan Rohani, il Paese  inizia a vivere una fase di cauto ma reale cambiamento, portando in auge soprattutto il settore del turismo e tutte le bellezze di un paese immerso in una storia ricca ed affascinante; del resto l’Iran possiede alcune delle più spettacolari rovine antiche del mondo e dei siti religiosi, tra cui Persepolis, il sito Unesco del Patrimonio Mondiale, che risale al 515 a. c. ed è considerato la vera culla della storia dell’umanità, che comprende un ricco patrimonio architettonico che  annovera sontuosi palazzi, moschee, torri e cupole maestose e piene di fascino.
Il turismo inoltre gioca un ruolo fondamentale come mezzo di dialogo tra culture e religioni. Il complesso rapporto tra lo sviluppo del turismo e del dialogo tra fedi e culture trova il suo fondamento nella promozione della tolleranza, l'accettazione e l'interscambio culturale. La gioia di scoprirsi più vicini e simili del previsto, valica tutti i confini che dividono le culture, le ideologie, le religioni, le nazioni e qualunque altro dei modi in cui gli esseri umani definiscono e delimitano le loro identità. Le culture diverse sono espressioni di un mondo dove ogni generazione assorbe esperienze e bellezze.
L'auspicio è che si abbandoni una volta per tutte la rotta dell'islamofobia che mette sullo stesso piano Islam/terrorismo e lo sguardo sia rivolto ad una cultura che ha tanto da offrire.
Maryam Rahimi,  scrittrice iraniana nata a Teheran e residente nel Sud della nostra Italia, ci offrirà una visione più realistica e veritiera dell'Islam e della condizione della donna  in Iran.
 
 
Maryam Rahimi, lei è una scrittrice iraniana, nata a Teheran dove ha studiato economia, questo dimostra che la realtà delle donne in Iran è  differenziata e sfaccettata. Quando si parla di donne arabe, l'immaginario comune richiama alla mente concetti come  sottomissione agli uomini, mancanza di diritti civili e di prospettive al femminile,  imposizione del velo islamico. Tutto questo è realtà innegabile in diversi Paesi arabi ma non è l'unica realtà. Cosa significa nascere donna in Iran?
«Ho vissuto la metà della mia vita in Italia e l’altra metà in Iran e  una donna iraniana vive esattamente come una donna italiana. 
A mio parere, essere donna in ogni parte del mondo dipende dalla concezione che una donna ha di se stessa. La libertà corrisponde all’indipendenza della donna. Ed entrambi i concetti in ogni parte del mondo affrontano delle sfide. Naturalmente ogni donna ricerca questi concetti e si sforza per ottenerli.  Anche in Iran, le donne si trovano ad affrontare le stesse sfide delle donne italiane o di qualsiasi parte del mondo, le altre donne però per spiegare se stesse non dipendono da un governo o da eventuali concessioni da parte dello stato. 
Le donne in Iran, quando hanno compreso che non avrebbero ottenuto il consenso nella libera scelta del loro abbigliamento, si sono rivolte quindi agli studi universitari per abilitarsi e diventare indipendenti in ogni campo lavorativo. Così, dopo trentacinque anni dalla rivoluzione islamica, più del 75% dei banchi universitari sono occupati dalle donne che hanno cercato di ottenere la loro indipendenza anche imparando le diverse abilità lavorative. E nel frattempo non si sono mai arrese nei confronti della loro sfida per la scelta del loro abbigliamento. 
Quello che è evidente nel comportamento delle donne iraniane è la loro mal ubbidienza alle imposizioni del governo, come nella sfera privata della vita delle stesse».
 
Da diversi anni  risiede nel Sud della nostra  Italia. Secondo lei può essere utile promuovere   progetti culturali e di comunicazione per far emergere la soggettività delle donne migranti diffondendone le storie e la loro cultura di origine, creando un Osservatorio Permanente per condividere e monitorare le loro problematiche sociali, economiche e politiche?
«Dato che il problema del maschilismo è un problema mondiale, ancora ci sono numerose donne che soffrono della disuguaglianza tra sessi. Le donne migranti, della disuguaglianza, però, soffrono doppiamente perché spesso non vengono accettate dalle donne del paese ospitante e questo vuole dire che il cerchio delle loro conoscenze e dei loro rapporti sociali si restringe. Secondo me sarebbe molto utile promuovere progetti culturali e di comunicazione per favorire l’integrazione e la comunicazione tra i vari mondi femminili. Parlare e ascoltare le loro storie per avere l’idea di ciò che sono: cioè donne come noi. Come tutte le italiane. Magari di un'altra razza e di un’altra cultura, o semplicemente di diverso colore e con altre avventure, con storie talune volte più travagliate delle loro, ma che rispecchiano sempre le nostre gioie e sofferenze».
 
L'islam è realmente contro le donne? Il Corano cosa dice realmente a proposito del maschilismo e della volontà di sottomettere la donna e come va interpretato?
«L’ Islam è una religione come le altre religioni. Il tutto dipende da chi e da come lo interpreta. Di solito i dittatori e i fondamentalisti la usano per sottomettere il loro popolo, per togliere loro la libertà, per poter restare al potere e avere dei buoni e bravi schiavi. Io personalmente non sono una persona religiosa, come non credo all’islam non credo ad altre religioni, eppure le ho studiate tutte, dal Buddismo allo Zoroastro, dal Cristianismo all’Islam. 
Come dice il poeta persiano Sohrab Sepehri: La religione era uno scherzo pesante che mi ha fatto l’ambiente ed io per anni ero musulmano, senza avere un Dio». 
 
L' emancipazione delle donne musulmane e il femminismo islamico  nella modernizzazione in che direzione  si sta muovendo?
«Le posso parlare delle donne iraniane. La lotta delle donne è una lotta indipendente e loro nel corso degli anni passati hanno combattuto molteplici battaglie caratteristiche, esclusivamente femminili. Essenzialmente esse si svolgono per i diritti delle donne, per coloro che l’hanno progettata, organizzata e ne hanno pagato le conseguenze.
Ad esempio negli ultimi dieci anni sono loro che hanno organizzato e gestito la campagna “un milione di firme” contro le leggi discriminatorie, hanno scritto tanti articoli e hanno organizzato tante manifestazioni. Molte di loro sono state punite per ciò che hanno avuto il coraggio di fare, per aver lottato; sono state arrestate, ma non hanno smesso di protestare.
Anche se credo che la lotta delle donne sia indipendente, tuttavia, possiamo considerarla in lotta per la democrazia senza danneggiarne la sua identità, a condizione, però, che l’impegno delle donne per mantenere l’identità del movimento femminile sia riconosciuto.
Le donne che hanno sperimentato la rivoluzione e il post rivoluzione ora, con molta abilità,  pianificano le esigenze esclusive dei diritti delle donne e cercano di mantenere l’identità del loro movimento.
Fino a venti anni fa, all'inizio del movimento delle donne in Iran, la questione dei diritti femminili era così poco considerata che solo in pochi l’avevano presa sul serio.
Io vedo molto chiaro il futuro del movimento delle donne, a condizione che l'estremismo, in ogni condizione e situazione, sia evitato: per ottenere i diritti è necessaria la pazienza più di ogni altra cosa».
 
Secondo lei l'Iran di oggi è un paese sicuro e in crescita nel settore turistico? Avverte l'inizio di un nuovo corso?  
«L’Iran è un paese sicuro per il turismo. Se lei in quanto donna volesse partire in Iran come turista dovrà solo coprire i suoi cappelli con un foulard e non avrà alcun problema. 
Ma se lei avesse l’idea di pubblicare un libro in Iran sull’emancipazione delle donne, o volesse prendere la difesa di una qualsiasi prigioniera politica col ruolo di avvocato, oppure  volesse sapere il limite e il grado della libertà in questo paese allora la risposta è  no, non è sicuro. Perché dove non c’è la libertà di espressione c’è sempre il timore di finire in galera per aver espresso una qualsiasi idea che va contro ciò che è stato stabilito dai dittatori. 
Nelle ultime elezioni il popolo iraniano ha votato il presidente Hassan Rohani, sperando nei cambiamenti, ma purtroppo dopo due anni siamo stati tristemente testimoni di tante altre esecuzioni dei prigionieri politici, tanti intellettuali arrestati e imprigionati e tante altre repressioni esercitate su donne e uomini democratici. Praticamente il presidente Rohani ha deluso tutte le aspettative delle persone che lo avevano votato con la viva speranza di giungere ad uno spiraglio di libertà e democrazia».
 
Il libro  "Il sogno verde di Teheran" è  un romanzo di denuncia, che vuole richiamare l’attenzione sulla situazione politica dell’Iran, dove una parte della popolazione contesta il regime, chiedendo maggiore libertà. Quali messaggi vuole lanciare attraverso i suoi libri?
«Il 12 giugno del 2009 il presidente Mahmud Ahmadinejad è stato eletto tramite secondo mandato. Elezioni segnate da brogli che hanno dato vita ad una grande protesta nel paese e da lì ebbe vita un movimento denominato ‘movimento verde’; simbolo del movimento erano i cartelli sui quali era riportata la frase: ‘’ dov’è il mio voto?”, tutto ciò seguito da una durissima repressione da parte del regime. Nel romanzo ‘Il sogno verde di Teheran’, ho raccontato la vicenda di una donna migrante in Italia che parte all’Iran per partecipare alle proteste e alle manifestazioni contro i brogli delle elezioni. La mia protagonista partecipa a tutto ciò e io, attraverso lei, racconto tutto quello che era accaduto in quei giorni.
I miei libri sono tutti romanzi che raccontano le donne alla costante difesa dei propri diritti».  
 


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