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MICHELE RIONDINO/ CHE SFIDA, MONTALBANO!

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

2
OTT
2015
Il protagonista della fiction più amata dagli italiani fa vibrare d’orgoglio il cuore dei tarantini, con i quali condivide i natali, e di chi spera di riuscire a cogliere, come lui, l’occasione della vita. E pensare che non voleva neanche farlo…
 
Lunedì sera. La tivù è sintonizzata su Rai1 e l’attenzione è interamente rivolta a quel bel ragazzo dai capelli ricci e la barba incolta che da settimane ci fa restare con gli occhi attaccati allo schermo e che, in quanto a bravura, non è certo secondo al suo predecessore Zingaretti.
Il set del Giovane Montalbano torna a tingersi di rossoblu con il protagonista Michele Riondino, tarantino doc. Impegnato socialmente per la tutela e la rinascita del nostro territorio, Riondino è la dimostrazione che i sogni si realizzano. A patto però che si sia disposti a studiare, lottare, fare sacrifici e tanta gavetta. Niente scorciatoie. Solo conquistandola, la vittoria ha un buon sapore.
Proprio lui, che ce l’ha fatta, è stato l’ospite d’onore della cerimonia conclusiva dell’Atelier Film Maker, corso per aspiranti cineasti gestito dalla coop Crest, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura di Statte.
 
Cosa pensi delle iniziative che vengono fatte in questo territorio per permettere ai giovani di approcciarsi all’arte cinematografica?
«Ritengo che questi progetti siano necessari. Occorre creare questi momenti, questi spazi di studio, ma serve anche mantenerli e finanziarli. Serve l’impegno delle amministrazioni e, nel caso dell’Atelier Film Making, è ammirevole l’impegno del comune di Statte e ciò che, attraverso la figura dell’assessore alla cultura Armando Grassi, è riuscito a fare pur essendo a fine mandato. Tutto ciò denota una voglia di far crescere il territorio e di portare i giovani a interfacciarsi con il mondo delle arti. Gaetano Colella, poi, tra gli ideatori dell’Atelier, si spende tantissimo per la rinascita culturale di Taranto; questa non è la prima occasione da lui creata e non sarà l’ultima. Il suo impegno al Crest, del resto, è evidente. Quando mi è stato chiesto il parere su questa scuola abbiamo pensato in grande. Spero che continui e che venga dato un seguito a questo progetto, perché anche i professionisti desiderano divulgare la materia. Non è difficile trovare grandi registi che possano trasmettere la propria passione ai ragazzi».
 
Il nostro territorio, inoltre, offre dal punto cinematografico degli ottimi scenari. Non a caso si è parlato spesso della creazione di un cineporto, il quale rappresenterebbe una valida opportunità di crescita per la città di Taranto. 
L’Atelier ha rappresentato per i ragazzi un’occasione per approcciarsi al mondo del cinema. E a proposito di occasioni, la tua più grande è stata quella del Giovane Montalbano. C’è stato un momento in cui hai temuto che potesse non arrivare mai?
«Beh, vedi, a me piace guardare all’esperienza di Montalbano come alla possibilità per un attore di lavorare a stretto contatto con un autore e di poter approfondire un personaggio con un vissuto tale che chiunque ormai sa di cosa si tratta. Dal punto di vista attoriale è stata, ed è tuttora, un’esperienza molto formativa, poiché, data la durata della serie, è come se io avessi avuto l’opportunità di sviluppare un personaggio per un film che dura sei ore. Dal punto di vista mediatico, inoltre, mi ha fatto conoscere al grande pubblico, anche se la mia vera svolta è avvenuta con “Il passato è una terra straniera”. Il resto è arrivato di conseguenza, perché ho saputo giocarmi bene quella carta. Mi piace pensare che Il giovane Montalbano sia la conseguenza, il frutto di un lavoro che è stato fatto con gli anni».
 
Questo potrebbe essere il consiglio per i ragazzi dell’Atelier e per chiunque abbia voglia di realizzare i propri sogni: non arrendersi mai.
«Sì, continuare, insistere. Ci tengo a dire che esistono le sconfitte, i no; soprattutto in questo campo ne esistono parecchi poiché nulla ti è dovuto. Si possono ricevere molte porte in faccia, ma se si ha la consapevolezza di aver lavorato sempre al massimo e di aver fatto tutto il possibile, si va a letto con la coscienza pulita. Purtroppo sono gli altri che decidono se puoi o meno interpretare un ruolo, ma bisogna fare di tutto per far sì che quell’occasione, la grande svolta, capiti».
 
Una domanda che ti avranno fatto in molti: il fatto che Salvo Montalbano sia stato interpretato per tanti anni da un altro attore, amatissimo per giunta, ha pesato su di te? L’ombra di Zingaretti è stata più una sfida o un ostacolo? 
«Più che l’ombra di Zingaretti, ha gravato su di me il  pensiero che un attore di tale bravura fosse riuscito a riempire e a far suo in maniera così completa un personaggio da entrare nell’immaginario comune, al punto che ognuno pensando al commissario siciliano, gli dà automaticamente le sue sembianze. Non nascondo che all’inizio è stato difficile per me accettare la sfida, perché inevitabilmente significava mettersi nelle condizioni di poter fallire o di essere giudicati o confrontati con un attore eccezionale. Io non lo volevo fare (ride, ndr). Quando, tuttavia, ho parlato con Camilleri e Tavarelli, e con lo stesso Zingaretti, ho capito che quella era una sfida da raccogliere, che poteva essere una di quelle cose che poi ti penti di non aver fatto».
 
Devo dirti, senza ombra di dubbio alcuno, che la sfida l’hai vinta pienamente. Come è stato lavorare con Andrea Camilleri?
«Camilleri è diventato un amico, un confidente. Si è sempre messo a totale disposizione per ogni dubbio che io avessi potuto avere nel corso delle riprese. Addirittura, ricordo che nella prima stagione avevo grosse difficoltà nel girare una scena nella quale dovevo rendere appieno il rapporto che Montalbano aveva con suo padre. L’ho chiamato per confidargli le mie perplessità e lì ho capito la sua immensa grandezza. Mi ha ascoltato con attenzione e ha modificato la scena su di me.Lui, un artista curioso e un autore straordinario, che ascolta anche un ragazzino come me. Un grande professionista».
 
A quali progetti stai lavorando al momento?
«Sto lavorando a uno spettacolo per la regia di Davide Iodice: una riscrittura, a opera di Valeria Parrella, del mito di Orfeo e Euridice. Bellissimo. Lo porteremo in scena anche qui in Puglia: siete tutti invitati. E poi a novembre sarò impegnato in un nuovo lavoro, ma quello, al momento, è assolutamente top secret». 
 


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