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Donato Carrisi/Non fatemi cantare

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

24
DIC
2015

Mostri da prima pagina, un investigatore dandy, talk show. Ma anche Umberto Eco e Al Bano. In occasione dell’uscita del suo ultimo romanzo, “La Ragazza nella nebbia", lo scrittore di thriller più letto ci parla di molte cose, e per fortuna non è suo cugino

 

"Donato Carrisi non è potuto venire! Io sono suo cugino!". Così esordisce l'autore alla presentazione del suo libro, sciogliendo subito il ghiaccio e mettendo a proprio agio il pubblico presente in sala con la sua prima battuta. Resta in piedi, perchè durante le presentazioni il pubblico deve stare comodo e lui deve essere a completa disposizione mettendo da parte tutte le formalità e i toni troppo impostati ed eliminando qualsiasi forma di distanza: «Mettetevi nei miei panni: partire dalla Puglia, con un cognome come il mio non è stato facile! Tutti pretendevano sapessi almeno cantare!»

Donato Carrisi è nato infatti a Martina Franca anche se ormai è romano d'adozione, ma mantiene un legame forte con le sue origini e ricorda la sofferenza provata nel lasciare tutto e nell'allontanarsi dagli affetti più cari: «... ma se non fossi partito non sarei mai diventato realmente me stesso e non avrei mai potuto rendere i miei cari orgogliosi e fieri di me». Dal 15 gennaio del 2009, data di uscita del "Suggeritore", in meno di sette anni Donato si è imposto nel mondo della narrativa mondiale. Nell'autunno dello stesso anno si aggiudica il premio Bancarella restando per una trentina di settimane nella classifica dei più venduti, tradotto in oltre venti paesi e conquistando letteralmente fan illustri come Michael Connelly e Ken Follet. Dopo due anni è la volta del "Tribunale delle anime" che ha lo stesso successo di pubblicazione, mentre il Suggeritore ormai vive di vita propria e continua a vendere e a raccogliere premi in tutto il mondo, fra i quali il prestigioso Prix Polar.  Nel 2013 arriva "L’ipotesi del male", che ripropone ai lettori la protagonista del “Suggeritore”, Mila Vasquez. Dopo solo un anno, nel 2014 esce "Il cacciatore del buio" che è il seguito del "Tribunale delle anime" e ne ricalca lo stesso successo. "La ragazza nella nebbia" non tarda a raccogliere consensi e lo dimostrano le 100000 copie vendute e le tre edizioni in tre settimane. 

Abbiamo incontrato Donato Carrisi al Caffè Letterario "Cibo per la Mente" a Taranto.

 

Donato, negli ultimi anni si parla di un vero boom del giallo e dei suoi sottogeneri (thriller e noir). In realtà i gialli hanno sempre venduto, ma forse la vera novità del successo del giallo sta nel fatto che adesso viene considerato letteratura alta, mentre prima era considerato letteratura media o bassa. Come è successo secondo te?

 

«La passione per questo genere c'è sempre stata, ma il cambiamento epocale da genere di serie B a genere di serie A è avvenuto probabilmente perchè racconta molto meglio degli altri il presente e l'attualità, ma soprattutto le nostre paure che ormai sono diventate il vero business. Non dimentichiamo che il vero padre di questo genere è stato Umberto Eco, ma mentre nel mondo gli altri autori stranieri l'hanno sempre "copiato" noi abbiamo lasciato che il suo genere venisse in qualche modo declassato per poi svegliarci troppo tardi». 

 

"Al pubblico non interessa la giustizia, ma solo il mostro; La giustizia non fa ascolti." E' questa la frase di lancio ad effetto del tuo nuovo romanzo "La ragazza nella nebbia". Un thriller incentrato più che sul delitto e sul ritrovamento della piccola Anna Lou, alla spettacolarizzazione delle indagini creata dello show mediatico da dare in pasto al pubblico. Una tematica che mi ha ricordato molto il film "Sbatti il mostro in prima pagina" di Marco Bellocchio che racconta come un importante giornale possa manipolare l'informazione pubblica, e lo svolgersi delle vicende, per indurre una voluta reazione nel pubblico. Ma nel tuo romanzo il ruolo del manipolatore mediatico è ricoperto da un agente speciale, Vogel, un investigatore dallo stile dandy, sui generis, conteso dai talk show. Nel tuo romanzo quindi hai preso il clichè classico dell'investigatore come eroe che riporta a galla la verità, solo per il gusto di stravolgerlo: è così?

 

«Anche negli altri romanzi mi sono divertito a smontare i clichè classici perché rende più efficaci e spiazzanti i colpi di scena. Vogel è un poliziotto sui generis che non indaga con la polizia scientifica, le impronte digitali o il dna; non se ne frega nulla, perchè è lui ad utilizzare i media per indagare e creare lo show attribuendo ad ognuno il suo ruolo: la vittima da santificare e il mostro da mettere alla gogna. Di certo questa è una novità per un romanzo thriller, ma non è poi così distante da quello che succede nella realtà dove  l'esposizione mediatica ai casi di cronaca nera è diventata familiare quando succedono tragedie come quella di Anna Lou, la protagonista del mio libro: la morbosità del gossip, talk show del mattino, pomeriggio e sera con esperti e non pronti a giudicare per conquistare i 15 minuti di attenzione, la creazione di una vera e propria fiction per il pubblico a casa ma senza i reali costi di una fiction. E' proprio questa la "nebbia" sulla quale voglio far riflettere: la "nebbia mediatica"».

 

"La prima regola di ogni grande romanziere è copiare. Nessuno lo ammette, ma tutti si ispirano a un'opera precedente o a un altro autore." Queste sono le parole che fai dire ad un altro dei personaggi della tua storia, il professor Loris Martini.  Donato tu a chi ti ispiri?

 

«Io copio da tutti! Per diventare un bravo scrittore bisogna prima di tutto essere un ottimo lettore. E' un consiglio che do sempre anche agli esordienti: è necessario leggere almeno 30 libri ogni anno, vedere tantissimi film, serie tv, leggere i giornali ed essere costantemente aggiornati. E' il punto di partenza».

 

"La notte in cui tutto cambiò per sempre...". Già dall'incipit questo libro ci tiene incollati alle sue pagine in un ritmo crescente di flash back e colpi di scena. Anche in questo romanzo la geografia del posto resta misteriosamente imprecisata: Avechot, "Un piccolo paese rintanato in una valle profonda tra le Alpi". Perchè la scelta dei "non luoghi" come ambientazione?

«A me serve semplicemente creare uno “scenario”, una terra di confine dove si sviluppa il male. Non mi importa parlare di un luogo realmente esistente, anche se alla fine tutti i posti che descrivo sono facilmente riconoscibili. I "non luoghi" possono essere percepiti dal lettore come lontani o vicinissimi. Così come i nomi stranieri che do ai protagonisti... alcuni li leggono come se fossero francesi, altri tedeschi... ed è questo che mi piace: lasciare la libertà di interpretare».  

 

Hai una tua tecnica di scrittura? Inizi a raccogliere spunti e idee gradualmente? Oppure costruisci la storia intorno al finale sapendo fin dal principio chi è l’assassino?  

«Conosco sempre il finale fin dal principio. Devo sapere subito dove e come condurre il lettore nel "viaggio" che racconto». 

 

Donato sei un lettore “digitale”?

«Direi di no. Ho un rapporto quasi carnale e morboso con il libro cartaceo. Anche quando viaggio non riesco a farne a meno; ho tantissimi libri in casa e non so più dove metterli».

 

Quali autori ci sono ora sul tuo comodino?

«Attualmente sto leggendo il romanzo di Peter James "Una morte semplice” e “Dolores Claiborne” di Stephen King».

 

I tuoi progetti per il futuro?

«Per anni mi sono occupato di cinema e televisione scrivendo numerose sceneggiature, ma questa storia segnerà il mio esordio alla regia cinematografica...  e sto anche lavorando all’adattamento dei  romanzi dedicati al personaggio di Marcus per una serie televisiva».

 



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