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Incontri/ Il Giovane Cavaliere e il dono di sé

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

18
FEB
2016
La storia di Laura Mazzeri, sottoposta a trapianto di fegato dopo aver scoperto di avere una grave malattia, testimonia il dono di sé che qualcuno ha scelto di fare, e il suo libro "Tra due vite" è  un modo per far conoscere il mondo solidale, complesso e meraviglioso che si muove intorno ai trapianti
 
 
Oggi è possibile dichiarare la propria scelta  in molti modi (anagrafe, ASL di riferimento, iscrizione all'Aido o tramite una semplice dichiarazione scritta che contenga i propri dati personali e la dichiarazione di volontà con  data e firma  da conservare tra i documenti personali. Laura Mazzeri  ha avuto il dono di una nuova esistenza, vive a Milano con il marito e due figli in una famiglia multietnica.
 
"Tra due vite", è un libro che racconta lo spartiacque dovuto al trapianto di fegato e il punto di incrocio tra due vite: quella del donatore e quella di chi ha potuto continuare a vivere grazie a quel dono. Una nuova rinascita che si deve confrontare anche con la vita che non c'è più, quella del ''Giovane Cavaliere". Come ha affrontato un  simile cambiamento?
«La malattia grave è un evento molto complesso e il trapianto lo è ancora di più. Mi sono preparata all'incrocio tra le due vite – la mia e quella del donatore – durante i mesi dell'attesa ma l'impatto è stato comunque fortissimo. Il trapianto è un momento epocale: stavo per morire e invece mi risveglio a nuova vita mentre quella del donatore non c'è più. Tra Due Vite, quindi, con questo doppio significato. Non c'è un modo unico, non c'è una "ricetta" standard per affrontare un simile cambiamento. Ognuno lo fa a suo modo e con le risorse che ha a disposizione. Per quanto mi riguarda ho potuto contare sulla presenza umana dei miei familiari, sull'aiuto di numerosi amici e sulla competenza di uno psicoterapeuta esperto nel sostegno alle persone a rischio di vita. Questa solida rete di sostegno mi ha permesso di poter attivare al
meglio le mie personali risorse: una grande fiducia nella vita, il potere creativo e rigenerativo della scrittura».
 
"Si sta come d'autunno/ sugli alberi/ le foglie", scriveva Ungaretti. Aspettare un trapianto è dal punto di vista psicologico e fisico una situazione estrema. Come ha vissuto il tempo della lista d'attesa?
«L'attesa per il trapianto è regolata da una lista inserita nel sistema informatico degli ospedali, si sale verso la vetta della graduatoria man mano che la malattia si aggrava. Data la scarsità di organi a disposizione, l'attesa può essere anche  molto lunga. È un periodo che può durare alcuni o molti mesi, in alcuni casi anni. Non tutti ce la fanno, muoiono prima di arrivare al trapianto. La consapevolezza di poter morire rende questo periodo molto particolare e unico nella vita: oscillavo tra paura e speranza, con un pensiero sempre rivolto al potenziale donatore. Sì, è una situazione estrema. Si sta al confine tra il territorio della vita e il mistero della morte. Ma è proprio per questo stare in una zona di confine che si può gettare uno sguardo nuovo sulla vita che ancora è a disposizione. In lista d'attesa, forzatamente inattiva tra casa e ospedale, ho ritrovato il senso più profondo della mia esistenza, ho colto a piene mani il flusso della vita. Dentro la malattia grave ognuno scopre improvvisamente ciò che di più conta, ciò che è davvero importante. Per me sono state le relazioni umane, divenute più profonde, e la riscoperta di un grande potenziale creativo racchiuso dentro di me: la scrittura, la musica, il grande potere dell'immaginazione creativa».
 
Una storia così particolare e "rara" riguarda anche chi non ha vissuto questa esperienza, perché nella vita di  ognuno avviene, prima o poi, un qualche evento traumatico che segna il confine tra un prima e un dopo.Un evento che richiama inevitabilmente la paura della morte, dell'angoscia, dell'eterna lotta tra Eros e Thanatos. Raccontare la voglia di sconfiggere la malattia e il dolore attraverso la scrittura quale valore ha dal suo punto di vista?
«Tutti, chi più chi meno, siamo destinati a vivere momenti di crisi ed eventi traumatici. Fa parte dei rischi del vivere! Per me, accanita lettrice da sempre, prendere attivamente la penna è stato un modo per far funzionare una risorsa della mente che mi appartiene da sempre: la potenza della narrazione. In un primo tempo la scrittura è stata uno sfogo immediato attraverso appunti, frammenti, pagine di diario, annotazioni. Avevo un quadernino e una matita sempre con me, sul comodino o nella borsa. Fermavo i pensieri con brevi frasi, a volte anche con una sola parola. Poi, con il passare dei mesi in lista d'attesa, la scrittura è diventata più corposa, è diventata un potente strumento di "meditazione" e di riflessione. Attraverso la scrittura ho incontrato parti di me che non conoscevo. Una scoperta entusiasmante che mi ha regalato una grande forza, pur nella debolezza della malattia che andava aggravandosi rapidamente. Dopo il trapianto, infine, ho deciso di approfondire la scrittura autobiografica, mi sono formata alla Libera Università dell'Autobiografia
di Anghiari (www.lua.it) e da lì si è messo in moto un processo inarrestabile che mi ha portato – nel tempo e con molta pazienza – a scrivere Tra Due Vite. Una nuova vita grazie anche alla scrittura, quindi».
 
Per esorcizzare la  paura e per sensibilizzare sul delicato argomento dei trapianti ha aperto un blog e poi ha realizzato un cortometraggio. La creatività è stata la sua strategia vincente per non soccombere?
«Sì, è stato così. Quello che in quel periodo ho chiamato "sforzo creativo" è stato proprio il mio modo di resistere, di mostrare a me stessa, prima ancora che ad altri, il profondo legame con la vita intesa come atto creativo. Ognuno è soggetto agli eventi più disparati ma la forma che noi diamo al nostro vivere dipende in gran parte da noi. Il blog "Cambiofegato" ( purtroppo oggi non più visibile in rete) è stato un primo passo verso una scrittura rivolta non più solo a me stessa ma anche ad altri. Il cortometraggio, oggi liberamente visibile (www.agamafilm.com) è stato un lavoro di gruppo: io e alcuni amici con poche risorse e molta fantasia abbiamo creato un piccolo film che per me aveva il valore di una testimonianza e di un lascito spirituale nel caso le cose fossero andate male. Johnny Dell'Orto mi ha aiutato nella regia. Arsene Duevi, il direttore del coro in cui canto da anni, mi ha donato la splendida musica (www.arseneduevi.it). Scrittura, musica e film sono stati potenti strumenti per prendermi cura di me e del mio contesto di vita».
 
Dopo il trapianto, durante le notti in ospedale, è nata la poesia "Giovane Cavaliere" dedicata al donatore. Quando pensa a lui quali immagini le vengono in mente?
«Esattamente quelle espresse nella poesia. Il legame interiore con il proprio donatore è un tema saliente per tutti i trapiantati anche se ognuno lo vive nel modo che gli è proprio. La scrittura, e in special modo la poesia Giovane Cavaliere, mi ha permesso di esprimere ciò che nella vita di tutti i giorni non si riesce a dire. Il legame con il donatore è profondo ed è per sempre».
 
Lei ha cercato di far arrivare ai familiari del donatore alcune lettere tramite il NITP (North Italian Transplant Program) il quale però vieta i contatti con le famiglie dei trapiantati per non indurre nei familiari fantasie di continuità di vita del loro congiunto. Oltre alle lettere  ha  cercato di creare un contatto diretto con la famiglia del  donatore?
«No, non ho mai cercato di conoscere la famiglia del donatore. In tutti i trapiantati la curiosità è presente ma, per quanto mi riguarda, sento che l'aspetto davvero meraviglioso del trapianto sia la dimensione del dono in sé, della sua gratuità. Il dono degli organi viene offerto alla comunità, non a una persona particolare.
Ho ricevuto un dono, una nuova vita e ora restituisco alla comunità ciò che da essa ho ricevuto: faccio volontariato, scrivo e conduco gruppi di scrittura. Ciò che conta è il dono in sé, non la singola persona. È un legame spirituale e corporeo nello stesso tempo, per me poetico, non personale. Le lettere al donatore presenti nel libro sono una strategia narrativa per poter scrivere di me e del mio rapporto con l'atto donativo».
 
Il suo caso è un chiaro esempio dell'importanza di sensibilizzare alla donazione degli organi. Quale messaggio si sente di lanciare ai possibili donatori e a chi vive la sua situazione?
«Tutti possiamo essere potenziali donatore di organi e oggi è possibile dichiararlo in molti modi (anagrafe, ASL,iscrizione all'Aido o un semplice biglietto nel portafoglio con l'espressione della propria volontà). Per farlo con consapevolezza è però necessario essere informati e conoscere a fondo il tema. Spero che la diffusione del libro sia anche un modo per far conoscere il mondo solidale e meraviglioso che si muove intorno ai trapianti.
La donazione è un atto gratuito e tipicamente umano: doniamo alla comunità perché tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri. Si può essere donatori di organi da morti ma anche donatori di sangue, midollo e tempo (volontariato) quando siamo ancora in vita. A volte doniamo, a volte riceviamo. È un circolo virtuoso. Tutte le volte che doniamo il nostro tempo e la nostra attenzione agli altri rendiamo migliori noi stessi e il mondo intero».
 



Commenti:

Giuliano 20/FEB/2016

Questo libro io l'ho letto. Talvolta sono tornato indietro per capire meglio, o solamente per capire. In questo libro non c'è niente da capire se non riesci ad emozionarti pagina dopo pagina. Rare volte mi sono emozionato immedesimandomi nel personaggio del racconto. leggendo "Tra due vite" non mi sono solo emozionato, spesso mi sono commosso. Grazie Laura. Grazie anche a Laura Giacomelli che mi fatto incontrare la prima Laura.

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