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Non c´è rosa che non muoia

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

25
FEB
2016
Era, per me, l’incarnazione del Piacere della cultura, della parola, dello studio. Era la Civil Conversazione, era la Gaia Scienza, lo leggevo con divertimento e avidità, con una specie di riso interiore, quand’erano bustine di Minerva, e, quand’erano articoli accademici o saggi ponderosi, con la massima concentrazione di cui ero capace da ragazzo. Ma non perché fosse poco chiaro, anzi. Era il contrario dell’oscurità, era un genio di chiarezza e perspicuità; le sue pagine erano luminose. E per un ragazzino di Martina Franca, dans le plus fin fond de sa province, un tipetto gracile, oppresso dai bulli in tempi in cui di bullismo neanche si parlava, costretto a trasformarsi in secchione occhialuto per non soccombere alla tristezza, senza il conforto di una bella biblioteca municipale, ebbene, Lui era un faro sfavillante di vera speranza. E non c’è enfasi in quello che scrivo, abbandonandomi al ricordo dei miei “primi incontri” cartacei con lui. Appuntamenti preziosi, attesi con trepidazione, perché era un uomo arguto e “placevole molto”, e non solamente brillante, facondo e intellettualmente smagliante; era un intellettuale che metteva allegria e che si leggeva con gioia. Ogni suo pezzo era galvanizzante; nessuno escluso. Era una boccata d’aria di montagna, era un tonico prezioso. Umberto Eco ha addolcito la mia adolescenza, mi ha trasmesso l’amore per i libri, ha indotto mia madre a sguinzagliarmi sulla bella, perigliosa avenue degli studi umanistici. Umberto Eco mi stava simpatico per tanti motivi, e tante cose avrei voluto dirgli, e invece... non l’ho mai neppure incrociato. Non ho aneddoti gustosi su di lui. Accarezzo il mio ricordo tutto cartaceo, e lui sorride dal buffo francobollo di Tullio Pericoli, un avatar che tutti conoscono. Leggo la notizia e non ho il coraggio di aprire un coccodrillo fra i tanti. Mi piacerebbe che qualche libraio allestisse, oggi, con una caterva di libri degli autori che Lui ha amato, una delicata impalcatura di angeli di cellulosa: come sul Bergotte di Proust, quei volumi sacri e profani, divini o diabolici, Boccaccio, Rabelais, Dumas, Manzoni, De Amicis, Joyce, Carolina Invernizio, Ian Fleming, veglierebbero su di lui, listati a lutto, o lo saluterebbero da quaggiù, dal fondo della valle in cui non c’è Rosa che non muoia. Canterebbero una ballata antica, riconoscenti e commossi, e la canterebbero anche a nome mio… Tiziano Sclavi gli ha reso omaggio in un bellissimo numero di Dylan Dog: Lassù qualcuno ci chiama. Lo ha ribattezzato Humbert Coe, e Umberto da Bologna ne è stato felice. Lui che una volta ha detto che non si stancherebbe mai di rileggere la Bibbia, Omero e Dylan Dog. Lassù qualcuno legge e studia, alla luce di una riposante ministeriale di opalina verde, nei labirinti della Biblioteca della Babele Celeste…
 


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