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Gianluigi Nuzzi/Per il buon nome della chiesa

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

3
MAR
2016
Da tempo il noto giornalista televisivo accende i riflettori sul buio che avvolge dedali insospettabili dello Stato Vaticano, luogo sacro per antonomasia. Durante la presentazione tarantina del suo nuovo libro-inchiesta “Via Crucis” molte sono le notizie venute a galla, finora rigorosamente top secret
 
Qualche giorno fa, a Taranto, presso l’Auditorium “A. Summa”, Gianluigi Nuzzi ha presentato il suo nuovo libro-inchiesta “Via Crucis”. Un racconto dettagliato e documentato su quel che mai e poi mai una grossa fetta di clero avrebbe sperato fosse rivelato ai fedeli. Generalmente la ‘casta sacerdotale’ ama divulgare un dictat formale e ineccepibile nei confronti dei credenti, sempre dell’avviso che occorra seppellire il marcio: vale il “tacere per il buon nome della chiesa”. Un buon nome sostenibile per certi aspetti, non certo per altri decisamente discutibili. Intanto e da tempo, il noto giornalista televisivo accende i riflettori sul buio pesto che avvolge dedali insospettabili dello Stato Vaticano, luogo sacro per antonomasia. Qui vi abitano i massimi rappresentanti della stirpe ecclesiastica cattolica. E’ la monarchia più potente e più ricca che si conosca. Il Papa quindi dovrebbe essere il sovrano più influente del pianeta. Ecco, su quest’ultima osservazione, le rivelazioni di Nuzzi aprono un delicato squarcio sulla concezione di autorità papale. Autorità che indubbiamente c’è e si afferma ormai da due millenni, ma non sono sempre rose e viole. Come accaduto per alcuni pontefici del passato. Ancora oggi si scopre quanto faticoso sia per taluni ricoprirne il  ruolo. Non che sia difficile attuare la ‘Verità’ evangelica allorquando invita all’amore e alla condivisione, alla mansuetudine e alla umiltà, ma sempre più impervio è farla osservare, in particolare agli alti e meno alti prelati. Ebbene sì; da quel che si apprende leggendo le inchieste realizzate da Nuzzi, a cominciare dal suo ‘Vaticano S.P.A.’ (2009), sino a ‘Via Crucis’ in quel piccolo Stato (solo per estensione) si consumano avidità, lussuria, perversione. Sin dall’introduzione dell’ultima fatica del noto giornalista, si avverte la presenza di forze contingenti dai loschi contorni: “dopo appena diciotto giorni di pontificato, Papa Giovanni Paolo I scopre che all’interno della curia si muove una potente lobby massonica con centoventuno iscritti… cardinali, vescovi e presbiteri non seguono le parole del Vangelo, ma rispondono al giuramento della fratellanza muratoria”. Albino Luciani è sconcerto. Stato d’animo che indubbiamente coinvolgerebbe tutti quei fedeli che ripongono nei servi di Jahvè massima fiducia. Scrivo al condizionale, perché ‘certe’ notizie sono e restano top secret, tanto che lo stesso Nuzzi spiega si debba ricorrere alla pubblicazione di un libro per renderle note. Infatti dal Vaticano possono essere divulgati solo eventi filtrati e molto. E, magari, chi deve ‘filtrare’ è implicato in comportamenti triviali. Ma torniamo all’ex Patriarca di Venezia che, appena una settimana dopo la sua elezione a vescovo di Roma, decide di preparare un piano di riforma radicale della curia. Informa il segretario di Stato, cardinale Jean-Marie Villot dei cambiamenti che intende realizzare e gli consegna una lista di porporati da rimuovere l’indomani stesso. “I primi nomi sono quelli del card. Paul Casimir Marcinkus che dirige la banca vaticana, lo Ior, e dei suoi più stretti collaboratori: Luigi Mennini e Pellegrino de Strobel..mons. Donato De Bonis” perché troppo legati ai banchieri Michele Sindona e Roberto Calvi. E' ormai noto che il capo indiscusso della banca vaticana, mons. Marcinkus, assieme a Calvi, organizza un intricato sistema di 'società fantasma' con sede in paradisi fiscali (dal Lussemburgo a Panama) dove riversare centinaia di miliardi di lire attinte dalle casse del Banco Ambrosiano. Marcinkus, lo stesso che si dice ebbe a che fare con la scomparsa di Emanuela Orlandi (1983), in quella losca vicenda legata alla Banda della Magliana,di cui uno dei suoi esponenti di spicco, Enrico De Pedis, morto in seguito ad un agguato,verrà sepolto nella basilica di Sant'Apollinare fino al 2012. Marcinkus sarà mai punito? No, lascerà Roma nel 1997, per trascorrere una tranquilla pensione negli Stati Uniti dove morirà nel 2006,nonostante la Magistratura italiana ne avesse chiesto l’arresto per i fatti legati allo scandalo del Banco Ambrosiano, impedito a causa dei Patti Lateranensi che lo salvarono. “Nonostante il marcio venuto fuori dalla gestione Marcinkus, il modus operandi dell'Istituto non cambiò negli anni a seguire” scrive Claudio Forleo. Infatti gli successe Angelo Caloia in qualità di Presidente, ma a gestire una rete finanziaria ‘parallela’ sarà il prelato Donato De Bonis, già numero due di Marcinkus, in ottimi rapporti con Francesco Cossiga e Giulio Andreotti. Il tutto l’ha ampliamente documentato proprio Gianluigi Nuzzi in Vaticano Spa tramite l'archivio ricevuta da mons. Renato Dardozzi, sacerdote e consigliere della segreteria di Stato vaticana, il quale alla sua morte lasciò al giornalista migliaia di documenti segreti per ricostruire i passaggi più oscuri degli affari dello IOR: dal denaro utilizzato per la maxitangente Enimont (150 miliardi di vecchie lire), pagata da Raul Gardini ai politici della Prima Repubblica, ai movimenti sospetti sui conti gestiti da De Bonis in un documento inviato a Stanislao Dziwisz segretario particolare di Wojtyla. Tutto ignoto sino a qualche lustro fa. Per giunta,durante il pontificato di Giovanni Paolo II, è certo che il Vaticano abbia finanziato Solidarnosc, il sindacato guidato da Lech Walesa (premio Nobel per la Pace nel 1983 e presidente della repubblica polacca dopo la caduta del regime sovietico), con l'ok della P2, che approva i finanziamenti in ottica anticomunista. “Nel settembre 1980 Calvi mi confidò di essere preoccupato perché doveva pagare una somma di 80 milioni di dollari al movimento sindacale polacco Solidarnosc, e aveva solo una settimana di tempo per versare il denaro” dichiarerà proprio Licio Gelli. Ora, non per scalfire il Pontificato del Wojtyla,santo dal 2014, ancora molto amato da tanti cattolici cristiani e oltre, probabilmente ignari delle segrete che hanno ammaccato il suo pontificato in virtù di quanto si apprenderà in seguito. Perché, potrà sembrare assurdo, ma anche lui coprì indegnamente per esempio lo scandalo dei preti pedofili. Fece particolare scalpore il caso del sacerdote Marcial, fondatore dei Legionari di Cristo, già espulso dai gesuiti. Si ricorderà quando nel 1978 un responsabile della Congregazione degli Stati Uniti inviò in Vaticano un esposto su Maciel, in cui gli si attribuivano moltissimi abusi sessuali su minori. Caso che, però, diventa di dominio pubblico nel 1997 e l’alto prelato verrà sospeso solo nel 2006,ovvero un anno dopo la morte di Giovanni Paolo II. Beh, quel “Santo Subito”, a mio modesto parere, avrebbe dovuto essere approfondito. A proposito di beatificazioni e santificazioni sapete quanto si paga per diventare santi? Settecentocinquantamilaeuro! più alcune decine di migliaia di euro al postulatore, o mediatore che sia. Un affare quasi milionario per la Chiesa; decisamente inaccessibile per chi ha vissuto in autentica santità e non possiede fondi per accedere nell’empireo canonico dei divini. Nuzzi, come sempre, fa i nomi e cognomi, anche soprannomi. A tal proposito, particolarmente intrigante è quello di "monsignor Jessica", che anima le notti romane e che ritroviamo in diversi atti giudiziari della procura di Roma su questioni poco chiare, dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, alla cricca degli appalti sempre poco trasparenti. Dopo il grande e benefico atto di umiltà di Benedetto XVI, dopo le sue dimissioni, giunge dalla lontana Argentina il cardinale Jorge Mario Bergoglio, che preso il nome del poverello di Assisi salirà al trono di Pietro col nome di Papa Francesco I (profetico a tal proposito il romanzo di don Paolo Farinella “Habemus Papam” pubblicato nel 2012 che immagina e racconta di un Papa Francesco I che abolisce ogni fasto presbiteriale, sino al Vaticano stesso, per restare un semplice pellegrino sulle strade della terra). Fa pensare la scelta immediata di Papa Bergoglio di non abitare il lussuoso appartamento destinato ai pontefici in Vaticano, per vivere in Santa Marta, un edificio-hotel a cinque piani che si trova ai margini della Città del Vaticano. E Nuzzi continua a scrivere: la sua ennesima inchiesta siede al centro di polemiche e dibattiti. Benpensanti e malpensanti non possono eludere quanto l’autore elogi la lotta di Papa Francesco contro la corruzione della Chiesa. Quella Chiesa che investe i propri capitali addirittura per finanziare armi, pornografia e molto altro ancora. Il giornalista di Mediaset racconta in Via Crucis di quando il 3 luglio 2013, Bergoglio incontra i cardinali della Curia dicendo che i costi sono fuori controllo e che bisogna stare attenti perché gli è stato riferito che in Svizzera la Santa Sede aveva perso 10 milioni di euro per un investimento sbagliato. Immaginiamo la reazione del santo Padre quando apprende che più del 60 per cento erano stati utilizzati per la fabbricazione di armi. Un deficit che proviene dai fasti cardinalizi e le loro regge a canone zero; non ultima la fabbrica dei santi (750mila eu), le offerte dei fedeli sottratte alla beneficenza, i furti e le truffe commerciali, il buco nero delle pensioni, le veline e i veleni di chi tenta in ogni modo di sabotare l’azione depurativa del papa. Nuzzi ottiene addirittura le registrazioni delle conversazioni di Bergoglio quando tratta i predetti argomenti durante riunioni riservate. “Il processo di miglioramento è lento, ma inesorabile” sottolinea il giornalista e descrive quanto lo Stato straniero (Vaticano) infici quello italiano. Si pensi, dice che “il direttore del più grande giornale italiano doveva avere il benestare del Vaticano per pubblicare le notizie; così quelle del Tg1, la rete ammiraglia di Stato, dovevano essere vagliate dal Vaticano, tanto che il direttore del Tg1 doveva concordare la scaletta dei titoli col premier di turno, il quale..etc,etc ..”. Agli utenti giungevano poi (forse ancora adesso) notizie da vassallaggio, ovvio! “Io e Fittipaldi siamo andati a processo per la ‘acquisizione e diffusione di documenti e notizie riservate’ e rischiamo da 4 a 6 anni di carcere”.  Ciononostante Nuzzi si è detto sereno, “continuerò a fare il mio lavoro” ha chiosato. Del resto i documenti che ha ricevuto e pubblicato non li ha certo trafugati, quindi per la Legge italiana, né lui né Fittipaldi hanno commesso reato. Almeno così dovrebbe essere. Del resto, la Corte di Strasburgo con le sentenze Goodwin, Roemen e Tillack ha affermato che il diritto del giornalista a ricevere le notizie presuppone anche il “diritto alla protezione delle fonti giornalistiche, perché l’assenza di tale diritto potrebbe dissuadere le fonti non ufficiali a fornire notizie importanti al giornalista, con la conseguenza che questi correrebbe il rischio di rimanere del tutto ignaro di informazioni che potrebbero rivestire un interesse generale per la collettività”. Il Vaticano non aderisce alla Convenzione, ma l’Italia sì e il libro è stato pubblicato in Italia, per cui? In caso di condanna dei due giornalisti il Ministro Alfano ha affermato: "Ci porremo il tema quando ciò dovesse avvenire". Per il senatore Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri, “vanno tenuti distinti la sottrazione di segreti d’ufficio da parte di funzionari vaticani e la loro pubblicazione”, quindi, “se il Vaticano non è in grado di provare che i giornalisti abbiano partecipato al furto delle carte riservate, l’Italia ha il diritto di intervenire e, per quanto mi riguarda, avrebbe potuto e dovuto farlo già”. Il Governo ancora tace, anche se oltre 100 deputati di diversa appartenenza politica hanno firmato un appello in cui si esprime vicinanza e solidarietà a Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi. Insomma  è innegabile che l’incontro tarantino con Gianluigi Nuzzi sia stato oltremodo interessante. Non solo per i contenuti trattati, perché essenziali all’acquisizione corretta della storia passata, recente e in corso riguardo un ambito che coinvolge, passionalmente, milioni di persone, ma soprattutto per la delicatezza osservata nell’approccio col fatto, comunque senza riserve. 
 


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