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Vito Nucci /Preziosi scarabocchi in mostra

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

24
MAR
2016
A Martina Franca, sua città d’origine, era conosciuto come coiffeur. Dopo una vita trascorsa fuori, ritorna con un’esposizione delle sue opere, a Palazzo Ducale fino al 2 aprile 
 
La città di Martina Franca ri-accoglie uno dei suoi figli per una esposizione di arte contemporanea innovativa e all’avanguardia.
Nelle Sale del Piano d’Avalos di Palazzo Ducale è stata inaugurata (e sarà aperta al pubblico fino al 2 aprile), alla presenza dell’Amministrazione Comunale, la personale di Vito Nucci, artista che nasce a Martina Franca nel 1957, ma vive dal 70 al 97 a Basilea e oggi a Fano dove lavora e dove ha curato diverse esposizioni. Vanta mostre in diverse parti di Italia ma anche in Germania e in Svizzera. “Espongo a Martina Franca con grande gioia soprattutto perché ho potuto rincontrare i miei amici, una emozione che supera l’esposizione dell’arte stessa. Ho rivisto persone che non vedevo da oltre trenta anni e molti martinesi che mi ricordavano come ‘Vito il parrucchiere’ perché anni fa avevo a Martina un negozio per acconciature”, racconta Nucci. Perché anche tagliare è un’arte. “Quando bisogna creare una acconciatura, un taglio ad una  persona, bisogna chiudere gli occhi e immaginare come starebbe con questa trasformazione. Con i quadri è la stessa cosa: è una tela bianca che guardi e trasformi. Creare un quadro o creare un taglio è la stessa cosa quando lavori con l’anima”, racconta.
 
Ciò che colpisce della sua pittura è l’innocenza di un’anima incantata che fa della tela la sua più massima e pura espressione. Dipinti stilizzati su tele riciclate come fossero disegnati da bambini ma anche quadri pervasi di colore che esaltano la velocità quale forma del più esasperato futurismo. Fotografie ritoccate a mano che colgono attimi di vita immortalando luoghi e persone. Alla base di tutto ciò il tratto continuo, “un modo spontaneo di dipingere – sottolinea Nucci -. E’ una tecnica che ho imparato dai bambini dopo aver fatto un laboratorio artistico in una scuola: ho fatto uno scarabocchio alla lavagna e mi sono accorto che ogni bambino vedeva qualcosa di diverso. Ho iniziato a scarabocchiare con gli occhi chiusi e da ogni tratto ho cercato di tirare fuori una immagine”.
 
L’ingenuità del bambino in alcuni dipinti che contrasta con l’esaltazione della velocità in altri. “L’arte è una espressione dell’anima, non fa che riflettere quello che sentiamo. La velocità fa parte di me e certamente rispetta un mio tratto psicologico – evidenzia.  Tempo fa mi ispiravo a Jean Michel Basquiat e a Paul Klee, artista con un tratto infantile, fatta di schizzi dove era possibile intravedere l’anima del bambino che è importante non tralasciare”. Un bambino che vive in ciascuno di noi ma che pochi riescono ad esprimere, una sorta di “Fanciullino Pascoliano” emigrato nell’arte, un “espressionismo regressivo” che riporta a galla sentimenti e passioni che rivivono esplodendo in tratti e colori e ridipingendo il mondo circostante. Fortemente innovativo è l’accostamento dei materiali: dal cartone riutilizzato, ai ritagli di giornali, alla sabbia, alle tovaglie in carta. “Quando lavoro non preparo mai i materiali, io creo e qualunque cosa ho intorno a me io l’appiccico. Sulle mie tele è possibile anche  trovare anche dei numeri di telefono perché magari in quel momento ho scarabocchiato su di un foglio dove lo avevo appuntato”, ci racconta sorridendo.
 
Un’arte, dunque, dove prevale il desiderio giocoso e il bisogno di vitalità dove a volte predomina il tratto ed altre il colore, dove l’occhio, talvolta, è preso da oggetti inseriti in spazi insoliti perché “quando si inserisce l’oggetto giusto al posto giusto non si ha più niente da dire; è molto più bello vedere la cosa giusta nel posto sbagliato”.
 


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