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Gramsci, lo sconosciuto

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

24
MAR
2016
Un importantissimo personaggio storico: un politico, un filosofo, un giornalista, un linguista, un critico letterario, tra i più grandi pensatori del XX secolo.  Studiato in più occasioni scolastiche, alle superiori e all’Università, spiegato ai ragazzi, ascoltato dopo il loro studio…pensi di conoscerlo, di sapere tutto di lui, e invece….
 
…E invece ti ritrovi, una sera, in prima fila, Enrico Messina, direttore artistico del Teatro di Ceglie Messapica, che ha scelto un monologo: “Antonio Gramsci, detto Nino”, e prendi consapevolezza che, quel grande uomo, lo conoscevi solo “di vista”.
Perché lì, sul palco, Fabrizio Saccomanno porta Gramsci privato, la sua infanzia, la malattia, il dolore che lo ha accompagnato sempre.
Ci sono le sue lettere, che custodiscono tutto il suo pensiero, tutte le sue idee, ma anche il suo parlare da marito, padre, figlio.
Attraverso quegli scritti passa la storia d’Italia, una storia che gli deve tanto, un’Italia che gli è debitrice.
Le tavole del palcoscenico si riempiono di fogli, poi, nella realtà, raccolti in 33 quaderni. Sono lì a terra, lettere sparse e a me sembra possibile, dopo averle ascoltate “dalla sua voce”,  poter leggere, ancora, qualche frase “ mi manca la sensazione molecolare della mia vita”, “da cinque anni non mi guardo in uno specchio”, “è il quinto Natale in carcere, non ho perso il gusto della vita e non sono vecchio, diventiamo vecchi quando abbiamo paura della morte. Mi sento logorato, ma non mi demoralizzo”, “per le mie opinioni sarei disposto a morire, non solo a starmene 20 anni qui dentro”, “i bambini sono esseri ragionevoli con cui si può parlare seriamente di cose molto serie”.
Gli anni passano e il vigore lascia spazio al dolore e ad un  peggioramento delle condizioni fisiche, ma la forza morale e intellettuale restano intatte.
Devo ricordarmi di essere a teatro, l’interpretazione è magistrale, come si dice in queste occasioni, tanto che nonostante nessuna somiglianza fisica, ti ritrovi totalmente coinvolto nelle vicissitudini di quest’uomo, che soffre, suda e si contorce.
Scrive ancora a chi ama “una lettera in cui mi racconti tutta la tua giornata, tutta, tutto, in modo tale che io possa immaginare”, “la vita è così, molto dura e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro madri, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini”.
Tutti gli scritti di politica, di letteratura: famose, tra le tante, le note sul Manzoni confrontato con Tolstoj; tutti i suoi articoli pubblicati sull’ “Avanti”, su “ Il grido del popolo”, su “L’ordine nuovo”; le critiche a Benedetto Croce; l’elenco degli strumenti utili alla diffusione di una lingua unitaria; e tanto, tanto altro ancora….tutto questo sulla scena non c’è stato, si è solo respirato, perché le sue lettere sono un concentrato di umanità, etica, onestà spirituale e sofferenza.
Quella sofferenza che lo ha accolto da bambino, lasciato appeso nella speranza che quella spalla si raddrizzasse, tanto malato da essere costretto a lasciare la scuola, l’impegno politico e sociale, poi il carcere e la morte che lo prende giovane, a 47 anni, senza sepoltura, “sospeso anche da morto”.
“…sono morto il 27 aprile 1937, fuori pioveva: governo ladro!”
 


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