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Serena Luna Raggi/ Madre: terra, natura, dea

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

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LUG
2016
La donna in qualsiasi parte del mondo è generatrice, portatrice di mistero e bellezza, per sua stessa natura. A lei è attribuito un  potere arcaico, sacro e misteriosamente Divino: l’archetipo primordiale del processo di generazione del mondo. La ricerca del Femminile e la sua dimensione colma di sacralità e prosperità, è magistralmente raffigurata dalle opere di questa bravissima illustratrice
 
Parte integrante della sua ricerca artistica è la scoperta  del filo sottile che lega diverse culture, dall'Est Europa all'Oriente, tutte in qualche modo in relazione con l'Impero Ottomano. Il suo amore per le varie culture la porta a studiare e approfondire ciò che riguarda la Dea Madre, le divinità femminili in generale, soprattutto dell'Induismo.
"Si tratta di un mondo profondo e tutto ancora da comprendere.” dichiara Serena Luna Raggi e aggiunge: “Per me il Colore, che scrivo con la maiuscola e non a caso, è ciò che ci tiene in vita, ciò che tiene sempre alta ll' attenzione dei nostri sensi. Il Colore non è da collegare all'allegria, anzi. Molto spesso nei miei lavori i colori più sgargianti corrispondono a figure malinconiche, quasi tristi. Essere colorati non vuol dire prendere il mondo alla leggera ed essere spensierati, al contrario. Per me è indagare nella bellezza, nell'armonia, negli equilibri. Provare a 'vedere a colori' significa indagare le emozioni.” E lei lo fa attraverso  tecniche miste: pastelli ad olio, chine, acrilici, inchiostri e collage.
 
Le sue opere sono un inno alla femminilità divina, alla fecondità, all'incarnazione. C'è sempre un forte richiamo al potere della donna che onora la sua intima connessione al cosmo. Madre-terra, madre-natura, dea madre. Da cosa nasce il connubio arcaico "donna/magia"? 
《Non parlerò di magia poiché è un termine usato spesso in maniera blanda, preferisco focalizzarmi sui termini del Sacro. In natura è sempre il femminile che genera. A  seguito delle mie ricerche, nei miei lavori intendo parlare della figura della Dea Madre, della 'maternità' del mondo: il mistero e la sacralità della gravidanza, della donna che si trasforma, cambia l'aspetto del suo corpo, il sangue che diventa latte. La donna generatrice di vita. Portatrice di mistero e di bellezza, per sua stessa natura》.
 
Il suo "denome creativo" sembra in bilico tra metamorfosi e transito da uno stadio alchemico all'altro nelle ricerca continua  di un ricreare la condizione “spirituale“.. Le sue opere nascono da un virtuosismo nato da ispirazioni improvvise e visioni oniriche istintive oppure da scelte studiate e precise?
《Il mio lavoro è un percorso, una ricerca continua: non vi è nulla di finito poiché io transito, mi trasformo. Come tutti del resto. Cerco nello specchio l'immagine che mi salverà. Mi osservo, rovisto nelle mie profondità. Cerco, attraverso gli archetipi ed i simboli più antichi, una grazia, un'armonia che, inevitabilmente, fa tendere alla dimensione spirituale.
La mia ricerca è incentrata sulle connessioni, le congiunture che esistono tra le diverse culture, tra le donne in particolare di diversi 'mondi'. Mi appassionano i riti folkloristici perché si somigliano tutti, le storie che si raccontano, la musica che si ascolta》.
 
Donne che in ogni luogo del mondo escono dai canoni dettati dalla società, da stereotipi, pregiudizi, sottomissione e con coraggio mostrano il loro vero Essere. Senza vergogna, senza peccato, senza più paura. Il traguardo sperato?
《Nessun traguardo a mio parere, ma un percorso. Legato alla bellezza, alle forme che rivelano il loro antico splendore. Il sacro legato alle rotondità ed armonie della natura.
Ma soprattutto le armonie create da mano umana mi affascinano immensamente: come le geometrie islamiche che ripetute all'infinito tendono verso il Divino o l'armonia ricercata e tramandata nelle icone bizantine, una ricerca dell'equilibrio tra sacro e terreno, il tentativo di dare una forma al confine tra cielo e 'ciò che non è cielo'. Il confine tra il visibile e l'invisibile》.
 
Le sue opere rispecchiano culture e tradizioni diverse  quasi a voler auspicare un augurio per una coesistenza culturale creatrice di Bellezza. Trae le suggestioni per la propria originale ricerca pittorica da terre e culture lontane, che lei stessa visita, o frequenta anche spiritualmente?
《Frequento le terre ma soprattutto le persone. Credo che avendone modo, non dovremmo mai rifiutare una storia da qualcuno. Attraverso l'ibrido cerco il punto di contatto tra le varie culture e lo racconto. Questa ricerca si traduce in continui viaggi, attraverso i quali raccolgo le storie delle donne che poi raffiguro. Cerco di essere sempre in contatto, in relazione con le persone. Eppure l'arte è anche un processo di profonda solitudine》.
 
Ci parli di “Calice di caldo miele" e del senso ultimo delle sue meravigliose opere.
《Calice di caldo miele è il titolo che ho scelto per il mio ultimo quadro, oltre al nome della mostra che è adesso in corso a Bologna (per chi fosse interessato si trova presso Fantomars-atelier Carmen Avilia in via Fondazza 17b, visibile fino al 31 agosto).
Nell'immagine il miele - ovvero il liquido che la donna offre di sé - è giallo di sole, elemento quindi maschile e legato all'accettazione del potere. Una parte maschile legata al sole ed al fuoco, affiancata alle sue rotondità lunari. La circondano delle mele, forse alludevo al peccato originale, al frutto della sapienza. Vuole essere una donna che attraverso la sua crescita è in grado di unire in sé cose che fino ad ora considerava opposte, il maschile e il femminile, l'accoglienza ed il potere, la magnifica luce ed il sublime buio》.
 


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