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Incontri/ Le parole chiuse in gola

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

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LUG
2016
"Ti hanno mangiato la lingua?" è il titolo del libro scritto da Daniela Conti: racconta il mutismo di Maia, superato man mano che sua madre imparava ad accettarlo invece che respingerlo. Ecco il percorso di crescita di una mamma intrecciato a quello di sua figlia, raccontato tra rimandi e specchi, paure e coraggio
 
 
        Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia  ancora poco conosciuto. Riguarda soprattutto i bambini in età scolare ma può  perdurare  anche nell’età adulta. Il lavoro cooperativo tra insegnanti, genitori e terapeuti è fondamentale per il riconoscimento precoce e  la sua risoluzione, creando un ambiente rilassato, includente e favorevole alle relazioni sociali.
Spesso di fronte a bambini e ragazzi particolarmente chiusi e silenziosi, la frase che viene incautamente ripetuta è: “Ti hanno  mangiato la lingua?”.
Questo è anche il titolo del libro di Daniela Conti: racconta il mutismo di Maia che ha iniziato a sciogliersi man mano che sua madre imparava ad accettarlo invece di respingerlo; il percorso di crescita di una mamma intrecciato a quello di sua figlia; il passaggio dalla paura del silenzio all'accoglienza e la grande capacità di non fare delle parole il solo centro della comunicazione. Ne parliamo con l'autrice, Daniela Conti.
"Ti hanno mangiato la lingua?" è  la storia  reale di una mamma e sua figlia di 10 anni, muta selettiva, che affrontano insieme e con coraggio un percorso di scoperta, accettazione, ascolto e immenso amore. Il mutismo selettivo è un disturbo legato all'ansia, ci vuole parlare della vostra esperienza e di come nasce l' idea di raccontare questa problematica poco conosciuta?
《Sì, il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia poco conosciuto (ma più diffuso di quanto si pensi e spesso confuso con la timidezza estrema) che impedisce ai bambini-ragazzi di parlare in contesti sociali come la scuola. Spesso si manifesta proprio con l’entrata all’asilo o alla scuola primaria e sono le maestre ad avvertire i genitori dei silenzi dei figli. Sono bambini super chiacchieroni e disinvolti a casa, nel loro ambiente confortevole. Tuttavia, appena si relazionano con altre persone o varcano la soglia della classe, l’ansia sale, la postura si irrigidisce, lo sguardo si abbassa e le parole non escono! 
Mia figlia è stata muta selettiva per tanti anni e ancora mi ricordo il primo colloquio con le insegnanti, quando mi sono sentita descrivere una bambina che io proprio non conoscevo, totalmente estranea. Ho sempre detto, scherzando, di avere due figlie: una che non sta ferma un minuto e parla, parla, parla senza smettere (forse con i famigliari compensa le ore mute) e l’altra “assente e zitta”, come mi veniva appunto definita.
La voglia di scrivere questo libro, decisamente autobiografico, nasce da vari motivi: voleva essere prima di tutto un apporto positivo, ironico, sorridente a tutti i genitori – in particolare a tutte le mamme come me – impegnati a gestire questi silenzi paurosi, che gettano nello sconforto, fanno nascere sensi di colpa, dubbi. Questo è un mondo che parla, che vive di parole: come può affrontarlo un bimbo, un ragazzo che per terrore non apre bocca? 
Ecco, noi volevamo dare una speranza mista a certezza: dal mutismo selettivo si esce. E volevamo farlo con toni allegri, nello stesso tempo raccontando, indagando, dando voce all’interiorità del genitore che vive “a specchio” passando dalla sorpresa, a tutta un’infinita serie di reazioni fino, mi auguro, ad arrivare all’accettazione, cambiando prospettiva, del fatto che non siamo tutti uguali e che solo amore e pazienza, assenza di giudizio e di fretta, portano ad una conquista. Nello stesso tempo volevamo spiegare al mondo-scuola di cosa si tratta, agli insegnanti, a chiunque entri in relazione con i bambini cosa succede, quali sono i meccanismi e trasmettere tutte le nostre emozioni.
Un altro movente è stato l’amore verso mia figlia che sta superando sempre più questo disturbo: il giorno in cui sarà grande e tenderà a dimenticarsi di me, questa storia le ricorderà che insieme abbiamo vinto la sua lotta, che ci sono stata, che l’ho compresa, così come altre persone importanti. E saprà che per lei e il fratello io ci sarò sempre.
Volevo anche scrivere un qualcosa che ringraziasse, a modo mio, l’Associazione Italiana Mutismo Selettivo (A.I.Mu.Se) in cui ho trovato un porto, un appoggio infinito》.
In una madre di un bambino affetto da mutismo può nascere un senso di colpa, seppur immotivato?
《Sicuramente sì. Ne ho avuti tanti, mi sono sentita, di volta in volta, sbagliata, inadeguata, troppo chiacchierona (si compensa in qualche modo, forse), fragile, oppressiva, eccessiva. Poi mi sono sentita speranzosa e fiduciosa e, quindi felice, esaltata ad ogni piccolo traguardo raggiunto. 
Il senso di colpa è un compagno assoluto, immotivato, che mal si cerca di nascondere dietro una serie di “colpevoli” esterni che si individuano di volta in volta: quella volta all’asilo, il maestro, i compagni…
L’esame di coscienza però è sempre lì in agguato. Rimane la certezza che per il mutismo selettivo non ci sono colpe evidenti》.
Quello che molti non sanno è che questi bambini incapaci di parlare in alcuni contesti sociali, come la scuola e l'asilo, nel loro ambiente confortevole invece sono dei veri chiacchieroni perché sono liberi dall'ansia e possiedono proprietà di linguaggio nella norma. Hanno solo paura, è così?
《Hanno timore, panico, terrore. Secondo me rende bene l’idea del mutismo selettivo, quel famoso detto: “raggelato dalla paura”. Si chiudono a riccio, diventano inespressivi e rigidi. Qualche volta parlano nell’orecchio di un compagno-gancio o si coprono la bocca con la mano quando emettono suoni o sussurrano parole.
Mia figlia diceva: “Io parlo, così basso che lo sento solo io”. Ma di fatto non parlava. 
Una cosa importante: non si tratta di un atteggiamento volontario, non è opposizione o sfida. Si tratta di paura, ansia, chiusura. Forse – ma forse – ad un certo punto, dopo anni, perfino abitudine.
Chiedere di parlare, a un muto selettivo, sforzarlo, incalzarlo, ricattarlo è deleterio. Non fa che aumentare l’ansia e l’impossibilità. Sarebbe come chiedere a un claustrofobico di andare su e giù con l’ascensore, per fare un paragone.
Non tutti i bambini muti selettivi parlano anche a casa. Alcuni sono muti totali, o si aprono con una-due persone. Nel libro cerco anche di immaginare come possa sentirsi la mamma di un bimbo/ragazzo che tace anche con lei. Terribile, provate a pensarci?》.
Lei  vive questa diversa normalità aiutando sua figlia a superare le sue paure, i  suoi blocchi dovuti alle parole che restano bloccate in gola in determinate situazioni e di fronte ad alcuni contesti sociali. Quanto è utile il lavoro cooperativo tra scuola, famiglia, terapeuta e altri contesti sociali per  permettere a questi bambini di emergere gradualmente dal proprio stato d'ansia e di far fronte alle varie situazioni?
《La scuola è un mondo che a volte accoglie e comprende con infinito amore, a volte purtroppo no: dipende esclusivamente dalla sensibilità degli insegnanti che si incontrano. Ci sono tante cose da far conoscere, tante da imparare. L’ascolto reciproco, la fiducia e la collaborazione sono assolutamente indispensabili. Così come, nel mio caso, l’occhio vigile della mamma o del papà. Un genitore deve, a mio parere, essere in costante attenzione e insegnare al proprio figlio a far rispettare i propri diritti, oltre che a metterci impegno e volontà. E l’insegnante dovrebbe provare a credere al genitore quando spiega di non riconoscere affatto suo figlio nella descrizione di bambino taciturno e chiuso. Ripeto, ed è fondamentale per me: il bambino è molto diverso nel suo mondo casalingo. Questa diversità porta spesso ad un’incomprensione totale, quasi una sfida, tra genitore e docente.
Entrambi dovrebbero essere disponibili ad ascoltarsi e credersi, e la scuola ad accogliere modalità individuali di valutazione, come la registrazione fatta a casa delle interrogazioni, o lo scritto che compensi la mancata performance orale. 
Altre figure dovrebbero collaborare: lo psicoterapeuta, da scegliersi ben informato sul mutismo selettivo, il dirigente scolastico, l’associazione italiana che ha referenti su quasi tutto il territorio nazionale e può aiutare i rapporti scuola-famiglia. 
Il mutismo selettivo rientra nei BES (bisogni educativi speciali transitori) e, se certificato, porta alla redazione di un pdp individuale che, attraverso misure compensative, aiuti il ragazzo nel contesto scolastico. Mi raccomando, la diagnosi è fondamentale per la scuola》.
Parte del ricavato è destinato ad A.I.Mu.Se. (Associazione Italiana Mutismo Selettivo), attiva dal 2009, nata grazie all'iniziativa di un gruppo di genitori che ha deciso di mobilitarsi creando una rete di supporto alle famiglie che in Italia vivono questo disagio, è così?
《Sì e sono molto felice di poterlo fare. Autopubblicarsi è difficile, ci si trasforma in “venditori di se stessi” ma garantisce una totale autonomia di decisione. E noi abbiamo deciso che una bella fetta dei nostri piccoli ricavi andrà all’associazione che ci ha accolte, aiutate, fatte sentire comprese. Il calore che riceviamo lì e la forza sono impareggiabili. Sono grata alla presidente Elisa Marchio, che conosco personalmente, di ogni cosa. Ogni volta che posso io ci sono, per loro, come riesco. E questo è il mio modo.
Se avete il dubbio che, quella di vostro figlio o del vostro allievo, non sia solo timidezza, non esitate un solo minuto a contattarli, trovate i riferimenti digitando aimuse su google》.
A margine del racconto è presente una lettera rivolta alle maestre e una favola avventurosa sul mutismo selettivo scritta da sua figlia. Parole toccanti che mettono in evidenza come un bambino che non parla  sia terribilmente destabilizzante perché non è facile incontrarlo, accoglierlo e poterlo aiutare  perché siamo troppo abituati a fare delle parole il centro della comunicazione. Quale consiglio sente di dare a chi educa?
《La favola è tutta di mia figlia Marina, non dico niente, è da scoprire. C’è tutto il mondo di parole, dentro, di una bimba muta selettiva che lotta contro le sue paure.
La lettera è scritta da me, immaginando di essere una bimba che parla con la sua maestra e chiede comprensione, chiede i piccoli passi di avvicinamento…
I piccoli passi sono fondamentali, un po’ come dice il “Piccolo Principe” alla volpe, è necessario avvicinarsi con calma e dolcezza.
Il mio consiglio a chi educa è semplice: metteteci tutto l’amore possibile. Ascoltate il silenzio, vi dirà un mucchio di cose. Guardate gli occhi. Fate davvero i piccoli passetti, state al fianco, non davanti. Parlate con le mamme ed i papà, parlate al bambino senza aspettarvi niente in cambio: loro registreranno ogni cosa, sono attenti osservatori sensibili. Metteteci il cuore e loro si fideranno di voi, con il tempo.
Niente sfide, rispettate i loro tempi, il loro silenzio, rendete loro la vostra scuola un bel posto dove stare, rispettate i loro diritti. 
Il silenzio, a volte, dice più di tante chiacchiere》.
 


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