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Istantanee/Un giorno di regno

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

27
LUG
2017

Il palcoscenico, il sogno, il luogo nel quale gli attori, anche solo per poco, possono regnare: ecco il melodramma giocoso di Felice Romani, conosciuto con il titolo originario “Il finto Stanislao”,  al Festival della Valle d'Itria

E’ un grande  Giuseppe Verdi, debitamente incorniciato, che attende il pubblico lì, sul palco nell’atrio del Palazzo Ducale, collocato nel tempo passato. Al centro delle poltrone di velluto rosso inequivocabilmente “vissute” e riconoscibilissime per chi, come me, le ha tanto frequentate, questa la zona del palco dedicata alla realtà. Poi il palcoscenico, il sogno, il luogo nel quale gli attori, anche solo per un giorno possono regnare… questo “Un giorno di regno”, anche conosciuto con il titolo originario “ Il finto Stanislao”, melodramma giocoso di Felice Romani.
“Stiamo parlando di un capolavoro assoluto per raffinatezza armonica e per efficacia drammaturgica”, queste le parole della regista Stefania Bonfadelli, che aggiunge “il regnare per un giorno in un teatro acquista un sapore simbolico e universale: diventa un riappropriarsi della cultura, dell’arte, della bellezza, del teatro come un unico regno vivibile, o per dirla con le parole di Paolo Grassi, di un “bene comune” imprescindibile”.
Tra baroni, marchese, conti e cavalieri si snoda tutta la vicenda, che appassiona il pubblico, che applaude a delle bellissime voci, all’ orchestra diretta dal maestro Sesto Quatrini e all’originale messa in scena.
Il ritmo del Festival è sempre incalzante, gli appuntamenti molteplici, le ricorrenze sempre rispettate. Così
in occasione del 450° anniversario della nascita di Monteverdi, Il Festival della Valle d’Itria porta in scena “Altri canti d’amor”, il Chiostro di San Domenico, si  trasforma, grazie alla mente creativa, a intuizioni illuminate e alla professionalità del regista Giacomo Ferraù e della scenografa Alessia Colosso in un luogo suggestivo, capace di emozionare e far riflettere. Una sposa dormiente, un bambino con ali d’angelo e la storia ha inizio. Tende, drappeggi, luci, ombre, prigioni, uomini, donne, animi in guerra.  La musica del clavicembalo che ha preso vita grazie al direttore d’orchestra Antonio Greco, ha accompagnato i tre madrigali “cui è stata data continuità drammaturgica, quasi a formare una vera e propria rappresentazione drammatica unitaria”. Nelle note del regista si legge “un viaggio nei ricordi, nella coscienza, tra le mille figure d’ombra che  la abitano. […] perdersi nel gioco dell’Amore, per accorgersi, poi, che il proprio tempo è finito: il “Lamento della Ninfa”, che invecchia nell’attesa dell’amato che non arriverà mai, fino a scoprire che il giudice più spietato di fronte alla nostra anima e alle nostre scelte, siamo proprio noi stessi. Protagonista  la commovente bellezza della musica di Monteverdi, la sua sapienza nel tinteggiare le ragioni del cuore e dello spirito delle donne, di ogni tempo e di ogni luogo”.
Cuori legati, abiti nuziali che non conservano più l’antico candore, volti dal trucco “sfatto” , ombre dell’inferno… tutto rapisce il pubblico che “costringe” i protagonisti a uscire più volte per ringraziare degli interminabili applausi.



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