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Segnalibro/Storia di una vittoria

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

27
LUG
2017

Nel romanzo di Gianfranco Pastore protagonista è la normalità nel giorno per giorno di giovani qualsiasi in posti qualsiasi. E un ragazzo di strada diventa uomo, sul tatami e nella vita

Ecco la prima (ingannevole) impressione, finito di leggere “Ilyeo – storia di un ragazzo di strada” di Gianfranco Pastore (Amazon Fulfilment Poland Sp. z.o.o. Wrodaw  - 9 €) : una fastidiosa sensazione di aver perso tempo. Tutto già visto, sentito, raccontato, filmato, fumettato, cliccato. Storiella e costrutto discorsivo triti e ritriti in ogni salsa filmica, melassa già spalmata in fanzine ad utenza fideistica. Solito provinciale affascino verso spicchi di cultura orientale acquisiti a squame con pacchetto prendi-e-porta-a-casa. Niente di più.  
Invece… niente di più arrogante del “concedersi” alle pagine scritte da un 35enne borbottando “vediamo cosa dici di nuovo, se hai la grande invenzione, la novità, il messaggio millennial”. In realtà, l’ingegnere informatico con due grandi amori (Taekwondo e scrittura) il nuovo lo spolvera proprio zumando la normalità nel giorno per giorno di ragazzi qualsiasi in posti qualsiasi. Va be’, come location della sua storia – diciamo, per opportunità filmiche - lui sceglie una certa America, ma sa che i ragazzi di strada, purtroppo, sono cittadini del mondo senza barriere doganali al malessere di una generazione distrattamente collocata in antropologie ultra squatter. In realtà, è il reietto grumo di società pre e post adolescenziale che Pastore sogna di emancipare dall’ottusa etichetta di sottocultura, e lo fa senza acrobazie linguistiche, con l’utilizzo di atti, gesti, strumenti, pensieri alla portata di tutti, al di là del luogo di nascita e del quartiere vissuto. Certo, non lasciandovisi trainare passivamente, ma chiedendosi: “Perché lo sto facendo”? Mette il corpo davanti allo specchio non per compiacervisi ma per cercarvi le ragioni di quel meraviglioso assemblaggio di centomila miliardi di cellule.
Eccolo il percorso del giovane scrittore martinese con il suo “Ilyeo”. Apparentemente entra in una palestra di arti marziali da ragazzo di strada che vuole soltanto imparare a “fare meglio a botte”; in effetti, vi è spinto dalla misterica silhouette del coreano che nell’alba della Città degli Angeli combatte contro… nessuno, cioè sé stesso. E vince: sul tatami (non sempre), nella vita (comunque).
Come? Grazie ad una “scolarizzazione psicofisica” faticosamente assimilata e raccontata con linguaggio accessibile a tutti, perché a nessuno va chiusa in faccia la porta del sapere la cui biblioteca non ha preclusioni. E così, Gianfranco Pastore immerge a testa alta l’io narrante di Ilyeo  nel Taekwondo e lo salvifica schiumando la filosofia del combinato corpo/mente in azione sincrona.
Tutto qui l’emoticon dello scrittore informatico: lo sport, se librato nell’aria grazie al corpo pensante o, se si preferisce, alla mente corporea, vince i mostri della società. Va oltre il Giovenale del Mens Sana in Corpore Sano e dell’ancora più antico sintagma aristotelico delineato nella Politica. Più in alto della novecentesca Unità Psicofisica che, strettamente connessa a tatami ring palestre palazzetti e stadi, ansima ad esprimersi una volta smesse tuta e scarpette: fa fede la stessa Ginga del craque Pelé che consuma la sua straordinaria anima tutta nella fascinosa macumba del pallone.  Il Taekwondo, secondo Gianfranco Pastore, è molto di più: si tuffa in pantani mefitici, saltella nelle strade butterate da pattumiere, si inerpica per scale insicure, subisce le sberle dell’amore spezzato, combatte i demoni del fatalismo, calibra l’orgoglio di rivincita, spiazza il vacuo sapore di vendetta e ne esce con l’iniziale forza rigeneratoria. Fa uomo un ragazzo di strada. A mani nude.



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