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Non chiamatela politica

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

12
APR
2013

 

Roberto Lucarella e Ludovico G. Rossi, smascherando i meccanismi dei partiti politici, in “Così giovane e già così moderato”  fotografano, senza filtri ma con una punta di ironia,  le alterazioni e le distorsioni che il malvagio gioco degli interessi e delle correnti produce nella politica
 
Scrivere è un atto politico. Provocatoriamente Franco Fortini diceva che “anche una poesia può essere politica, anche se parla di una rosa: se la si utilizza non per consegnarla ad una ragazza ma per essere deposta sulla tomba di un guerriero.” COSI’ GIOVANE E GIA’ COSI’ MODERATO” di Roberto Lucarella e Ludovico G. Rossi, non è una raccolta di versi, e non è esattamente un romanzo, come si legge sulla copertina che reca l’inquietante immagine di un gruppo di nuotatori prossimi ad uno squalo gigantesco. E’ piuttosto un report, narrato in prima persona da Andrea, un ingenuo ventenne che al secondo anno universitario prende la tessera del Partito e si lancia nell’avventura della politica, facendosi prendere dal bizzarro (si tratta di un eufemismo n.d.r.) gioco delle correnti, dalla smania del carrierismo. Fin qui niente di straordinario, i romanzi politici sono il trend editoriale del momento.  Vi starete perciò chiedendo cosa c’entrano Fortini e l’atto politico. Ecco la risposta: questo lavoro, frutto dell’impegno di due giovani ardimentosi, indica un metodo, nel significato etimologico della parola: indica cioè la strada per passare in mezzo alle correnti, di  varia natura, senza esserne travolti. Il metodo, in questo caso, non è rappresentato dalla vicenda narrata, ma dalla tecnica utilizzata per dar corso alla narrazione. Roberto e Ludovico insieme, e sottolineiamo quest’ultima parola, hanno costruito un’unica voce narrante, quella del protagonista Andrea, fondendo in una sintesi lineare le loro due esperienze, le loro due voci. Senza strappi, senza sovrapposizioni e contraddizioni: all’unisono, in perfetta armonia. “Non è stato semplice – ci spiegano – tutt’altro. Abbiamo impiegato due anni per giungere alla versione che è poi andata in stampa e abbiamo dovuto riscrivere la storia, che aveva un’altra conclusione, ben quattro volte.” Ecco, è proprio qui che risiede la valenza politica della loro scrittura, nell’indicare appunto un metodo d’azione, quello di lavorare insieme su un obiettivo comune, facendo delle loro rispettive e diverse visioni una straordinaria risorsa per attuare un progetto, la narrazione di un’esperienza politica tutt’altro che esaltante e costruttiva che, tuttavia, non mira a delegittimare la politica ma anzi la rafforza collocandola in quello che è il suo vero alveo: il confronto sulle idee e la messa in atto delle stesse con azioni chiare e condivise. Trasparenza, partecipazione e collaborazione ci sono sembrate le tre parole chiave che il testo soffia all’orecchio del lettore per bonificare il pantano che oggi sembra essere diventata quella che i mass media di mostrano come politica. “Si dovrebbe smettere di parlare di partiti e riprendere in mano la nostra vita nella quale la politica non è qualcosa in più - affermano gli autori – Occorre riappropriarsi della politica partendo da ciò che abbiamo di più vicino, assumersi la responsabilità delle scelte. Ecco, con il nostro libro abbiamo voluto condividere un’esperienza amara raccontandola senza veli. Ci siamo assunti la responsabilità di un racconto autentico non per demolire la politica, ma per ricrearla dall’interno. In politica è naturale che ci siano le correnti, ma purtroppo sono correnti di interessi, di  personalismi, di prese di posizione mentre dovrebbero essere il collettore di diverse visioni. Si dovrebbe eliminare questo lato malvagio della politica. Nella società c’è un disperato bisogno di cambiamento, c’è una vera e propria supplica per il cambiamento. Questo libro è la fotografia della parte peggiore della politica, quella nella quale le correnti non si usano per portare avanti delle visioni ma per favorire e sostenere i personalismi. Noi scrivendo questo libro abbiamo tentato di dare gli strumenti per attuare un cambiamento ”.
Quelle di Roberto e Ludovico sono parole profondamente sentite e praticate, insieme infatti a Bologna (dove risiedono) hanno fondato  PROGRE’, un’associazione composta da studenti universitari e neolaureati che si occupa di approfondire e diffondere i temi dell’immigrazione, del diritto penitenziario e del mondo del lavoro ed entrambi provengono da attività associazionistiche. Roberto Lucarella, martinese, proviene dagli scout, in lui la fiamma della politica si è accesa a 16 anni circa, dopo un viaggio in Sicilia e l’impatto diretto con il problema della mafia. Rientrato a Martina Franca e successivamente trasferitosi a Bologna dove ha studiato  e si è laureato in Giurisprudenza, ha continuato a inseguire il suo sogno, quello di destrutturare i luoghi comuni e i pregiudizi con particolare interesse per le tematiche legate all’immigrazione e al diritto penitenziario. Un sogno che sì è concretizzato, appunto, nell’associazione Progrè, che come si legge nel sito (www.progre.eu), è un progetto in divenire, “un campo magnetico” che si amplia mano a mano che vi entrano nuovi membri con nuove idee ed esperienze. 
Insomma, le premesse per ben sperare ci sono tutte, dalla loro Roberto e Ludovico hanno la passione, il tempo, la volontà di approfondire, di studiare e, soprattutto di costruire, individuare e praticare le soluzioni dei problemi del nostro Paese. 
Se oggi, anno 2013, leggendo “Così giovane e già così moderato” la reazione è quella dell’amarezza e dello sconforto dinanzi ad un racconto oggettivo, fotografico di una realtà politica e sociale che non ci piace ma che continuiamo a sopportare, perché magari fiaccati per le più disparate ragioni, a Roberto e Ludovico auguriamo che i lettori del 2040 (li immaginiamo adolescenti, quindicenni e sedicenni),  leggendo questo racconto, sorridano e tirino un respiro di sollievo  per esser nati dopo il 2013. 
 



Commenti:

ANTONIO LUCARELLA 12/APR/2013

Unacapacità straordinaria di rappresentare la realtà

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