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Woodstock cinquant'anni dopo, come siamo cambiati / di Paolo Bruni

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

29
MAG
2019

Bethel è una cittadina della Contea di Sullivan nello Stato di New York. Posta in un distretto rurale, è abitata stabilmente da poco più di 4000 presenze e, per il suo territorio suggestivo e la sua vicinanza con diversi laghi è sempre stato una meta turistica e di pesca che ospita i suoi visitatori presso i campeggi o i piccoli alberghi in città.

Il destino di questa piccola città rurale, però, il 15 agosto del 1969 mutò radicalmente per un evento che l’avrebbe resa inaspettatamente nota per aver ospitato il più grande evento musicale della storia, il Festival di Woodstok, che da piccola manifestazione di provincia divenne un evento che ospitò oltre 500mila presenze.

Proprio per l’inaspettato afflusso, dovette cambiare diverse locations sino a raggiungere quella finale, in un avvallamento naturale adiacente allo stagno Filippini della Bethel Wood. Gli organizzatori, che avevano modestamente pubblicizzato "An Aquarian Exposition" con annunci sui giornali, preventivavano un numero massimo di 50mila presenze e, a fronte di quell’esito inaspettato, dopo i primi 180mila biglietti venduti, permisero l’ingresso libero all’evento.

Sul palco prospiciente allo stagno salirono i maggiori esponenti della musica di quegli anni, personaggi che hanno lasciato il segno anche nei decenni seguenti, come Joan Baez, Santana, The Who, Jefferson Airplane, Joe Cocker, Johnny Winter, Crosby, Stills, Nash & Young e Jimi Hendrix. I cronisti delle maggiori testate dell’epoca, inizialmente propensi a raccontare di un assembramento apocalittico, promiscuo, privo di mezzi di accoglienza e sussistenza, condito di LSD e marijuana, dovettero ricredersi riconoscendo che l’evento era la più grande celebrazione di “pace e amore” cui avessero mai assistito.

Oltre agli ingorghi stradali causati dalle lunghe file di veicoli verso Bethel, i tre giorni del festival furono caratterizzati dalla glorificazione della liberazione, della felicità, della bellezza, dell’amore. In quei tre giorni caddero tutti i tabù rigidamente imposti dalla rigida società americana e quella concentrazione di musica innovativa e ad altissimi livelli, rese i partecipanti liberi e pregni di speranze per un nuovo futuro. Erano, quelli gli anni della cultura hippie (poi diventata hipster), nata dalla Beat Generation e confluita nel movimento pacifista che si opponeva alla guerra del Vietnam con manifestazioni colorate e pacifiche. In quei giorni, nella valle di Yasgur, echeggiavano brani come “Motherless Child” di Richie Havens, “White Rabbit” dei  Jefferson Airplane, “See me, Feel me” degli Who,  “With a little help from my friends” dei Beatles cantata da Joe Cocker, “I Shall Be Released” scritta da Bob Dylan e cantata da Joan Baez, “Hey Joe” di Jimi Hendrix che si esibì anche in una dissacrante interpretazione dell’inno statunitense, brani divenuti immortali e che avrebbero influenzato per sempre il rock e il blues suonato nell’intero Pianeta.

Molti artisti di fama mondiale non parteciparono all’evento che avevano sottovalutato, temendo di essere sminuiti. Sarebbero andati a Woodstock negli anni successivi durante le date commemorative susseguitesi negli anni, dove si sono esibiti musicisti di calibro internazionale e le affluenze di spettatori sono state ugualmente oceaniche. Lo spirito, però, non è mai stato lo stesso di quel momento magico dove “Peace & Love” erano l’unico e vero mood.

Quest’anno, il cinquantesimo da quell’agosto del 1969, si prevede l’organizzazione di un megaevento mediatico da tenersi a Bethel. Da quanto si vocifera negli ambienti musicali, il cofondatore di "An Aquarian Exposition" del 1969, Michael Lang, ha assicurato uno spettacolo di altissimo spessore che ospiterà personaggi come Santana, Ringo Starr, Miley Cyrus, Jay-Z, Pussy Riot che, come prevedibile, si preannuncia come un evento di natura commerciale molto distante dal Woodstok Festival. Ciò che, fondamentalmente, mancherà in quel consesso sarà lo spirito che alimentò quei giorni d’estate del 1969. Il bisogno di rinascita e la speranza di cambiamento di quegli anni, forti da muovere folle oceaniche, non saranno mai più ripetuti se non per i primi anni ‘70. Ciò che resta è la profonda emozione che prova un musicista o un melomane quando osserva una Fender Stratocaster, una Gibson Les Paul, una Martin 0-45 e che, almeno per un istante, si ferma a pensare a Woodstock.



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