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Storia della feroce e scorretta satira francese

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

30
NOV
2020

Nell'austera aula del tribunale di Parigi la frase oltraggiosa di Charles Philipon “ma insomma cosa posso farci se la faccia di Sua Maestà assomiglia ad una pera?” esplose come una bomba, strappando mormorii di disapprovazione. Il vignettista francese si trovò alla sbarra per una scandalosa caricatura di Luigi Filippo d'Orléans, in cui le forme rotonde del volto del re assunseroin sequenza, per l'appunto le forme di una pera.L'artista finì in prigione inutilmente in quanto altri disegnatori satirici ripresero il tema della pera, trasformandolo in un tormentone contro re e governo. L'anno del processo era il 1831, il coraggio e l'impudenza di Charles Philipon con le sue invettive blasfeme e scurrili, la sua mancanza di buone maniere e il disprezzo anarcoide per ogni forma di autorità costituita fanno parte della lunga tradizione della satira francese. Sferzate al potere si trovano in opere medioevali francesi come i fabliaux, racconti sarcastici popolari in versi, o nelle raccolte di parodie con animali antropomorfi come protagonisti. Anche nel '500 in Francia si rideva e si derideva con gli sfottò di giullari e buffoni per divertire le corti. Per mano di un grande umanista, François Rabelais, e la lingua triviale del popolo nasceva il ciclo di Gargantua e Pantagruel un capolavoro di comicità spregiudicata dove due re giganti dall'appetito e dalla forza smisurati mettono alla berlina la società francese del XVI secolo. Nel Seicento con lacrisi economica, pressione fiscale, la guerra sotterranea che opponeva i nobili francesi al potente cardinale Mazarino, favorirono un notevole sviluppo della satira, su due livelli paralleli. Uno intessuto di grandi capolavori dall'umorismo raffinato e pungente come le pièce teatrali di Molière, la satira realista e antiromantica di Nicolas Boileau e l'altro, invece, popolare e volgarissimo, l'antitesi del buon gusto. Tra i bersagli eminentemente politici, però, spiccava sempre la monarchia dei Borbone, che essendo tra le più assolutiste d'Europa, era anche un bersaglio ben riconoscibile, insieme alle dissipatezze della corte di Versailles e degli alti prelati.La statua equestre di Luigi XV a Parigi diventò ricettacolo di feroci e anonime pasquinate, mentre grazie alle nuove tecniche tipografiche diventava più facile produrre e vendere immagini della regina impegnata in amori di gruppo, caricature del re con fattezze di suino, accoppiamenti di cardinali e suore, flatulenze di diavoli soffiate sul volto del Papa e tutto quanto potesse solleticare la fantasia corrosiva degli anonimi disegnatori. La passione della satira fucoltivata da personaggi insospettabili come un giurista come Montesquieu a un enciclopedista come Diderot.Parigi si stava riempiendo di intellettuali di provincia che per campare facevano le spie per la polizia, scrivere discorsi per i parroci oppure cimentarsi in questi libelli. La censura ovviamente faceva il suo lavoro, e per proteggersi autori e lettori di opere proibite s'inventavano di tutto: da falsi luoghi di edizione, fino a rilegature che imitavano esteriormente i messali liturgici. L’era napoleonica impose una stretta severa alla satira. I successivi decenni del XIX secolo videro la satira sbarcare sulla nascente stampa periodica,soprattutto consolidare il suo connubio con l'arte grafica grazie al nuovo metodo Épinal creato nell'omonima cittadina della Lorena, con vivaci stampe popolari a colori che anticipavano la forza espressiva del fumetto. Era l'epoca di grandi maestri del grottesco come André Gill, le cui caricature dal testone ipertrofico hanno fatto scuola sino a oggi, e Honoré Daumier, artista poliedrico che come Philipon finirà in galera per una vignetta contro Luigi Filippo. L'esordio della rivista La Caricature fece da apripista a una lunga serie di testate umoristichealcune pubblicate ancora oggi. Le prime riviste satiriche ottocentesche vendevano bene, e questo stimolò anche i quotidiani d'informazione ad accaparrarsi vignettisti di talento per ridicolizzare politici e personaggi mondani. Il caso di scuola che anticipò l'umorismo caustico della Francia contemporanea fu la tragicomica dipartita di Félix Faure, presidente della Terza Repubblica francese, nel 1899.



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