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Carmine Fanigliulo/Quando tutto ebbe inizio

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

6
DIC
2013
Il cantautore grottagliese ritorna in scena dopo tre anni e presenta un nuovo progetto, con un titolo-riassunto del suo percorso artistico, “1978” 
E' stata una grande festa, l'ultimo concerto di Carmine Fanigliulo, cantautore grottagliese che domenica 1° dicembre, in un affollato Teatro Monticello, ha abbracciato il suo pubblico dopo una assenza di quasi tre anni. Il titolo "1978", sia del CD che del concerto, è quello dell'anno di nascita del cantautore che, in quest'ultimo lavoro dal sapore antologico, ha voluto condensare le esperienze, le sonorità e le suggestioni che il suo particolare percorso artistico e umano ha conferito alla sua musica.
L'evento, organizzato dall'Associazione di Promozione Sociale "Eris" di Taranto e da “Criptaliae” Recording Studio di Grottaglie, si avvaleva del patrocinio del Comune di Grottaglie oltre che della partnership di diverse aziende locali che hanno voluto sostenere l'artista e la sua opera, partecipazione, quest'ultima, ancora più lodevole in un momento di crisi come quello che viviamo e che, quasi sempre, relega all'ultimo posto delle priorità l'investimento economico nella cultura.
Noi di Extra Magazine, nell'ottica della promozione delle eccellenze e dei talenti locali, eravamo presenti al concerto e abbiamo chiacchierato con l'artista di musica e arte fra bilanci e futuro.
Sei uno dei fondatori nonché degli animatori principali dello studio di registrazione  Criptaliae, inoltre è appena uscito il tuo ultimo lavoro discografico, ti occupi di musica da più di 20 anni. La domanda, per cominciare, potrebbe essere: di cosa ti saresti occupato se non ti occupavi di musica e quanto è stata importante la musica nella tua formazione di essere umano?
«La musica è stata molto importante per me anche dal punto di vista psicologico; quando si è piccoli si può essere molto timidi, io ho iniziato a suonare proprio quando ero piccolo, a strimpellare la tastierina, poi col tempo, frequentando le scuole medie, facendo amicizie, ho dato vita al mio percorso musicale che è stato pieno di studio, partendo dal Conservatorio di Taranto e proseguendo per quello di Lecce, laureandomi in viola e poi continuando a perfezionarmi. Nel contempo andavo realizzando corsi di arrangiamento, occupandomi di musica classica barocca, suonando un po' dappertutto, da Pescara a Roma alla stessa Taranto. Ho suonato con orchestre come quella della Magna Grecia, la Pedrassi di Zagarolo, la Sinfonica Pescarese. Io non so immaginarmi se non musicista, avrei fatto sempre e solo il musicista. La musica mi ha aiutato a crescere e a capire alcune cose, culturalmente c'è sempre stata da parte mia una fase di approfondimento, sopratutto lo studio della musica classica, che mi ha, tra le altre cose, permesso di imparare l'importanza della disciplina.
Spesso è difficile spiegare alle persone che il musicista è un lavoro, sopratutto in Italia, dove, a differenza di altri paesi, come la Germania, la patria di Bach, questa professione è molto più considerata. Ho letto recentemente un’intervista di Uto Ughi che si lamentava del fatto che, negli ultimi anni, specialmente nelle scuole elementari e medie, sta scomparendo l'insegnamento della musica e che probabilmente fra dieci anni non esisterà più come materia di studio, con un grave danno per la nostra cultura».
Credi, quindi, che l'insegnamento della musica sia fondamentale per la formazione delle nuove generazioni?
«Bisognerebbe cominciare a fare musica a 4 - 5 anni, perchè nulla nasce per caso: vediamo la Cina, che negli ultimi anni ha prodotto grandissimi talenti che a 8 - 9 anni padroneggiano non uno ma due, tre strumenti, questo perchè la musica è parte integrante del loro piano di studio. In Italia, dove purtroppo già la cultura è vista male, la musica, se possibile, è vista peggio».
Carmine, tu sei uno che ce l’ha fatta, sei laureato in viola al conservatorio, dal 1998 scrivi le tue canzoni, co-gestisci uno studio di registrazione, insomma riesci a vivere della tua arte e della tua passione. Che consiglio ti senti di dare a chi comincia oggi, magari al sud, e vorrebbe fare dell'arte o della cultura il proprio futuro?
«Certo nel sud si è più penalizzati, io ho deciso di rimanere qui a Grottaglie, di costruirmi una famiglia qui, di vivere e lavorare con gli amici e i parenti, ma per farlo ho dovuto lavorare il quadruplo. La formula magica è tutta qui, dobbiamo lavorare e impegnarci di più, il successo non arriva per caso».
Nel Paese dei reality e dei talent, ubriacato da una televisione generalista che ci propina eroi ed eroine inconsistenti e fugaci, vittima, ancora oggi nel 2013, dell'edonismo reaganiano-tatcheriano tipico degli anni ottanta, abbiamo smarrito l'importanza del "duro lavoro" che supporta e rende manifesti non solo i talenti già esistenti, ma può scoprirne di nuovi, lì dove sembrava che non vi fossero. Nel secondo dopoguerra, un’Italia sconfitta e ridotta in macerie seppe rialzarsi e correre più veloce di tutte le altre nazioni europee, producendo il primo e più straordinario boom economico che la storia recente ricordi; quegli italiani seppero rimboccarsi le maniche e andare avanti contro tutti e tutto semplicemente lavorando sodo. Potrebbe essere questa la formula magica per uscire dalla crisi? Non lo sappiamo, di certo lavorare sodo non può farci male quindi, perchè non provare? In un paese stordito politicamente, economicamente e moralmente la musica potrebbe aiutarci a ritrovare l’armonia. 
 


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