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Momang/Un cibo chiamato creatività

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

7
FEB
2014
Architettura, design e ricerca sul territorio. Un collettivo pugliese di quattro architetti (ri)disegna lo spazio pubblico, tra street food e Q-Cina
 
Una delle missioni (im)possibili con cui deve confrontarsi chi si occupa di design è coniugare creatività e concretezza. Non sempre l’obiettivo viene centrato, ma quando succede, il risultato sprizza originalità e freschezza, parola del collettivo pugliese MoMAng. 
Prima di lasciare che le menti che animano il progetto si presentino, è necessario aprire una parentesi sul nome scelto, che di certo non è casuale. La “g” è dolce, con accento sulla “o”, cui segue una pausa, e l’accento sulla “a”.  Mò màng in dialetto significa “adesso mangia” e richiama l’universo della cucina; l’espressione ha tuttavia una forte valenza metaforica, indica cioè che l’attesa fine a se stessa non produce risultato alcuno. Questa seconda accezione può essere ricondotta al design, attività che necessita cura, impegno e costanza. Il nome, inoltre, vuole essere un omaggio al MoMA di New York, a mo’ di buon auspicio.
Ma chi c’è dietro MoMAng? La parola ai fondatori. «Siamo quattro architetti (Giandomenico Florio, Emanuele Pagliara, Riccardo Pavone e Francesco Marella, ndr) e ci conosciamo da diversi anni. Ognuno continua il suo lavoro in maniera indipendente. Nel 2011 abbiamo iniziato a incontrarci per chiacchierare e sperimentare sul design in modo molto informale. Poi sono arrivate le prime realizzazione: Q-Cina, una cucina su ruote per lo street food e Radiocasa un plug-in per lo spazio pubblico. Le abbiamo realizzate per associazioni che si occupano di ricerca sui territori e arte contemporanea. Le abbiamo usate in città e esposte a Milano e Torino in occasione della Milano Design Week 2013 prima e del Salone Internazionale del Design Indipendente dopo. Abbiamo avuto molti riscontri positivi e incoraggiamenti». 
Particolarmente interessante è la storia di Q-Cina, che ha visto la luce nell’ambito di un progetto di partecipazione urbana svoltosi a Lecce nel 2012 e incentrato sull’allestimento condiviso di una cena di quartiere. L’iniziativa era finalizzata a promuovere la socializzazione, l’incontro con i vicini di casa, e quindi il concetto di comunità, riempiendo  di un senso nuovo lo spazio pubblico. Q-Cina era stata commissionata dall’associazione culturale Xscape per organizzare in strada dei laboratori di cucina capaci di sollecitare la partecipazione della comunità multiculturale che abita e anima il quartiere Ferrovia di Lecce. Il progetto ha poi superato le aspettative. «Il potenziale della Q-Cina è andato oltre l’attività laboratoriale e l’ha trasformata, tramite la condivisione del cibo, in un catalizzatore sociale che durante tutto l’arco della giornata ha attratto gli abitanti del quartiere che incuriositi dalla possibilità di sorseggiare un caffè in strada o assaggiare una frittella calda, si sono avvicinati e hanno parlato con noi e con i membri del progetto di X-Scape raccontando la loro quotidianità di vita. […] Vedere concretizzato questo progetto, osservarlo nella pratica reale in interazione con le persone, constatare che un’idea progettuale funziona non solo sulla carta,  ci ha fatto comprendere che la vera vocazione della Q-Cina non è solo lo street food ma soprattutto la capacità di far emergere il senso comunitario attorno al cibo consumato insieme in un luogo comune come la strada».
E questo progetto continua “a camminare”, come spiegano. «Con Q-Cina stiamo collaborando  con associazioni e artisti che lavorano con il cibo, collaboriamo con loro e prestiamo i nostri pezzi per eventi di show-cooking e altro. Ci stiamo occupando anche di design a piccola scala, non abbandonando la ricerca su forme archetipe e alla una produzione artigianale. Qualcosa bolle in pentola. Appena avremo novità vi aggiorneremo».
Il rapporto di MoMAng con la Puglia è stimolante e intenso. Ostacoli e criticità possono infatti tramutarsi in elementi di forza e pungolo, se cambia l’approccio. «Siamo consapevoli che è una terra ricca da molti punti di vista: artigianato, turismo, agricoltura, buon cibo, stupendi paesaggi ed immenso mare. E poi c’è la vita quotidiana e lavorativa: difficoltà ma anche molte belle scoperte. Abbiamo una cultura artigianale eccellente, una imprenditorialità giovanile tra le più attive del Sud Italia e destiamo molta curiosità all’estero. Qui lavoriamo bene».
In base alla loro esperienza quindi, vivere dei frutti della propria arte al Sud è una missione impossibile o una sfida stimolante? «Non possiamo definirci artisti. Abbiamo una formazione tecnica a cui cerchiamo di associare sempre curiosità e visione. Il Sud Italia è uno dei posti migliori in cui ispirarsi. Poi c’è il mercato. Quello alle nostre latitudini è un problema. La sfida è riuscire a fare ricerca e allo stesso tempo occuparsi degli aspetti commerciali. La sfida è stimolante la missione è possibile».
Dopo aver raccolto testimonianza della felice storia di MoMAng è inevitabile chiedere loro, in conclusione, cosa consiglierebbero a un giovane creativo meridionale, indeciso se restare qui o tentare il “salto” al Nord. «Consigliamo di fare una buona esperienza fuori, per poi riportarle nella propria terra. Questo è davvero il modo di voler bene alla propria regione, portare le esperienze e competenze maturate in ambiti specifici».
 


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