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Andrea Monarda/In equilibrio su una corda (di chitarra)

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

11
APR
2014
Aveva le idee chiare già da bambino questo giovane chitarrista martinese che ha deciso di fare – coraggiosamente – della musica colta un mestiere. Aspettando che quella strada chiusa per “Lavori in corso” venga riaperta al traffico
 
 
L’esperienza di Andrea Monarda può essere il chiaro esempio di quanto la convinzione nei propri mezzi e la forza di volontà possano spesso risultare determinanti nello spostamento di prospettiva da un’innata propensione al saper fare qualcosa in direzione di una solida base di certezze su cui poter lavorare ed edificare il proprio futuro e la propria vita.
Una vita da sempre passata a stretto contatto con spartiti e corde di chitarra può in un certo senso rappresentare una sorta di eccezione alla regola, denotando quel solco di scelte che divide gli uomini comuni con le loro scelte ordinarie e conformiste dall’acuta sensibilità tipica di individui impegnati nel dar libera espressione alle varie forme d’arte, che, tra l’altro, porta questi ultimi a vedere il mondo e la vita con occhi diversi capaci di scavare a fondo nella realtà.
Un bambino, sin dalla tenera età, tende a prediligere tra tutti i suoi giocattoli sicuramente un pallone da poter prendere a calci e in compagnia di esso è portato da una naturale tendenza a trascorrere gran parte delle sue giornate, facendone una sua grande passione. Per te si può dire che è andata diversamente. Da dove nasce questa tua radicata propensione alla musica e allo studio della chitarra?
«Dalla voglia di fare sul serio e di considerare la musica come arte e rispettarla come tale: ricordo che a undici anni, quando ho iniziato le prime lezioni con il M° Zizzi, gli dissi che avrei voluto diplomarmi in chitarra a 19 anni per poi andare a studiare all’Università». 
 
Ogni musicista instaura un rapporto di reciproca complicità con lo strumento che suona. Puoi forse considerare la chitarra la tua amica di sempre, quasi come una figura fissamente stabile nella tua vita? 
«Come dici tu è un’amica fedele: ogni volta che la si prende a suonare è sempre pronta, non si tira indietro. Va suonata con cura se si vogliono ascoltare storie amiche all’orecchio».
 
Saresti in grado di ripercorrere le tappe più significative della tua carriera di musicista dagli esordi ad oggi?
«Ho iniziato nella nostra cara città Martina Franca, che ha dato i natali alla leggendaria Gioconda De Vito e che ha ispirato la Fondazione del Festival della Valle d’Itria. Ho avuto la fortuna di studiare con Maestri come, in ordine cronologico, Francesco Zizzi, Frédéric Zigante, Carlo Marchione, Oscar Ghiglia e Massimo Lonardi.  Da una formazione tutta italiana e di altissimo prestigio, del quale mi sento onorato, sono stato ispirato a iniziare un’attività artistica che mi ha portato a suonare da solista, in duo di chitarre, in duo con soprano e in quintetto con quartetto d’archi, sia in Italia, che in Belgio, in Croazia e nei Paesi Bassi, fino in Venezuela. 
Sono convinto che tutto nasca dal desiderio e dalla motivazione del singolo di esplorare nuovi orizzonti musicali: maggiori  essi sono, più efficaci saranno le strategie che la sua mente escogiterà per arrivare a grandi traguardi. Chi mai avrebbe pensato anni fa che compositori come il leggendario Giorgio Gaslini o i grandi Maestri Colombo Taccani e Gilberto Bosco, tutti colonne portanti della cultura musicale italiana, mi avrebbero dedicato una loro opera? 
Ora sono motivato a esplorare tre strumenti che mi stanno accompagnando nella ricerca musicale: la chitarra moderna di Fabio Schmidt e le chitarre romantica e barocca di Leo Binetti. La loro combinazione in concerto, con repertori originali per questi strumenti, mi sta portando a suonare in giro per l’Italia, sia da solista che in ensemble barocco, con grande interesse da parte degli ascoltatori».
 
Facendo riferimento all’aspetto puramente tecnico e sonoro della tua musica, ci illustreresti i caratteri peculiari del genere che hai intrapreso a studiare alcuni anni fa e che ti ha portato oggi ad esserne un grande esperto?
«Prima dell’avvento della musica pop, rock, blues, jazz o altri generi del XX e del XXI secolo, il genere di musica che si ascoltava per strada, nei teatri e in tutti gli altri luoghi di ritrovo prende il nome di musica colta o classica, come si dice in gergo. Questo è il tipo di musica che suono: oggi è meno popolare in certe aree geografiche, più popolare in altre. C’è bisogno comunque di far rivivere questa musica sempre di più, affinché chi la promuove, chi la ascolta e chi la suona vi ritrovi le proprie radici culturali».
 
C’è stata, nel corso della tua crescita artistica, una personalità in particolare della scena musicale della chitarra classica capace di avere un’influenza rilevante sulla tua formazione e una certa risonanza nei tuoi lavori?
«Segovia come chitarrista. Un bambino rimasto orfano a tre anni di entrambi i genitori e anni dopo diventa il campione della chitarra a livello globale non può che essere un esempio. Mi rapì il suo suono sin dal primo momento che ascoltai un suo cd».
 
Quali sensazioni richiede la realizzazione di un concerto e quali sono i presupposti per la sua buona riuscita?
«Il concerto nasce da un progetto: se sia il progetto sia il lavoro per portare a termine tale progetto saranno validi, di conseguenza il concerto sarà un successo. Unici presupposti per la buona riuscita di un concerto sono amare la musica che si sceglie di suonare e godersela mentre la si esegue».
 
Ritieni che per un qualsivoglia artista (che sia un pittore o un musicista o un poeta) possa risultare edificante ai fini della sua produzione volgere lo sguardo verso altre discipline ed attingere da queste prezioso materiale per alimentare costantemente la sua ispirazione?
«Il talento in greco antico significava canestro, o paniere, come lo si voglia chiamare. I frutti che si mettono nel paniere più sono curati e diversi più proprietà benefiche hanno per lo spirito del musicista e di chi lo ascolta: è assolutamente indispensabile che il musicista sia curioso di storia, di arte, di letteratura, di scienze, delle culture diverse dalla propria, oltre che di musica. Solo lavorando ogni giorno sarà in grado di scegliere, come uomo e come musicista».
 
Verso quale direzione si spinge il tuo modo di fare musica, quindi proporla al pubblico, in questo momento della tua carriera?
«Sono impegnato alla ricerca di un repertorio sempre nuovo, che risvegli ogni volta la curiosità e il desiderio di esplorare un nuovo pensiero, una nuova storia, una nuova musica. Al momento sono impegnato come solista da una parte e come didatta dall’altra: trasmettere i propri sacrifici agli allievi, per chi li sa cogliere, li incoraggia e dà loro fiducia».
 
Discostandoci dall’aspetto di esperienza strettamente professionale, cosa ha rappresentato per te la musica nella tua vita spirituale e cosa rappresenta tuttora?
«Era ed è un bisogno».
 
Stai già pianificando qualche progetto adatto a dar forma al tuo futuro più imminente?
«Ci sono tanti buoni propositi all’orizzonte pronti a prendere le vesti di fatti concreti. La mia attuale situazione è quella di una strada chiusa per “Lavori in corso” e non appena sarà riaperta al traffico spero che sarete i primi a scoprire, ad apprezzare i miei lavori e a supportare la mia idea di fare buona musica».
 


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