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Exit strategy/La vita ricomincia al di là del muro

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

27
GIU
2014
Ex detenuti e detenuti della cooperativa Piano di Fuga alle prese con un progetto di reinserimento nato all’interno della casa circondariale di Lecce. Il nome, sBARra, è tutto un programma
 
Che cosa rende una persona forte? Non inciampare negli errori, o piuttosto raccogliere la sfida di cambiamento e crescita che essi offrono?  Ciascuno, attraverso il proprio percorso di vita, decide qual è la risposta a questa domanda, la cui urgenza – e necessità – è particolarmente forte per chi ha conosciuto l’esperienza carceraria. Non è sempre facile (ri) stabilire una connessione tra pena e rieducazione, soprattutto a causa dell’insufficienza cronica di risorse (economiche e non) messe a disposizione delle strutture detentive. E’ importante quindi valorizzare e far conoscere le buone prassi innescate da realtà consolidate sul territorio, che rinnovano quotidianamente il proprio impegno, con la testarda costanza della classica goccia cinese. Così ha visto la luce nei giorni scorsi a Lecce sBARra, il chioschetto gestito da ex detenuti e detenuti di Piano di Fuga, cooperativa della casa circondariale di Borgo San Nicola.
Emblematici sia il nome scelto che la collocazione del bar, situato a due passi dal carcere, e il cui obiettivo è consentire il reinserimento professionale e sociale (e quindi il recupero di una dimensione di vita “normale”)  di chi ha scontato o sta scontando una pena detentiva. La parola d’ordine è riscatto: i trascorsi dei lavoratori infatti non vengono omessi né rimossi, ma, al contrario, costituiscono la peculiarità, il valore aggiunto dell’iniziativa. sBARra perché l’intento è, simbolicamente, abbattere le mura carcerarie, offrendo concretamente l’opportunità di preparare una nuova stagione della propria esistenza.
Il progetto è stato ideato da Comunità Speranza, l’unica associazione di volontariato presente su Lecce e provincia che opera specificamente con i soggetti sottoposti a pene detentive. Questa, costituendo «un punto di riferimento delle problematiche connesse alla questione carceraria e al rapporto che intercorre tra detenuto e comunità esterna», realizza attività finalizzate al reinserimento dell’individuo nella comunità, sia durante l’esperienza detentiva, che al termine di essa. L’associazione definisce il proprio un impegno connesso a «un dovere di solidarietà civile», nonché strumento tangibile di supporto alla persona e alla famiglia, che “fuori” sperimenta una sofferenza analoga a quella di chi si trova in carcere. «Comunità Speranza vuole aiutare a superare posizioni di diffidenza, prescindendo dal giudizio e dalla semplice curiosità».
Uno dei più importanti progetti realizzati negli anni scorsi dall’associazione è A.S.I.L.O. (Accoglienza Sostegno Inserimento Lavoro Opportunità), «volto a creare integrazione e responsabilità nel rapporto che intercorre tra detenuto e comunità esterna, coniugando strettamente l’aspetto giuridico e quello umano e sociale». L’iniziativa, partita nel 2008, è scaturita dal bisogno di allestire luoghi adeguati all’accoglienza e alla formazione di ex detenuti e detenuti in misura alternativa o in permesso, costretti a fare i conti, a seguito dell’esperienza carceraria, con un percorso caratterizzato da emarginazione, violenza e discriminazione.
Piano di Fuga nasce invece nel gennaio 2000 come laboratorio editoriale ideato da Comunità Speranza, con il sostegno economico della provincia di Lecce. Così i diretti interessati ricostruiscono le tappe principali di questa esperienza: «vengono selezionate a farne parte venti persone detenute che, dopo un periodo di formazione all’uso del computer, varano il numero zero di quello che diventerà il periodico bimestrale Piano di Fuga, da cui il laboratorio prende il  nome. Dopo qualche tempo, le risorse economiche vengono meno e, per andare avanti, si pensa di offrire un servizio di stampa insieme a lavori artigianali. La tenacia e l’impegno di tutti ha protratto l’attività per circa tredici anni, tra alti e bassi ma con un entusiasmo mai venuto meno. Grazie a tutto questo, è stato possibile, il 16 febbraio 2011, trasformare il laboratorio in cooperativa sociale. Il rispetto reciproco, il confronto, la verifica sono stati punti fermi di un percorso di riflessione, di revisione, di riappropriazione di valori e ideali, di riscoperta delle proprie capacità e della propria dignità. Una scommessa sulle capacità, sulle intuizioni, sull’impegno; un luogo dove si fa cultura, un luogo dove essere informati, formarsi e dare formazione, senza il ricatto di alcun giudizio di merito, per il solo piacere di apprendere, esplorare, scoprire, individuare modalità nuove per meglio vivere la condizione di esclusi».
La storia che ha reso possibile sBARra mostra che l’azzardo “figlio” di uno sguardo appassionato e sufficientemente visionario premia regalando “fiori” inattesi, e meritevoli di estrema premura e precisione, affinchè possano fruttificare. Come le prime ciliegie di stagione, che hanno bisogno del doppio della delicatezza per giungere “a compimento”. L’auspicio è quindi che  sBARra  possa crescere circondato da fattori “ambientali” benevoli, perché, per progetti come questo, se società e istituzioni riescono a giocare un ruolo virtuoso e collaborativo, sono come acqua e sole per le pianta.
 


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