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Silvestro Simeone/Un sabato da Zinzo

Categoria: EVENTI

7
DIC
2012

 

Se la professoressa d’italiano non gli avesse «spezzato le gambe», a quest’ora probabilmente farebbe lo scrittore. Invece ora, con la fotografia, ha trovato il suo modo di esprimersi. E ha cominciato dal barbiere
 
Cosa accomuna un barbiere e un fotografo?
Due mestieri abbastanza differenti, che si sono scontrati e uniti assieme in "Fratelli di taglio", una mostra fotografica particolarissima, inaugurata il primo dicembre a Locorotondo.
Il ventiduenne Silvestro Simeone, fotografo del posto, ha allestito una piccola galleria nella sede del laboratorio urbano G.Lan di Locorotondo, esponendo degli scatti davvero speciali: quasi mimetizzato con la clientela, si è introdotto in una delle botteghe più antiche del luogo, la bottega del maestro barbaio "’u Zinze" e ha catturato i momenti topici di quel rituale che è il taglio di barba, rendendo il tutto molto più suggestivo, vintage e allo stesso tempo contemporaneo.
All'inaugurazione della mostra, durante l'aperitivo, rigorosamente a tema, ha sorpreso il pubblico allestendo una rudimentale sala da barba sul luogo, completa di sedia reclinabile, lavandino e strumenti risalenti ai primi anni '40, e ha lasciato che il figlio del signor "’u Zinze", campione europeo di barba, gli tagliasse la barba in diretta, davanti a tutti quanti. Inutile dire che davanti a quella performance il pubblico è rimasto in religioso silenzio, ammaliato da ciò che prendeva vita davanti ai loro occhi.
 
Silvestro, parlaci di te.
«Sono Silvestro Simeone e sono nato il 2 agosto del 1990 a Putignano. Da piccolo guardavo molti cartoni animati e alle elementari mi piaceva scrivere, ma arrivato alle scuole superiori, la professoressa di italiano mi ha “spezzato le gambe”. Probabilmente a causa di questo shock ciò che non riuscivo a dare scrivendo lo trasmetto fotografando. Faccio il fotografo da sei anni e collaboro con uno studio di Locorotondo. Non mi piace molto fare fotoritratti o scene già impostate, quanto piuttosto raccontare una scena che sta accadendo, fermare un momento particolare che mi colpisce. Non si tratta di questioni artistiche, io non sono un artista, mi piace solo raccontare quel che succede».
 
Qual è stato l'input che ti ha spinto a dedicarti alla fotografia?
«Io non volevo neanche fotografare! Ho frequentato la scuola superiore di grafica, ma non sentendomi ispirato, e avendo studiato a scuola le basi di fotografia, ho provato a lavorare in uno studio fotografico, così per caso. Ho avuto sempre un rapporto strano con la fotografia, non ho iniziato per passione, ma solo per provare. Ma lavorando sul campo ho cominciato ad acquisire la tecnica, ad informarmi e ad accrescere la mia cultura personale sul campo».
 
La fotografia può esser considerata arte a tutti gli effetti?
«Sì, si può considerare arte, e ci sono alcuni scatti che sono vere e proprie opere d'arte. Bisogna comunque vedere da chi sono state scattate: tutti sono capaci di fare una bella foto, ma per considerare una foto come arte, bisogna che quest'ultima sia stata scattata da un fotografo professionista, che ha cultura in ambito professionale e fotografico, allora sì che la foto diventa arte!».
 
Parlaci di questa tua prima mostra, "Fratelli di taglio".
«Anche questa mostra è nata per caso! Un anno fa ho svolto un reportage fotografico a tema per un concorso, che non ho vinto, ma considerandolo un reportage niente male, ho puntato su una mostra realizzata per raccontare ciò che succede nella bottega di un barbiere, con i volti, i “fratelli di taglio” appunto, i momenti, le facce insaponate e i visi di gente meridionale, magari segnati dalle rughe e dal lavoro agreste. Gli scatti sono stati realizzati in una bottega che ha più di 60 anni e raccontano di ciò che succede sulla sedia da barba, un momento magico che molto spesso diamo per scontato; un gesto universale, un'azione normale, ma che succede solo lì, su quella sedia, un momento che difficilmente potrà esser compreso da una donna, perchè l'atmosfera è completamente diversa rispetto a quella che si crea in un salone di bellezza. L'uomo si sente coccolato, è quasi come se tornasse un bimbo che viene accarezzato dalle mani del padre».
 
Immagino che non sia facile fare il fotografo in questo contesto e in questo momento.
«Dipende da quando uno inizia, dalle sue capacità e dalla sua caparbietà. Avrei potuto fare questa mostra anche lo scorso anno, essendo questi scatti risalenti a un sabato lavorativo di un anno fa, ma dipende sempre dal grado di conoscenze che uno ha. Io di certo non mi reputo un esperto o un artista, anzi: ho ancora tantissimo da imparare».
 
Anche se tu stesso sei giovanissimo, quale consiglio rivolgeresti agli aspiranti artisti?
«Non nascondere ciò che si crea. Il primo, importante passo è quello di far vedere a tutti ciò di cui si è capaci. Solo così la gente potrà capire quanto si vale. E solo così si potrà trasmettere qualcosa a qualcuno, sia che possa piacere o meno: l'importante è mostrare ciò che l'artista vuole e ciò di cui l'artista è capace, senza cercare di piacere a tutti i costi. Ciò che si produce deve prima piacere a se stessi, quella è arte!».
 


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