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CESARE DELL´ANNA/MAI AMMANETTARE LA MUSICA!

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

10
LUG
2015

Di passaggio a Crispiano, incontriamo il leader degli Opa Cupa in tournée con il suo ultimo album “Baluardo”.  Il barrito jazz di una tromba, contro stereotipi e pregiudizi razziali…

 

Dalla tradizione bandistica agli incantesimi delle melodie gitane, il tutto sotto l’unica bandiera della libertà. Cesare Dell’Anna, leader degli Opa Cupa si racconta e ci apre le porte del suo ultimo antro magico, l’album Baluardo. Perché come disse un certo Ozzy Osbourne, voce dei Black Sabbath:

“Se la musica è troppo alta, tu sei troppo vecchio”.

Quindi affilate gli amplificatori gente, perché la musica rimarrà sempre l’unico vero elisir di eterna giovinezza!

Lei Cesare proviene da una famiglia di musicisti bandisti e già a 7 anni, inizia a studiare la tromba. Quanto ancora in lei sopravvive di quella che è stata ispirazione famigliare e in cosa invece si è distaccato?

«Ho iniziato a muovere i primi passi nella bande proprio seguendo l’esempio di mio padre. L’ispirazione derivante dalla musica bandistica e da quella tradizionale leccese, quindi dal folk, è sempre stata per me molto forte. Proprio per questo non mi sono mai distaccato, ma ho provato a farla mia contaminandola con il jazz, con i tempi dispari e irregolari, con le sonorità balkan».

Sul finire degli anni ’90, viene ingaggiato dal gruppo barese Folkabbestia dalle sonorità popolari e dalle suggestioni folk irlandesi/balcaniche. Il suo orientamento jazz è un percorso maturato con gli anni o lei nasce jazzista e se sì, come il jazz si sposa con un repertorio come quello folk?

«La mia esperienza nel campo della musica inizia appunto suonando all’interno delle bande tradizionali, poi gli studi in conservatorio e in accademia mi hanno dato un’importante formazione classica. Ecco che nasce il mio orientamento jazz che si fonderà subito dopo con il balkan, genere che suonavo con i primi extracomunitari che iniziavano a sbarcare sulle coste della Puglia. In realtà per suonare bene il jazz ho bisogno di suonare molto la musica classica, per suonare bene la musica classica ho bisogno di suonare tanto balkan, e per suonare il balkan ho bisogno di andare in discoteca e ascoltare musica elettronica. Tutto è meravigliosamente collegato quindi e tutto nella musica, sembra origine e prosecuzione allo stesso tempo».

Nel ’98 con il fisarmonicista Antongiulio Galeandro, Lei dà vita agli Opa Cupa primo nucleo di musica balkan nato in Salento. La domanda sorge spontanea, ma cosa significa Opa Cupa?

«Opa Cupa (si legge “Opa tzupa”) è il grido di esortazione alla danza degli zingari del Sud Est Europa. La prima formazione nasce proprio in quegli anni, gli anni ’90 in cui con la caduta dei regimi comunisti dell'Est, sulle nostre coste arrivavano tanti extracomunitari. Anni in cui per le strade delle nostre città non si vedevano solo marocchini, ma anche i primi rappresentanti del popolo albanese, che scoprivamo in maniera così massiccia e disperata. Tra questa gente anche tantissimi musicisti che son passati dall'Albania Hotel, con cui ho vissuto, ho mangiato, ho suonato, ho condiviso spazio e tempo. Proprio in questo modo è nato il nostro sound che di fatto mischia le sonorità dei Balcani con il jazz e la musica delle bande».

Ci parli delle sue esperienze in tutto il mondo: dove ha portato la Sua musica e di quale Stato o artista conosciuto nei suoi viaggi, serba il ricordo più bello?

«Grazie alla musica ho avuto il piacere di viaggiare tanto; si può dire che il sound Opa Cupa sia arrivato in tutto il mondo! Le nostre tournée sono giunte fino alla West Coast degli Usa, a San Francisco, a Los Angeles, San Diego, New York e in Europa siamo stati a Berlino, Monaco, Barcellona, Londra, allo SZiget Festival di Budapest, a Parigi e in tantissimi altri posti. Non a caso la tournée del nostro nuovo album è iniziato proprio all’estero, abbiamo infatti presentato il nuovo album all’Auditorium di Barcellona, in Spagna. Ogni viaggio ha qualcosa di meraviglioso da raccontare, e credo che tra i ricordi che non si possono dimenticare ci sia sempre il calore del pubblico, capace in ogni parte del mondo di farci sentire comunque a casa».

Lei Cesare ha firmato anche colonne sonore cinematografiche?

«Sì, ho avuto il piacere di prestare più volte la mia musica al mondo del cinema e della TV. Sono tante le collaborazioni con registi come Pippo Mezzapesa e Alessandro Piva, o gli arrangiamenti della famosa colonna sonora di un lungometraggio per il Ghibli Studio di Tokyo. Recentemente invece abbiamo partecipato alla serie TV “On The Road” con Joe Bastianich su Sky Arte e prestato le nostre musiche per la realizzazione di “Cratta”, un cortometraggio che ha ricevuto tanti premi e riconoscimenti, oltre alla realizzazione di un DVD in Giappone. Si tratta di collaborazioni, che venendo da altri settori artistici mi regalano emozioni forti e di cui sono particolarmente orgoglioso».

Il Suo genere è stato definito come una vera e propria commistione di diverse derivazioni, di sicuro poco comuni. È questo un altro modo per far finalmente parlare attraverso la musica, le cosiddette minoranze?

«Mi piace ripetermi raccontando sempre quella che è stata la mia personale esperienza con le cosiddette “minoranze”. Il 90% della musica prodotta in 20 anni di lavoro con Albania Hotel e 11/8 Records non sarebbe stata mai possibile se non grazie all'immigrazione e a tutti quei ragazzi che dal Maghreb, dalla Palestina, dalla Tunisia e dal Senegal, sono arrivati in Italia. Giocando con noi e con la musica, ci hanno fatto esplorare i loro stili musicali, le loro problematiche politico-sociali, le loro tradizioni. Senza la loro disperazione non avremmo fatto della musica così bella; per noi l'immigrazione è stata un valore aggiunto!».

Arriviamo al 2 luglio scorso, data del Suo concerto con gli Opa Cupa Elektro Quintet, a Crispiano, paese d’origine di un altro grande della musica jazz e popolare, Nico Morelli, ormai da quasi 30 anni attivo a Parigi. Come mai la scelta di esibirsi a Crispiano?

«Beh, prima parlavamo della bellezza del viaggiare. Proprio da un viaggio, a termine di un concerto a Verona, ho avuto l’occasione di conoscere tante persone tra cui il proprietario del Symposium di Crispiano. Quella sera ci siamo subito detti che avremmo fatto un concerto speciale nel suo paese, ed eccoci qui a mantenere la promessa!».

Oltre a composizioni originali, Lei e il suo gruppo suonerete a Crispiano alcuni brani del vostro nuovo album in uscita “Baluardo”. Cosa vuol trasmettere questo titolo e come si articolerà il suo tour?

«Baluardo è un invito a riflettere sulla bellezza dell’arte nella sua massima espressione di libertà e creatività, svincolata da qualsiasi schema politico o istituzionale. La musica è libera e non ha padroni; la tromba che si vede raffigurata nella copertina del disco, nella realtà non sarà mai ammanettata. Il tour è iniziato in Spagna e continua per tutto lo Stivale passando dalla Campania alle Marche, dalla Basilicata all’Emilia Romagna, dal Lazio al Molise. Ma tante sorprese devono ancora arrivare…»

 

 



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