MENU

Santa Cecilia /L´ouverture del lungo Natale tarantino

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

20
NOV
2015
Per dare il benvenuto agli zampognari le nostre nonne impastavano gli ingredienti necessari per preparare le pettole che venivano fritte alle prime luci dell’alba del 22 novembre e offerte in grossi piatti di argilla agli zampognari, ai vicini e ai componenti della famiglia per scambiarsi reciprocamente il primo augurio natalizio
 
 
Iniziamo oggi una serie di servizi incentrati sul lungo percorso del Natale tradizionale tarantino e del suo hinterland per documentare come le grandi feste dell’anno abbiano una ricchezza culturale e tradizionale che sa veramente di straordinario.
Nel percorrere questo cammino faremo riferimento al pregevole lavoro editoriale “Natale con i tuoi…” di Antonio Fornaro e Domenico Sellitti.
 
 
In premessa vogliamo far presente che la nostra tradizione natalizia non si avvale soltanto degli appuntamenti standard come l’Immacolata, Natale, Santo Stefano, Capodanno e l’Epifania ma anche di altre festività molto sentite e partecipate dal popolo.
Quella natalizia tarantina è una tradizione che non si avvale soltanto di processioni, pastorali e gastronomia, ma anche di arte presepistica, di proverbistica, di leggende, di nenie e di canti popolari. Quello tarantino, scrivono gli autori citati, è un Natale lungo 46 giorni perché occupa lo spazio temporale che va dal 22 novembre al 6 gennaio, ma gli attenti studiosi fanno osservare che i giorni diventano 73 se si conta come prolungamento del Natale anche la festa della Candelora del 2 febbraio. Diventano ancora 170 se si tien conto che il dolce tipico tarantino “ ‘u sanacchiudere” per tradizione, almeno nel passato, doveva essere consumato il 10 maggio, festa patronale di San Cataldo.
Alla luce di tutto questo trova giustificazione e comprensione il detto che recita: “Natale e Pasqua con i tuoi, Carnevale dove ti trovi”.
E sì, è proprio così, per i tarantini se Pasqua e la Settimana Santa li porta a trascorrere due intere nottate nelle strade al seguito dell’Addolorata e dei Misteri, Natale per loro ha il suo ouverture con la festa di Santa Cecilia, calendarizzata al 22 novembre, che tradizione vuole che i tarantini debbano trascorrere nella notte fra il 21 e il 22 novembre per le strade al seguito delle bande che suonano le prime pastorali natalizie.
Tre sono i momenti che scandiscono la festa di Santa Cecilia: le pastorali, le prime pettole e la processione con il simulacro della Santa.
Ma come e perché è nata questa tradizione?
Nei tempi passati il 22 novembre arrivavano dalle vicine montagne della Basilicata i primi zampognari che sostavano a Taranto fino al 25 novembre, festa di Santa Caterina. Come è tradizione, gli zampognari proponevano le nenie e i canti dei pastori aggiungendo che era il loro devoto omaggio alla Santa Patrona della musica, dei musicanti e dei musicisti. Per dare il benvenuto agli zampognari le nostre nonne impastavano gli ingredienti necessari per preparare le pettole che venivano fritte alle prime luci dell’alba del 22 novembre e offerte in grossi piatti di argilla agli zampognari, ai vicini e ai componenti della famiglia che nel cuore della notte si affacciavano per dare il benvenuto agli zampognari e per scambiarsi reciprocamente il primo augurio natalizio.
La tradizione vuole che le pettole debbano essere mangiate calde, senza alcun tipo di accompagnamento, ma ai bambini venivano date spolverate con lo zucchero e agli adulti intinte nel “vin cotto”. Poi la tradizione si è ampliata e trasformata e come diremo nel box riservato alla ricetta sulle pettole in quell’impasto si può mettere ciò che si vuole.
Quando nel 1870 il capitano di artiglieria Giovanni Ippolito compose la prima pastorale, i tarantini unirono alla presenza degli zampognari anche quella delle bande cittadine. Oggi, da quella data, si contano ben 30 pastorali di autori tarantini. Per la storia ricorderemo che nel 1880 Francesco Battista compose ben 2 pastorali intitolate “Pastorale n. 1” e “Pastorale n. 2”.
Oggi a Taranto operano le bande cittadine “Santa Cecilia” del maestro Giuseppe Gregucci, “Giovanni Paisiello” del maestro Vincenzo Simonetti, “Domenico Lemma” e “Maria Santissima Addolorata”.
Le pettole nella tradizione tarantina rappresentano la bambagia che fu usata nel guanciale di Gesù Bambino; per questo motivo Fornaro ricorda che la sua nonna quando friggeva le pettole riservava la prima al Bambinello che aveva sul comò di casa.
Quanto alla leggenda sulla nascita della pettola si racconta che una popolana, avendo avuto notizia che a Taranto era arrivato San Francesco d’Assisi, anche lei volle seguirlo. Aveva dimenticato che quella mattina aveva impastato la farina per fare il pane per cui al rientro, che avvenne nel tardo pomeriggio, l’impasto era diventato inservibile per panificare. Così, presa dall’ira incominciò a lanciare manate dell’impasto nell’olio bollente e videro che si formarono rotonde e squisite frittelle. 
Nacque così la pettola che, pur avendo nell’etimo latino di “pitta” la sua origine, resta la frittella semplice del Natale alla portata dei ricchi e dei poveri.
Quanto al patronato di Santa Cecilia sulla musica, anche qui la leggenda la fa da padrona perché sembra che sul sepolcro della Santa Martire Cecilia, nel momento in cui le sue spoglie furono traslate fu omessa l’espressione latina che diceva che cantò nel suo cuore le lodi a Dio, sostituendola con la semplice espressione di: “Cantò le lodi a Dio” e per questo la tradizione nei secoli l’ha voluta patrona della musica.
In Puglia il culto per Santa Cecilia è attestato a Gravina di Puglia, nel santuario rupestre di Monopoli, a Ruvo di Puglia e a Bari. 
Le pettole sono preparate in tutte le provincie pugliesi e in alcune zone della Basilicata: a Lecce si preparano in occasione di San Martino, a Brindisi il 7 e l’8 dicembre per l’Immacolata e a Foggia per la vigilia di Natale. 
A Taranto la festa religiosa di Santa Cecilia la si deve al maestro Giuseppe Gregucci che nel 2008 volle invitare il parroco della Cattedrale a dar vita ad una processione con la statua di Santa Cecilia che fu donata da una devota nel 1995. Ancora oggi nel giorno di Santa Cecilia si fanno pettolate in tutti i quartieri della città, le bande suonano le pastorali e la sera del 22 si svolge la solenne processione che si conclude nella Chiesa di San Giuseppe con pettolata e fuochi di artificio.
Il maestro Giuseppe Gregucci fondò la grande orchestra di fiati “Santa Cecilia – Città di Taranto” nel 2008 rispolverando la prima e più antica banda intitolata “Santa Cecilia” che era stata fondata nel 1946 dal maestro Luigi Rizzola che la diresse fino al 1952.
Gregucci è anche autore di due pastorali intitolate “Aurore natalizie” e “Santa Cecilia”. 
Il 23 novembre il calendario cristiano festeggia San Clemente e la proverbistica tarantina così recita: “Di San Clemente l’inverno ha messo il primo dente”. 
Nel passato il 25 novembre i tarantini festeggiavano con processione, pettole e pastorali Santa Caterina; da alcuni anni tale processione è stata soppressa. Eppure la proverbistica aveva coniato due detti riguardanti Santa Caterina: “Di Santa Caterina la neve sopra la spina”, per indicare che il freddo si faceva sentire, e l’altra: “Di Santa Caterina la semenza in fine”, per indicare che era il termine ultimo previsto per la semina.
Ma, meteorologicamente parlando, i tarantini guardavano con attenzione alle condizioni climatiche del giorno di Santa Caterina e dicevano che lo stesso tempo si sarebbe ripetuto il giorno di Santa Barbara (il 4 dicembre) e di Natale (25 dicembre).
Godiamoci questa prima festa all’insegna della musica dolce della pastorali e delle fragranti e gustosissime pettole; il resto ve lo racconteremo nei prossimi servizi, calendario alla mano.
 
 
La ricetta delle pettole
Ingredienti: 1 kg. di farina, 2 cubi di lievito di birra, sale, acqua e olio extravergine.
 
Preparazione: Impastare a lungo la farina aggiungendo il lievito, un po’ di sale e acqua calda quanto basta per ottenere un impasto morbido. Coprire con una coperta di lana e lasciare riposare per alcune ore. Portare ad alta temperatura l’olio contenuto in una padella, larga e profonda, e con l’aiuto di un cucchiaio, lasciare cadere pezzi di impasto da friggere fino a quando le pettole non avranno raggiunto una colorazione dorata. 
Lasciare asciugare l’olio in eccesso su un foglio di carta assorbente (sarebbe consigliabile la presenza in un fornetto per un minuto per fare meglio assorbire l’olio) e riporre le pettole in una coppa ricoprendole di zucchero, di miele o di vincotto. 
Per la variante salata si può aggiungere un filetto di acciuga o di baccalà, salsiccia a dadini o olive o verdure cotte nell’impasto.
 
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor