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CONCERTI /SVEGLIATEVI, GENTE

Pubblicato da: Categoria: EVENTI

5
APR
2018

Se c’è una musica che quando la si ascolta non si può fare a meno di saltare in piedi e battere le mani a tempo, quella è proprio il Gospel. Ne sa qualcosa il M° Graziano Leserri, che con il suo coro WakeUp Gospel Project entusiasma persino i londinesi.

Ricordo un concerto gospel a cui ho assistito circa un anno fa. Dieci, forse dodici elementi, ognuno con una voce unica e potentissima. Partivano in sordina, il coro si armonizzava e in men che non si dica l’intera platea era lì a battere le mani, entusiasmata da quella musica così coinvolgente. Quando ho visto accanto a me la mia amica atea scoppiare in lacrime dall’emozione, ho capito il vero potere della musica. Soprattutto di quella gospel, così significativa, spirituale, ricca di storia e di passato.
Per questo motivoero ansiosa  di incontrare il direttore del WakeUp Gospel Project di Martina Franca, il M° Graziano Leserri, e di parlare con lui della particolarità di questo stile, di ciò che significa. E, perché no, di far cadere qualche pregiudizio.

Maestro, quando nasce il WakeUp Gospel Project?
«Il gruppo è nato ufficialmente nel 2008, anche se già dal 2005 circa abbiamo iniziato ad avere le prime esperienze nazionali. Io ne sono il fondatore e ho voluto unire sei voci straordinarie a una formazione strumentale che varia di volta in volta a seconda delle esigenze. In alcuni casi c’è solo la formazione di base, dunque batteria, basso, pianoforte e chitarra, in altri viene aggiunto un quartetto d’archi o altro ancora. Dipende dal contesto o dal progetto particolare che decidiamo di affrontare. Lo zoccolo duro però è formato dal sestetto vocale e da me che dirigo il coro».

Perché WakeUp?
«Perché la musica invita a svegliarsi dal torpore, perché merita di essere vissuta anche a livello personale. Si deve mettere nel canto ogni emozione, ci si deve lasciare andare. Non adagiarsi, ma alzarsi, buttarsi completamente e sperimentare, sempre. Metterci energia».

Come definiresti il tuo gruppo?
«È una formazione di musica gospel e soul, e le tre parole che ci contraddistinguono sono: amicizia, musica e fede».

Amicizia presuppone che vi conoscevate già prima di divenire un gruppo gospel?
«Con alcuni di loro sì, con altri invece ci siamo avvicinati quando il coro si è costituito, ma l’armonia che si è creata tra noi è imprescindibile dalla musica che facciamo e credo sia questo il valore aggiunto deiWakeUp Gospel Project. Siamo una famiglia, siamo coinvolti al cento percento in quello che facciamo, ci mettiamo ogni fibra del nostro essere».

La seconda parola che vi definisce è musica. Ecco, appunto. Veniamo alla musica. Il gospel è un genere molto particolare, qualitativamente elevatissimo. Quanto spazio trova nel panorama musicale contemporaneo, in cui magari vengono privilegiati stili decisamente più commerciali?
«Guarda, in America, patria del Gospel, è molto valorizzato, anche dal punto di vista discografico. Ci sono cantanti famosissimi che per una parte della loro carriera si sono dedicati a questo stile, o hanno arricchito il proprio repertorio con brani di musica gospel. Sarà che nasce lì, è musica “nera”, se vogliamo. In Europa resta uno stile un po’ più di nicchia, e soprattutto c’è l’errata convinzione che sia quasi un genere stagionale. A Natale prolificano i concerti di musica gospel, mentre nel resto dell’anno sembra quasi eclissarsi. Non deve essere assolutamente così, anzi».

Forse questa convinzione deriva dall’associazione della musica alla religione. Fede, la tua terza parola, dunque.
«Probabilmente è così. Il gospel è un canto religioso. La stessa parola deriva da God Spell, la parola del Signore che si trasforma in musica. È un inno a Lui, senza dubbio. Ma non ha a che fare con il Natale o con qualche festività in particolare. È qualcosa di più profondo, di più spirituale. È gioia, speranza, ringraziamento per le cose che si hanno. A volte anche dolore, anzi spesso le canzoni nascono dal dolore, da uno stato di disperazione. Il gospel è nato dalla schiavitù dei neri d’America. Ma in ogni inno c’è speranza, c’è preghiera, c’è forza».

Avete avuto tantissime esperienze. La più importante, forse, a Londra qualche settimana fa.
«Abbiamo partecipato infatti al True Worship Summit, una conferenza internazionale di musica gospel che ha unito artisti e produttori di tutto il mondo, personalità importantissime e pluripremiate, tra cui Kirk Franklin, KimBurrell, BazilMeade il direttore artistico dell’evento, oltre che direttore dei London Community Gospel Choir, che ha creduto tantissimo in noi, portandoci a essere gli unici italiani presenti. Tra tutti ha scelto noi, ha riconosciuto nel nostro coro il grandissimo impegno che mettiamo. È stata un’emozione indescrivibile».

Cosa ti porti di questa esperienza?
«Sicuramente la fortuna e la felicità di aver condiviso il palco con i più grandi artisti del gospel. E poi una grande crescita professionale e la voglia di portare anche a Martina Franca eventi di quel genere».

Cosa che in qualche modo fate con il WakeUp Gospel Fest.
«Proviamo nel nostro piccolo a convogliare a Martina Franca tutti gli appassionati di questo meraviglioso stile musicale. Abbiamo fatto già due edizioni del Festival, e speriamo presto di poter organizzare la terza. Forti anche del riscontro ottenuto, sia dai cittadini, che dai partecipanti, ma anche e soprattutto dall’amministrazione comunale che ci sostiene e che ci permette di realizzare concerti e workshop di altissimo livello. A tal proposito, ringrazio anche Monica Bernassola, referente europea del GTM MinistriesInc., a cui devo una più ampia visione di eventi di questo tipo. Lei ci ha aperto tante possibilità e tante nuove strade da percorrere. Insomma, ci dà la forza di sperimentare e sognare in grande».

Cosa sogni?
«Di creare una vera e propria patria del gospel anche in Italia. Magari, chissà, proprio a Martina Franca».

 



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