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Riti e Misteri /Incappucciati e penitenti per le strade di Puglia

Pubblicato da: Categoria: COVER

24
MAR
2016
In queste ore la nostra terra vive il momento più alto della sua religiosità popolare. In questo nostro viaggio faremo luce sulla nascita delle processioni, sul significato del pellegrinaggio, sulla tradizione della Settimana Santa in Puglia e sulla simbologia dei penitenti
 
La Puglia del mare cristallino, dei verdi campi trapunti dei primi fiori primaverili, delle colline verdeggianti e dell’aria dal dolce sapore primaverile in questi giorni è “incappucciata e penitente”, “incappucciata” perché chi espia un peccato non si deve far riconoscere e “penitente” perché procede scalza nelle strade dei paesi e su quelle asfaltate delle città pugliesi.
La Puglia tradizionale sta vivendo in queste ore della Settimana Santa una pagina ricca di storia che parla di folklore ma anche di fede e che si perpetua nel tempo grazie all’entusiasmo dei giovani.
In questi giorni tutti i paesi pugliesi acquistano una fisionomia diversa che quasi magicamente li fa ritornare in quella innocenza di un tempo.
Tema non facile quello scelto dal nostro giornale per veicolare al meglio una Puglia con un volto diverso dal solito e per fare ciò abbiamo attinto a uno studio particolareggiato sull’argomento che svolse circa 30 anni fa il prof. Antonio Fornaro e che ha tutta la freschezza dell’attualità.
In questo viaggio parleremo della nascita delle processioni della Settimana Santa a Taranto, del significato del pellegrinare, della tradizione pasquale in Puglia.
 
COME NASCONO LE PROCESSIONI
Le processioni sono una delle prime manifestazioni della pietà popolare insegnate dalla Chiesa e che rientrano nel canovaccio della “Bibbia dei poveri”. Per essere più chiari dobbiamo ricordare che nel passato erano pochi coloro che sapevano leggere, ecco perché per far conoscere a questa gran massa di gente fatti e verità della Bibbia si cominciarono a rappresentare sulle facciate e all’interno delle cattedrali romaniche scene bibliche di facile lettura.
Poi cominciò la cristianizzazione delle popolazioni del Sud e i Gesuiti e i Cappuccini, attraverso la pratica delle missioni, insegnarono la Via Crucis e per questo ancora oggi nei paesi vediamo presenti nelle piazze principali croci in ferro e pietra che ricordano questa o quella missione.
Il popolo del Sud ha saputo ereditare dalla dominazione spagnola un patrimonio importante dal punto di vista storico e folkloristico. 
Si è passati così dalla rappresentazione classica della Passione che vedeva come attori gli uomini alle Processioni con le statue prima in legno e poi in  cartapesta.
Così a Molfetta i gruppi statuari portati in processione sono opere d’arte di scuola veneziana del ‘500.
Interessante risulta la presenza ad Andria della reliquia della Sacra Spina lunga 5 centimetri staccata dalla corona di Gesù che fu donata nel 1308 da Beatrice d’Angiò.
Quest’anno ad Andria il 25 marzo si rinnoverà il miracolo che vedrà i segni del sangue presenti sulla spina diventare più rossi e sull’aculeo della spina spunterà un fiore. Suggestiva è a Noicattaro la processione dell’Addolorata che parte alle 3 di notte del Sabato Santo illuminata soltanto dalla luce dei lumini. La Vergine entra nella Chiesa della Madonna delle Lame dove all’esterno brucia per tre giorni un grande falò.
A Ruvo fanno penitenza anche i bambini vestiti di rosso, con corone di spine in testa e scalzi. Sono chiamati “cristuddi”.
Singolare appare l’avventura registrata intorno alla metà del 1800 in alcuni paesi della Capitanata dove furono costruite le statue che sostituirono gli uomini che le impersonavano. Allora il popolo pensò di rinchiudere all’interno di ogni statua un gatto digiuno perché il suo miagolio avrebbe fatto ricordare il lamento umano.
Altrettanto suggestivo nei riti della Grecìa salentina è il canto della Passione che muove con i cantori da Martano e gira nei paesi vicini proponendo il canto della Passione alle nenie funebri nella forma diabolica resa avvincente nel dialetto greco-salentino.
Nel brindisino il primato e la popolarità maggiore spetta alla Processione dei Misteri di Francavilla Fontana che sembra risalire ad epoca anteriore al 1593. Fra le statue la più espressiva è la Cascata che tradizione vuole che quando lo scultore Pinca terminò, abbia parlato dicendo: “Come mi vedesti così mi facesti”.
A Francavilla gli incappucciati si chiamano “pappamusci” e portano sulle spalle pesanti croci chiamate “trai”.
 
IL PELLEGRINARE
E’ al tempo degli ebrei che si rifà il pellegrinaggio del Giovedì Santo tarantino. Gi ebrei lo chiamavano “AG”, noi lo chiamiamo pellegrinaggio.
Infatti la statua dell’Addolorata che esce il Giovedì Santo dal trecentesco tempio di San Domenico un tempo entrava ed usciva nelle chiese che incontrava lungo il tragitto. Oggi di questo pellegrinare è rimasta l’andatura lentissima dei confratelli incappucciati che ne scandisce il ritmo e la memoria nel tempo.
 
LA PASQUA NELLA TRADIZIONE PUGLIESE
Nel Tavoliere di Puglia gli usi della Settimana Santa e della Pasqua fanno convivere le tradizioni pagane con quelle cristiane. In alcuni paesi del foggiano esiste la tradizione che vuole che il contadino offra alla sposa il ramo d’olivo ornato di arance, di fiori, di nastri e di confetti colorati. Viene chiamato “ ‘u masce” e significa il maggio.
I frutti intrecciati alle palme si conservano e si usano come medicinali in caso di malattia. Anche i cibi tradizionali sono rituali come “ ‘u beneditte”, cioè l’agnello che non deve mancare a Pasqua sulle mense. Il dolce rituale e comune a tutta la Puglia è la scarcella con varie uova colorate. In occasione del Venerdì Santo a San Marco in Lamis, durante la Processione dell’Addolorata si inseriscono le caratteristiche “fracchie”. Si tratta di falò viaggianti ricavati da cataste di legna a forma conica, montate su ruote che possono raggiungere anche gli 80 quintali di peso. Al passaggio del corteo del fuoco tutte le altre luci del paese si spengono e sui balconi e sulle finestre a migliaia appaiono le minuscole lingue di fuoco dei lumini che rischiarano l’oscurità della notte ma che simboleggiano anche la partecipazione al rito del fuoco, segno dell’esaltazione della fede. Sembra che questa cerimonia sia collegata con le cerimonie pagane in onore di Cerere. 
A Troia si svolge la processione delle catene con 500 incappucciati con pesanti catene alle caviglie e con la croce sulle spalle. Questo corteo penitenziale che attraversa il paese si perpetua dal 1600. Sempre a Troia per 3 volte la processione dell’Addolorata e quella di Gesù Morto cercano di incontrarsi, anzi fanno finta di non conoscersi, soltanto al terzo giro avviene l’incontro e il riconoscimento tra la Madre e il Figlio. Risale al 1500 la statua di  Cristo Morto che viene portata in processione a Vieste e si vuole che sia opera degli allievi di Michelangelo.
Oggi a Bari è rimasta soltanto la processione dei Misteri del Venerdì Santo. 
A Bisceglie la processione del Venerdì Santo culmina nell’incontro con l’Addolorata.
Particolarmente suggestiva risulta la processione dei Misteri a Molfetta. Le pesanti statue sono rette sulle spalle dai confratelli degli Incappucciati del Sacco Rosso e dagli incappucciati della Morte. Queste statue furono scolpite nel 1515. 
A Palo del Colle insieme ai Misteri è oggetto di particolare devozione il Legno Santo, un pezzo della Croce autentica del Golgota.
A Grottaglie i Perdoni che visitano i Sepolcri si chiamano Bubbli-Bubbli. Sempre nella città della ceramica, nella Processione del Venerdì Santo dei  Misteri, le due statue lignee risalirebbero al 1664  e sono di scuola fiorentina.
A Mottola i Perdoni del Carmine che danno vita ai Sepolcri e alla Processione dei Misteri del Sabato Santo al mattino si chiamano paranze.
Il centro dell’attenzione in Puglia è certamente su Taranto che esprime la ritualità pasquale in tre momenti.
Il primo è il pellegrinaggio ai Sepolcri degli scalzi e incappucciati confratelli del Carmine che si recano nelle Chiese della Città Antica e del Borgo Umbertino. Il pellegrinaggio termina a mezzanotte. Alla stessa ora i tarantini si riversano ai piedi del trecentesco tempio di San Domenico da dove ha inizio la Processione-Pellegrinaggio dell’Addolorata che viene curata dalla Confraternita omonima. In tale processione soltanto i tre crociferi vanno scalzi mentre due bambini portano al collo finti pesi.
La processione rientra nel primo pomeriggio del Venerdì Santo.
Alle ore 17 dello stesso giorno dalla  Chiesa del Carmine esce la lunga processione delle otto statue dei Misteri, opera di cartapestai leccesi, che dopo aver percorso circa due chilometri, rientra nella Chiesa del Carmine il Sabato Santo al mattino.
Suggestiva la cerimonia attraverso la quale il troccolante il Sabato mattina bussa al portone con il bordone per tre volte, si spalanca la porta della Chiesa e le statue lentamente rientrano al suono della marcia funebre “Ione”.
La tradizione tarantina vanta ben 240 titoli di marce funebri, la colonna sonora indispensabile dei riti della Settimana Santa a Taranto.
A Martina Franca il Venerdì Santo i fedeli visitano il Volto Santo nella bellissima Chiesa delle Monacelle. 
Il Sabato Santo, durante la Messa, le campane venivano liberate e suonavano a festa e, prima di uscire dalla Chiesa, tutti si chinavano per dare un bacio ai piedi del Crocifisso. Poi tutti a casa dove c’erano i “cavaddistr”, tipici dolci fatti di pasta all’uovo e a forma di cavallini ingiubellati e cosparsi di palline di zucchero e di anesine. Si mangiavano anche le “pucciatedde”, cioè le ciambellette di pasta all’uovo abbondantemente inzuccherate. Le donne battevano con bastoni sulle tavole di casa per scacciare il demonio e spalancavano le finestre in segno di gioia. Si davano in dono monete ai bambini unitamente a uova lesse e grossi taralli. Un esperto cacciatore sparava contro l’ultima pupattola della Quaremma, tra le grida dei ragazzi festanti. La gente partecipava con gioia a tale evento. 
La sera alcuni giovani giravano per le masserie facendo gli auguri e chiedendo uova, dolciumi e un buon bicchiere di vino.
Il giorno di Pasqua le fidanzate dovevano preparare con le proprie mani il “cavaddistre” per il promesso sposo. Dopo un lauto pranzo il dolce veniva assaggiato ma solo dopo che tutti i bambini e i giovano avessero baciato la mano ai genitori e ai nonni. 
Il Lunedì in Albis si usava “seppellire il morticino”, cioè fare una scampagnata per mangiare gli avanzi del giorno di Pasqua. Molti andavano fino al monumento di Cristo Redentore con alti carri addobbati con nastri rossi, bandiere e quadri sacri. Si suonava e si cantava con le fisarmoniche e si andava fra i campi per fare il pic-nic e raccogliere i primi fiori di primavera. 
La scampagnata terminava con la Messa celebrata ai piedi della Statua del Cristo Redentore. 
Infine altra tradizione martinese cancellata era quella che durante la Processione dei Misteri le stature si fermavano in ogni chiesa e un gruppo di fedeli cantava in  latino-martinese lo “Stabat Mater Lacrimosa” con urla e pianti strazianti. Il rito si è protratto fino al 1983.
A conclusione di questo lavoro nel quale è emersa una Puglia incappucciata e penitente, mi piace sottolineare come il lento procedere degli scalzi confratelli, somiglia al ritmo della vita che, per quanto frenetica possa sembrare, è sempre un lento andare verso la casa del Padre anche se fra soste e riprese, proprio come ha scritto il nostro storico Antonio Fornaro nel suo ultimo lavoro intitolato: “Furcè…nguè”.
 
 


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