Bruno Simeone
Passione Rossorame
Scelto da Dolce & Gabbana e Alessandro Dell’Acqua, co-fondatore di un brand “made in Puglia” e uno dei creativi più promettenti del panorama fashion: ne ha fatta di strada questo stilista martinese. I meriti? Tutti suoi, anche se non è l’unico in famiglia a creare abiti bellissimi
Immerso tra abiti eleganti e raffinati, tutti disposti diligentemente in fila, quasi a rendere ossequio al loro creatore, Bruno Simeone, stilista del brand Rossorame, ci accoglie nel suo atelier: un vero e proprio laboratorio della moda, dove la creatività si intreccia con la maestranza di un infaticabile entourage di donne alle prese con stoffe e tessuti dalle mille varietà. La fantasia che prende forma dai tratti a matita abbozzati su un foglio bianco, si concretizza nelle pieghe degli abiti e vive sulle curve sinuose e seducenti della donna Rossorame, una sorta di femme fatale dal carattere deciso e determinato, libera da ogni cliché: è questo il fil rouge che accompagna ogni processo creativo delle collezioni del noto brand interamente ‘made in Puglia’. Una vita intensa, piena di viaggi, importanti collaborazioni e grandi soddisfazioni che fanno di Bruno Simeone, uno stilista a tutto tondo, profondamente innamorato del suo lavoro e ottimo maître à penser di stile e chic.
Quando è nata la passione per il mondo della moda?
«Si tratta di una passione che mi accompagna sin da piccolo: ho sempre adorato disegnare, guardare le sfilate, lavorare con qualsiasi tessuto e vederlo trasformarsi in un abito. Una passione che ho alimentato giorno dopo giorno e per la quale ha giocato un ruolo determinante l’antecedente di mia zia, che da anni crea abiti bellissimi. Ho sempre pensato che per diventare uno stilista e di conseguenza riuscire a concretizzare i miei sogni, sarebbe stato necessario iscriversi a un liceo artistico o ad altre scuole di questo tipo, ma non appena ho compiuto i miei diciotto anni, mi sono dato da fare, ho ispezionato a lungo alcune strade che avrei potuto seguire e ho scoperto dell’esistenza di vere e proprie università della moda e accademie private che concedono grandi possibilità. Da qui è nata la scelta di intraprendere l’Accademia di costume e moda a Roma».
Una scelta che a giudicare dai risultati, potremmo definire più che giusta.
«Sì, assolutamente. L’accademia mi ha offerto grandi possibilità, ma in particolar modo mi ha aperto le porte al mondo della moda, tramite concorsi, stage, borse di studio e importanti collaborazioni come quella con Alessandro Dell’Acqua. Nel 2002 ho vinto la borsa di studio Fullbright/Micol Fontana per un master al Fashion Institute di New York e contemporaneamente ho ricevuto una proposta di lavoro in Cina come consulente stilistico presso l’ufficio stile di un’azienda italo-cinese: scegliere tra le due grandi possibilità, non è stato per niente facile, ma alla fine ho preferito intraprendere la strada lavorativa, conscio del fatto che un master l’avrei potuto svolgere in un altro momento. Grazie al lavoro presso questa azienda italo-cinese, ho progettato collezioni da vendere a grandi gruppi affermati in tutto il mondo e ho avuto modo di approfondire le mie conoscenze per quanto riguarda la produzione cinese, spesso vittima di generalizzazioni superficiali che non tengono conto di lavorazioni che vengono condotte seguendo tutte le norme di produzione e utilizzando materiali e tessuti pregiati. Dopo questa esperienza in Cina, sono tornato in Italia e con la collaborazione di Daniele Del Genio abbiamo creato ‘Calceviva’, un ufficio stile di progettazione stilistica, modellistica e prototipia per l’abbigliamento».
Oltre a questo importante ufficio creativo, il tuo nome è legato anche al brand Rossorame: qual è la donna ideale che ispira le collezioni del vostro marchio?
«Sì, il brand Rossorame nasce dopo tre stagioni dalla fondazione di Calceviva e si rivolge a una donna in carriera, adulta, raffinata, esigente e con un proprio stile. Il nostro brand comprende un target molto alto: si tratta di una collezione prêt-à-couture con una linea da indossare durante il giorno e un’altra che riguarda abiti di lusso e da red carpert. Le lavorazioni sono fatte tutte con sovrapposizione di tessuti di diverso peso e sono rigorosamente prodotte in Puglia. Nel 2010 siamo stati scelti come brand emergente internazionale dal duo Dolce & Gabbana, nell’ambito del progetto Spiga2, superando una selezione tra venticinque stilisti mondiali, perciò attualmente il nostro brand è presente presso il multibrand store in via della Spiga a Milano. Grazie a questa grande possibilità ci siamo affacciati sempre di più alla stampa e siamo stati notati da parecchie celebrities che hanno scelto di vestirsi da noi, tra cui: la Panicucci, Lorena Bianchetti, la cantante L’Aura e Valeria Mazza».
Quando si parla di moda, il pensiero vola subito al Nord e Milano, capitale del fashion, sembra monopolizzare l’attenzione di questo mondo, estraniandolo all’altra metà dell’Italia: il Sud, nel quale hai deciso di tornare dopo le tue grandi esperienze, che possibilità offre per chi vuole entrare in questa realtà?
«A differenza di quello che si possa pensare, la produzione dei più grandi marchi di abbigliamento è stanziata prevalentemente al Sud, perché ci sono costi più bassi e migliori tecniche di lavorazione. Io sono tornato nella mia terra perché è qui che ho i miei affetti: infatti, nonostante i viaggi e le esperienze all’estero, ho sempre avuto intenzione di ritornare qui per creare qualcosa che potesse dare delle possibilità in più al mio paese e magari farlo conoscere anche altrove. Lavorare al Nord è stato un ottimo trampolino di viaggio e rappresenta un elemento fondamentale per chi vuole intraprendere questa strada nel meridione, perché il problema di fondo è che la gente che compie tutta la sua formazione al Sud, viene poco considerata, a differenza di chi può vantare un altro tipo di collaborazioni. Noi con il nostro lavoro stiamo cercando di coinvolgere alcuni ragazzi per degli stage, in collaborazione con l’Università della moda di Bari».
Di recente alcune star dello spettacolo hanno osato sfilare sui red carpet con abiti supereconomici e alla portata di tutti: tra queste, Michelle Williams che si è aggiudicata la palma per il suo look originalissimo sfoggiando un abito realizzato da H&M, in occasione dei Bafta's Awards. Un gesto di sfida o una presa di coscienza? Che direzioni sta prendendo il mondo della moda per affrontare la crisi?
«Sicuramente la crisi c’è e si vede e la risposta che arriva per affrontarla sta nelle numerose collaborazioni che stanno prendendo piede tra le grandi firme e i colossi del fast fashion come H&M o Zara, grandi catene di negozi che consentono un’ampia scelta tra capi economici e di tendenza. Se penso al futuro sono sempre più sicuro che il pret à porter verrà assorbito dai grandi magazzini e crescerà il divario tra questi e le linee di lusso che aumenteranno le limited edition con abiti realizzati su misura. È chiaro che le conseguenze di questa situazione si riverseranno negativamente sulle aziende più piccole che già da ora devono fronteggiarsi con gli effetti della crisi».
Si può creare uno stile anche senza seguire rigorosamente le tendenze?
«Sì, le tendenze sono un buon punto di partenza, poi ognuno le fa proprie e crea la sua identità. Non penso che l’abito faccia il monaco, ma il più delle volte rappresenta un modo per esprimere e rispecchiare la personalità di chi lo indossa: è giusto prendere spunto da quello che dettano le passerelle e adattarlo alla propria persona».
La tua creatività e la tua esperienza lavorano costantemente e con grande dedizione per creare abiti e nuove collezioni: come lavori, invece, quando curi la tua immagine?
«Nel mio ambiente l’immagine conta tantissimo, perciò da stilista dedico molta attenzione alla cura del mio stile, cercando di dispensare anche qualche consiglio ai miei amici. Vado spesso alla ricerca di alcuni particolari, cercando di realizzare su di me quello che sarebbe lo stile di un futuro uomo Rossorame, poiché per il momento il nostro brand si occupa solo della donna. Tuttavia nella vita di tutti i giorni quando sono a lavoro, preferisco stare comodo e mi vesto tranquillamente da Zara, anche perché non mi piacciono i fashion victim!».
Chi sono i tuoi stilisti preferiti?
«Cerco di guardare un po’ tutti gli stilisti, anche quelli più estrosi che non stentano a osare. Rimpiango molto Alexander McQueen, perché la sua figura è stata sempre un po’ vicina a quella di Gianni Versace, cercando spesso di portare avanti le sue idee».
Essendo uno stilista ti sarà capitato più volte di confrontarti col problema dell’anoressia: la moda lancia messaggi contrastanti a tal proposito, tu cosa ne pensi?
«Penso che modelle si nasca. Ci sono tante ragazze che presentano le caratteristiche adatte per essere top model: chi si sforza in tutti i modi per raggiungere le misure giuste, finisce solo per peggiorare la sua situazione e ammalarsi. Una volta, in occasione di una sfilata, mi è capitato di incontrare una ragazza anoressica, ma non l’ho fatta sfilare, perché una donna con un problema del genere ha solo bisogno di aiuto e di sicuro non potrebbe mai dare risalto e valore a un abito. Per essere delle vere modelle, non contano solo le misure: è necessario avere portamento ed eleganza».
A proposito di sfilate, qual è il tuo stato d’animo prima, durante e dopo un evento?
«Allora c’è sicuramente tensione all’inizio, poi concentrazione e alla fine il crollo!».