Corpo sinuoso. Curve distribuite dal tempo. Occhi scuri e intensisopra zigomi sodi e pronunciati. Un sorriso smagliante che scopre una candida dentatura. Sguardo dolce e infantile ma carico di forza e fierezza. Una donna afroamericana che mostra un corpo differente dallo stereotipo del suo tempo. Madrina del movimento contro il “body-shaming”. Il riscatto della donna normale
Dotata di uno spiccato gusto estetico, è naturalmente elegante, si distingue dal trend kitsch tipicamente americano tanto da guadagnare la copertina di molti periodici come Ebony Magazine, Essence, Glamour, Time e Vougue: è Michelle LaVaughn Robinson, nata a Chicago il 17 gennaio 1964, una ragazza di una famiglia democratica, come tante della media borghesia americana, che ama il suo Paese e crede nei valori della famiglia. Sente l’impegno sociale e crede nei diritti del suo popolo prestando il suo impegno nell’ambiente sociale e politico.
Si distingue da subito per la sua spiccata intelligenza, il suo carattere volitivo e il suo senso del dovere che la porteranno a laurearsi presso la prestigiosa Harvard Law School.
Michelle da inizio alla sua carriera legale presso il rinomato studio Sidley Austin LLP, partecipando alla vita politica e prestando servizio presso il Medical Center dell’Università di Chicago.
Durante la sua attività lavorativa stagionale, presso la società Sidley Austin, conoscerà colui che diverrà l’uomo della sua vita: Barack Obama.
Quello che seguì è ormai storia. Michelle Obama è stata la prima First Lady afroamericana nella storia degli Stati Uniti d’America.
Donna dal grande impegno sociale ha abbracciato numerose battaglie per i diritti del popolo americano, delle minoranze, delle donne, degli afroamericani e contro la violenza, ha sempre espresso una personalità carismatica, anche se ferma e risoluta. Il suo modo di presentarsi è stato ampiamente apprezzato anche dagli oppositori. Nel suo impegno non ha mai tralasciato il suo ruolo di madre e moglie, imponendosi giorni della settimana e luoghi dedicati esclusivamente alla famiglia.
Michelle è amata dai bambini americani per il suo spontaneo senso materno e la sua estrema disponibilità. Ha partecipato a diverse serie televisive dedicate ai ragazzi, dove ha sempre colto l’occasione di lanciare messaggi legati alla salute, lo sport e la corretta alimentazione. La sua progressiva presa di coscienza dei problemi sociali, l’hanno spinta ad abbandonare la sua passione per l’abbigliamento griffato a favore di uno semplice ed economico, tanto da promuovere una linea di abbigliamento accessibile, gradevole e alla portata di tutte le donne americane.
Michelle Obama è sempre stata vicina alla popolar culture, tipica della maggioranza della popolazione americana, preferendola alla high culture tipica dell’elite statunitense. Questo ha ulteriormente rinsaldato il suo diretto rapporto con il popolo degli States.
Quello che emerge dalla storia di Michelle Obama è che si è dimostrata un grande valore aggiunto per il Presidente degli Stati Uniti prima di essere la First Lady degli States.
La visione americana della società, della nazione, della famiglia, è estremamente differente da quelle del resto del mondo. Sotto diversi aspetti l’America è ancora conservatrice e crede fortemente nella sua supremazia mondiale. In questo contesto bisogna considerare Michelle come una donna proiettata in realtà molto progressiste per l’America e, proprio per questo, sarebbe stato bello vedere Michelle quale candidata alla presidenza contro Donald Trump. Per una serie di condizioni questo è impossibile ma ci piace immaginarlo e ipotizzarne gli esiti.
Ma l’America non è Michelle Obama o, almeno, non lo è ancora. C’è ancora una vasta area degli States radicata in principi presecessionisti, i cui abitanti hanno scelto Trump per profonda convinzione e che anche senza di lui avrebbero continuato a manifestare i loro principi razzisti, xenofobi, omofobi e conservatori.
Gli stessi che hanno spinto la direttrice di un non profit, Pamela Ramsey Taylor, prontamente sostenuta da Beverly Whaling, sindaco di Clay, una cittadina del West Virginia dove non esistono cittadini afroamericani, a rilasciare una pubblica dichiarazione contro Michelle Obama.
“Ci sarà una ventata di aria fresca ora che una First Lady di classe, bella e dignitosa tornerà alla Casa Bianca. Sono stanca di vedere una scimmia con i tacchi” è quello che ha scritto su un noto social la sostenitrice di Trump. Dopo il clamore destato, Pamela Ramsey Taylor e Beverly Whaling hanno cercato di giustificare e correggere il tiro.
Troppo tardi per l’opinione pubblica che si è espressa con profonda indignazione. Questo è quanto normalmente ci si aspetta per una simile espressione contro una donna, specie se riferita alle sue origini. Eppure è sufficiente leggere i commenti sui social americani e, purtroppo, su molti europei, per scorgere affermazioni cariche di odio, razzismo, sessismo, volgarità e arretratezza, contro l’aspetto fisico di Michelle Obama e per il colore della sua pelle. Una realtà ampiamente sottovalutata tanto da accettarla tacitamente anche nel nostro paese.
Se è vero che Trump sarà un incentivo per il lato oscuro della società, è pur vero che questo esiste anche senza di lui ed è una grave minaccia alla democrazia e alla civiltà.
Il diritto alla libera espressione cessa laddove inizia l’istigazione all’odio.