Pubblicato da: Maria Teresa Trivisano
Categoria: ATTUALITA'
15 FEB 2013
È tra i medici più conosciuti e stimati nel settore dell’otorinolaringoiatria. Dopo un’intensa attività lavorativa condotta al Nord, da qualche anno è tornato nella sua terra, pronto a diffondere metodi lavorativi incentrati sul confronto e la collaborazione
Ho avuto modo di incontrare il dott. Procaccini prima e dopo un intervento, di leggere la paura negli occhi di una madre, per poi tastarne immediatamente la rassicurazione quando quel dottore alto e dall’aspetto autorevole usciva dalla sala operatoria per dirle che l’intervento era riuscito perfettamente e poteva stare tranquilla. Nelle sue parole era concentrato il desiderio di sentire l’odore della speranza e del conforto, nelle sue mani, invece, era risposta la speranza che riuscissero ancora una volta a togliere il tarlo di un male ingiusto. Non si potrebbero più contare gli interventi che distinguono la carriera di quest’uomo e anche quando lo rivedo per l’intervista la sua agenda pullula di numerosi altri appuntamenti: ordinaria amministrazione, potrà pensare qualcuno, e invece no. Quando mi parla del suo mestiere c’è qualcosa che accende il suo sguardo, così come quando ricorda il suo primo intervento: indimenticabile come esperienza, ma in grado di trasmettergli quelle emozioni che tuttora caratterizzano ogni suo incontro con chi sceglierà di riporre in lui la sua fiducia.
Dott. Procaccini dove si è svolta la sua formazione professionale e lavorativa?
«Sono originario di Foggia, ma sia la mia formazione che la mia attività lavorativa si sono svolte prevalentemente al Nord, infatti, ho lavorato per molti anni a Reggio Emilia (in un grande centro di chirurgia cervicale) e sono stato primario a Rieti. Dal 2010 sono tornato a Martina, sia perché mi sento molto meridionalista, sia perché quando lavoravo a Rieti c’erano parecchie persone provenienti da Taranto e provincia che venivano a curarsi lì, perciò ho pensato che sarebbe stato meglio spostare questa offerta di cura anche al Sud, senza costringere la gente a compiere i cosiddetti viaggi della speranza, ribattezzati da me come ‘viaggi della disperazione’: ritengo che nessuno sia contento all’idea di farsi curare lontano da casa. Tornato in Puglia, ho iniziato un’attività lavorativa molto importante con l’Ospedale Nord, che si è conclusa alla fine del 2012. Tuttavia, attualmente, mi sto dedicando particolarmente alla chirurgia oncologica del collo e opero nella Clinica D’amore di Taranto dove facciamo attività oncologica a livello tiroideo, considerando la grande frequenza di questo tipo di patologia particolarmente diffusa nella provincia di Taranto, con casistiche più ampie rispetto alla media nazionale».
Cosa l’ha spinta a intraprendere gli studi di medicina e a specializzarsi in otorinolaringoiatria?
«La scelta di diventare medico è stata dettata anche dalla voglia di continuare la tradizione della mia famiglia, dal momento che sia mio padre che mio nonno erano medici. La decisione di specializzarmi in otorinolaringoiatria e quindi di diventare chirurgo del collo, è avvenuta in modo casuale: mi sono laureato molto presto, appena 23enne, avevo voglia di cominciare a lavorare e così, non volendo rimanere a Foggia, decisi di spostarmi a Piacenza, dove c’era un grande professore di otorinolaringoiatria diventato famoso per tecniche chirurgiche particolari; lì sono rimasto per sei anni e mi sono specializzato a Ferrara. Si tratta di un’attività che tuttora mi appassiona e mi regala continuamente grandi soddisfazioni».
Avendo lavorato per parecchi anni al Nord, ha mai notato delle differenze col sistema sanitario meridionale?
«Sì, e devo ammettere che si tratta di differenze abissali. Il Sud ha un gap di tempo che corrisponde a circa 10-12 anni: le cose che facevo tanti anni fa a Reggio Emilia, si sono realizzate (in parte) nel Sud dopo 15 anni, e anche a Rieti, dove ho fatto il primario per 12 anni, c’era un metodo sanitario diverso rispetto all’Emilia Romagna. Il divario è nella grande differenza organizzativa e programmatica: qui si lavora in modo adeguato, ma manca un sistema efficiente e solido di collaborazione, perciò si curano quasi sempre le emergenze, senza una pianificazione che aiuti a ridurle».
Secondo Lei quali sono le cause a cui poter attribuire questa scarsa collaborazione lavorativa?
«Ci sono cause individuali, infatti, difficilmente i medici che lavorano al Nord tornano al Sud - io forse, sono uno dei rarissimi esempi - tutti gli altri, sono persone che hanno lavorato sempre qui e non hanno avuto quel tipo di formazione che abitua a collaborare e a creare delle sinergie, non solo tra professionisti, ma anche tra categorie diverse di professionisti, come tra medici e infermieri. Questa scarsa propensione a lavorare insieme dipende anche da un sistema di organizzazione a livello superiore che non prevede queste modalità: i dipartimenti dovrebbero essere l’espressione massima di una metodologia di lavoro che crei una cooperazione tra branche simili, in grado di confrontarsi sull’adozione di nuovi macchinari, l’adeguamento delle sale operatorie (operazioni che non devono avvenire individualmente). Infine, ci sono le programmazioni a livello massimo nell’ambito delle aziende sanitarie che devono verificare i fabbisogni della popolazione, mettendo in atto azioni correttive che soddisfino quelle reali esigenze. Tutti questi passaggi non avvengono sia per le difficoltà economiche, sia per una scarsa propensione a lavorare insieme, sia per una caratteristica meridionale all’individualismo un po’ esasperato: questo rappresenta un tappo per la crescita nell’ambito sanitario del Sud e finché non entriamo nella logica del confronto e della collaborazione ci misureremo sempre con questo ostacolo».
Tutto questo riversa, negativamente, le sue conseguenze sia sui medici, che sui pazienti.
«Sì, di conseguenza i medici lavorano sotto sforzo, perché potrebbero ottenere risultati migliori con un impiego inferiore di risorse, mentre il paziente non trovando un meccanismo che lo accompagni nella sua malattia, a partire dalla diagnosi, preferisce rivolgersi ad altre strutture. Nel campo dei tumori della testa e del collo, eravamo riusciti a organizzare un gruppo interdisciplinare composto da un chirurgo, dal radioterapista e dall’oncologo medico: questi lavoravano insieme su ogni caso di tumore, in modo da confrontare le proprie opinioni e creare un protocollo condiviso di trattamento. Il modo migliore per lavorare è la medicina multidisciplinare, soprattutto in campo oncologico; noi eravamo riusciti a creare questo metodo, ma purtroppo è rimasto abbastanza isolato. È necessario che i modelli organizzativi virtuosi, vengano assunti e trasferiti in realtà diverse: non è la regione che fa gli uomini, sono gli uomini che fanno la regione, perciò basta poco per adeguarsi agli standard nazionali».
Nel campo dell’otorinolaringoiatria, quali sono i tumori che vengono diagnosticati più frequentemente?
«Nel nostro campo i tumori più frequenti sono quelli delle vie respiratorie superiori: tumori della laringe, della faringe, del cavo orale e della tiroide. Meno frequenti sono quelli in alcuni distretti particolari, come i seni paranasali o le ghiandole salivari. Tranne rare eccezioni, si tratta di tumori quasi tutti curabili, se presi in tempo. Rimane fondamentale la diagnosi precoce per pazienti a rischio e soggetti fumatori, infatti, tra le cause più frequenti che provocano queste malattie c’è un eccesso di fumo e alcool, fattori ambientali come l’inquinamento e fattori individuali come quelli genetici. Anche alcuni lavoratori del legno sono sottoposti a un rischio più elevato di tumori nei seni paranasali».
Negli ultimi tempi si è parlato a lungo della questione riguardante l’Ilva di Taranto e della difficile dicotomia creatasi tra salute e lavoro: che idea si è fatto di questa situazione?
«Certamente è importante che abbiano cominciato a prendere in seria considerazione il problema ambientale a Taranto, anche se il problema non è solo lì, perché i venti spostano queste sostanze. Penso che si sia perso tantissimo tempo, accettando passivamente un inquinamento spaventoso che ha causato tante morti, anche di bambini e giovani. Spero vivamente che si mettano in atto meccanismi di protezione come è avvenuto in Austria o in Belgio: io non sono per la chiusura dello stabilimento, ma sono convinto che si possa ridurre drasticamente la produzione di inquinamento. Non si può scegliere né di chiudere né di morire, bisogna trovare il giusto compromesso».
Che incidenza hanno i tumori che interessano il suo settore? Ci sono buone possibilità di guarigione da queste patologie?
«I tumori delle vie respiratorie colpiscono più gli uomini, quelli tiroidei, invece, si riscontrano più sulle donne, inoltre c’è anche una bassissima incidenza sui bambini. Tra i vari segnali di allarme per quanto riguarda le vie respiratorie ci sono: abbassamento persistente della voce, dolore nella deglutizione, sanguinamento nasale ricorrente e comparsa di noduli e tumefazioni improvvise. Per i tumori della laringe, invece, ci sono anche lesioni precancerose che possono essere curate prima che diventino cancro. I tumori della tiroide guariscono perfettamente con l’intervento e la terapia giusta, tranne per un tumore rarissimo».
Negli ultimi anni sono state sviluppate numerose tecniche chirurgiche mininvasive: queste hanno interessato anche il metodo di intervento sulla tiroide.
«Sì, la medicina ha fatto grandi passi in avanti e il suo sviluppo è legato a quello dell’ingegneria clinica, e alla tecnologia. Una volta per l’interevento alla tiroide si facevano dei tagli da 15 cm, adesso, invece, grazie a tecniche mininvasive ed endoscopiche, si fanno tagli piccolissimi anche solo di 4 cm. Nella maggior parte dei casi si preferisce procedere con una terapia totale che asporti tutta la tiroide (che può essere sostituita attraverso l’assunzione di un farmaco in grado di produrre lo stesso ormone), questi casi sono: tumore maligno, presenza di più noduli e malattie come l’ipertiroidismo che recano danni a tutto l’organismo. In casi più semplici si può effettuare un intervento di lobectomia che consiste nell’asportazione di metà tiroide; al di sotto di questo non ci sono altri interventi validi».
La figura del chirurgo ha sempre goduto di una stima particolare da parte del paziente; quanto è difficile convivere con questo senso di responsabilità e che ricordo ha del suo primo intervento?
«Il chirurgo ha una psicologia particolare, perché, nel momento in cui deve operare, diventa responsabile della vita o della morte di una persona: l’intervento chirurgico deve iniziare e finire risolvendo un problema, talvolta anche affrontando delle complicazioni che possono verificarsi nel giro di pochissimi minuti, per questo è necessario avere una grande capacità di controllo delle proprie azioni, delle proprie mani, e della propria testa. Inoltre, ci tengo a ribadire che, in fase preparatoria, è indispensabile eseguire tutte le indagini possibili e dare un’analisi completa della situazione del paziente. Oggi le tecniche endoscopiche e radiologiche ci permettono di affrontare un intervento con una sicurezza maggiore. Serve molta ‘attenzione’: dobbiamo comprendere tutte le esigenze del nostro paziente, senza sottovalutare nessun aspetto del suo percorso sia nel bene che nel male. Il mio primo vero intervento di laringectomia totale (asportazione di un tumore alla laringe, ndr) è stato abbastanza traumatico, perché il primario mi mise di fronte a una grande responsabilità, però riuscì a cavarmela e fu un intervento che mi diede grande soddisfazione. Tuttavia ci sono operazioni che riguardano bambini, ragazzi, padri o madri di famiglia che si affidano a te per una speranza di guarigione e in quel caso non è molto facile gestire i propri sentimenti, perché inevitabilmente ogni storia può coinvolgerci emotivamente, tra l’altro il chirurgo che opera un tumore è consapevole che un intervento chirurgico sbagliato all’inizio può compromettere la possibilità di cura».
Commenti:
Paolo Scarapellini Maestro d´Arte 21/NOV/2019
Tanti bei ricordi ed ora un grande pittore conosciuto nei Mondo.
Maria Rosaria 10/SET/2016
Conosco il prof.procaccini da oltre 20 anni e avendo lavorato nella sanità tarantina posso affermare senza timore di essere smentita che non ha pari sia per la sua professionalità che per la sua umanità. Di uomini come lui ne avremmo tanto bisogno. Perciò prego il buon Dio che lo mantenga sano e lucido il più a lungo possibile.
Simona buonsanti 5/GEN/2016
Il Prof Procaccini e' innanzitutto un grande uomo e poi un grande medico. Operata di carcinoma tiroideo nel 2010 tutto ok. Non esitate a mettervi nelle sue mani.
Salvatore 29/MAR/2015
Ciao Antonia ho letto la tua richiesta del recapito telefonico del prof. Procaccini e ti consiglio di contattare la casa di cura D'AMORE di Taranto dove lui opera, prendendo un appuntamento.
il n. di telefono è 099 770 4111 ciao e auguri
Antonia 21/MAR/2015
Sarei grata a chi mi da' un recapito telefonico del dott. Procaccini! Ho bisogno di una visita urgente! Grazie mille!
Nicola 11/MAR/2015
Ricordo con immensa gratitudine il Prof. Procaccini, che ho conosciuto a Martina Franca nel 1993.
E' una persona con tanta umanità nei confronti dei suoi pazienti e professionalmente preparato.
Grazie Prof. Procaccini
Argentiero domenico 29/MAG/2014
Operato nel 2009 per ca laringeo ad oggi tutto ok. Con tanta stima ti ringraziamo ancora
Tiziano 21/GEN/2014
Grazie MARIA Sei gentilissima a rispondermi ora sn in attesa ke mi kiamano... ho tanta ansia... sono centento che sia andato tutto bene a te... che Dio ti benedica...
Grazie per il conforto...
Maria 4/DIC/2013
Tiziano mi ai fatto tanta tenerezza , caro stai tranquillo sei in buone mani non avere paura .il prof.Procaccini a le mani guidati da Dio .io sono Maria sono stata operata cinque anni fa con 22 linfonodi al collo ,laringe ,corda vocale e alla sovraglotica adesso sto bene ,parlo prima non riuscivo a farlo ti voglio tranquilizzare stai sereno vedrai andra tutto bene in bocca a lupo
Tiziano 21/OTT/2013
A gennaio febbraio verro operato dal Prof. Procaccini, per un anedoma pleoformo alla parotide dx, ho tanta paura.
Spero vada tutto per il verso giusto, il Prof. Procaccini mi ha trasmesso molta sicurezza.
Ma sono molto agitato e ansioso...
Simona buonsanti 3/OTT/2013
Caro Dottore,
che dire ...quelli come lei sono pochi, una brava persona, un ottimo professionista , mi ha operata nel 2010 per un carcinoma tiroideo sono guarita, le voglio bene come ad un padre...
Daniela Chiloiro 20/AGO/2013
Buongiorno Prof. Procaccini è un immenso piacere poterle scrivere un pensiero.
La ringrazio infinitamente per aver operato mio figio Nithael (forse lo ricorderà per il nome) il 30 luglio 2012 al Nord di Taranto per adenoidi e tonsille. Nonostante fosse molto piccolo (due anni) ha ritenuto di operarlo urgentemente perchè andava in apnea totale e gli si deformava il torace in modo impressionante.
da allora lui sta bene, respira e dorme tranquillo e tutto questo grazie a lei.
Ricordo che prima di portarlo in sala operatoria lei lo ha abbracciato e baciato e Nithael è venuto in braccio a lei senza esitare, è un ricordo che mi commuove tutte le volte che ci penso.
Consiglio a tutti di rivolgersi a lei e se dovessimo avere altri problemi la cercheremo ovunque si troverà.
Resterà sempre nel nostro cuore, mamma Daniela!
Greg 28/GIU/2013
Un anno fa come oggi sono stato operato dal Prof. Procaccini per un carcinoma tiroideo.
Ricordo che prima dell'intervento mi fece una carezza sul capo dicendomi: tranquillo tranquillo risolveremo tutto...e cosi è stato.
Non smetterò mai di ringraziarlo per la professionalità e l'umanità sempre dimostrata.
Grazie Prof. Procaccini.
Maria 4/MAG/2013
Grazie per avermi dato la vita o un grande rispetto e stima per il grande Professor Procaccini