Non sempre quello che appare nefasto lo è davvero e basta confrontarlo con la realtà per darne la giusta dimensione, così come non è detto che sia davvero il lunedì il giorno peggiore della settimana
Il giorno più bistrattato della settimana, il lunae dies, dedicato alla Luna che cadenza l’inizio delle ore governandone il tempo, quello che in centinaia di aforismi è il più odiato, a volte edulcorato da un “Buon inizio settimana” tralasciando volutamente di nominarlo. Il lunedì.
Un giorno talmente smorto che si applica anche lo sconto nelle sale cinematografiche. C’è chi desidererebbe fosse sostituito da un secondo sabato e chi ne rinnega l’esistenza. Eppure è l’inizio di un nuovo ciclo temporale e, quindi, una potenziale rinascita. A rifletterci, se il lunedì è così maltrattato, ne sono responsabili il sabato pomeriggio e la domenica che, in teoria, dovrebbero essere dedicati al riposo e lo svago (!?).
Spezzando una lancia in favore del povero lunedì, il giorno che appare davvero arduo è il mercoledì, quel giorno in cui si è in piena attività, al centro della settimana, quello in cui è davvero difficile defilarsi dagli impegni con una scusa ragionevole. Il mercoledì è come attraversare un ponte tibetano sotteso per 300 metri su una gola profonda 120 e fare l’unica cosa sconsigliata: guardare in basso. Mentre torna alla mente Wile Coyote che precipita nel caynon, ci si accorge che è necessaria più di un’ora per raggiungere la meta. E all’arrivo, quando si è convinti di essere in salvo, si posano i piedi su una sky-walk in vetro trasparente sospesa nel vuoto.
È così che il mercoledì diventa un ottimo mezzo di confronto per rivalutare il tanto vilipeso lunedì.
Capita in alcuni mercoledì di svegliarmi con il desiderio di esilio e che, già durante la rasatura, comincino le introspezioni, il pessimismo cosmico, i ricordi e il bisogno d’affetto.
L’unica cosa che potrebbe mutare quello stato di prostrazione, e sicuramente non è l’immagine riflessa allo specchio, è il pensiero di un prato fiorito su cui distendersi alla ricerca di microscopici fiori osservando le formiche. Oltre a sporadici casi in cui si decide di farlo contro ogni legge fisica e sociale, e comunque non capita mai di mercoledì, si prosegue la giornata esattamente come le altre ma con, in più, quel senso di languore simile al reflusso gastroesofageo.
Durante lo svolgimento dei propri compiti, si cerca una valida motivazione per sentirsi allegro, disinibito, positivo ma l’unica cosa che sortisce un effetto benefico è il pensiero degli affetti o quello indirizzato a chi reputiamo migliore e più forte di noi. Ognuno ha un suo riferimento finalizzato al benessere. C’è chi pensa alla famiglia, chi agli amici, chi si rifugia nella religione, chi indossa le cuffie ascoltando musica e partendo per voli pindarici con l’aiuto o meno di rimedi erboristici, oppure chi si dedica allo shopping compulsivo.
Io, e suppongo di non essere l’unico, ne ho uno efficace tanto da permettermi di posare i piedi su quella sky-walk in vetro trasparente e guardare perfino verso il basso. Anche di mercoledì. Dopo aver pensato: “Zio muoversi!”, comincio a elencare il repertorio di amici, parenti, semplici conoscenti o persone viste anche solo una volta che vivano un disagio, anche piccolo o momentaneo.
Generalmente sono sempre gli stessi volti, salvo qualche uscita o new entry.
Mi torna alla mente quella ragazza d’acciaio che, nonostante la stanchezza, non può fermarsi perché suo marito ha perso il lavoro e ha un bimbo da crescere, oppure quella brava cake design che potrebbe essere famosa nel mondo ma è bloccata da una piccola valvola sul petto da cui attinge la vita, o ancora quella con le gote paffutelle e gli occhi di gatto che, dopo l’esito positivo degli ultimi esami clinici, ha deciso di coronare il suo più grande sogno e presto sposerà l’amore della sua vita. C’è anche quel bambino che non vedeva le lettere così come appaiono a tutti noi e che non avrebbe mai imparato le tabelline. Dopo anni di fatica e fiumi di lacrime, oggi è un ragazzo forte e allegro con un cuore immenso, che ha creato il suo alfabeto personale. Poi c’è lei, quella che ama guardare i film di Romy Schneider mentre aspetta una conferma che non arriva e, intanto, riversa il suo affetto su chiunque ne abbia bisogno. Ci sono anche loro, le donne e gli uomini dei Vigili del Fuoco che, per 1300 euro al mese sfidano ogni giorno la morte per proteggere la vita, sapendo di non avere un futuro certo. C’è anche quella donna che nel pieno della sua carriera ha incontrato un acronimo a tre lettere che le impedisce di muoversi e si sforza di essere autonoma per non pesare su nessuno e poter raggiungere, un giorno, la Svizzera. E poi le migliaia di senza tetto, quelli che lottano per un pasto, quelli che preferisco affrontare le onde dell’ignoto piuttosto che l’oscurità del presente.
Sono loro l’ago che segna il giusto senso della vita, anche nei giorni in cui non interessa un PIL della situazione politica del Paese.
Il giusto incipit che riempie il bicchiere mezzo vuoto.
“Provare per credere” e anche i momenti più foschi, se raffrontati alla realtà, lo divengono molto meno.
Certo, c’è una condizione imprescindibile perché quella che sembra un argine al malessere funzioni davvero: avere sensibilità e rispetto per gli altri, una coscienza sociale e la giusta considerazione di se stessi.
Probabilmente, possedendo queste qualità non ci sarebbero nemmeno lunedì o mercoledì difficili e attraversare quel ponte sarebbe un passeggiata salutare.
Che per qualcuno il giorno “no” sia il lunedì, il mercoledì o l’intera settimana questo, che sarebbe dovuto essere un articolo di attualità, è divenuto una raccolta di divagazioni asincrone più simile a una favola di Esopo, ma senza morale, o meglio, lasciando al lettore l’arbitrio di scegliere quella che più preferisce.
Sarà un caso ma proprio di mercoledì è nato quest’articolo, lo stesso giorno in cui qualcuno ha pensato di studiare la scomposizione della materia sull’auto del nostro direttore (Boss) facendola scomparire, mentre il figlio di un collaboratore di Extra è rimasto ostaggio durante una rapina presso il suo posto di lavoro.
Il 16 settembre 1992, proprio di mercoledì, George Soros tentò e gli riuscì una speculazione in borsa vendendo l’equivalente in sterline per 10 miliardi di dollari, causando una perdita del 30% di valore della lira sul dollaro, guadagnandoci 1,1 miliardi di dollari e consegnando quel giorno alla storia dell’economia con il nome di “mercoledì nero”.
L’auto è ricomparsa, la vittima della rapina sta bene e, nonostante George Soros, siamo tutti sopravvissuti al “mercoledì nero”.
La mia visione alternativa del mercoledì, quindi, non è così asincrona.