Un vitalizio è per sempre, anzi… no.
Mi sento particolarmente toccato dal tema “abolizione dei vitalizi”. Mio padre è un ex consigliere della Regione Campania e attualmente è tra gli ex consiglieri che ogni mese riceve il suo assegno vitalizio, pari a circa 2000 euro (non ne conosco l’ammontare preciso, perché non mi sono mai interessato troppo alle vicende reddituali di mio padre).
Il polverone sollevato dalla proposta del nuovo governo di “abolire i vitalizi” è dunque qualcosa che mi impone di prendere una posizione pubblica, sia come avvocato, sia come avvocato che fa politica forense, e in effetti una posizione l’ho già assunta, mesi fa, ma vale la pena ribadirla, attualizzandola, con una riflessione che tocca aspetti assai discussi in questi giorni.
Parto dalla mia visione e dalla mia posizione. Sono il figlio di un uomo che ha goduto dei privilegi della politica italiana. Si, è un dato incontestabile. La mia famiglia, di estrazione operaia, ha visto aumentare di colpo il proprio benessere economico quando mio padre, nel 1995, è divenuto Consigliere Regionale in Campania. Non è un mistero che le indennità dei politici italiani superino di molto il valore dello stipendio di un operaio o di un impiegato, quindi molti cittadini sarebbero ben lieti di passare dal proprio attuale reddito a quello di un politico e così, quando mio padre ha aumentato il suo reddito, la mia famiglia ne ha beneficiato. Faccio fatica a credere che questo benessere possa essere ritenuto una sorta di colpa, di marchio di infamia da espiare, da “ripagare” in qualche modo.
In Italia infatti, fare politica a un certo livello ha consentito a molti cittadini di raggiungere il benessere ed ha comportato, per i Consiglieri regionali e i Parlamentari, il “diritto” a un vitalizio. Quel diritto non è stato ottenuto per mezzo di attività illecite, pressioni, o azioni immorali. Semplicemente, era uno dei privilegi della classe politica italiana, che oggi il popolo non vuole più accettare. Il tema vero su cui interrogarci attiene dunque alla possibilità di configurare i diritti quesiti come privilegi abusati, rivedendo quegli aspetti non più in linea con l’attuale sentire del popolo. Su questo punto io sono assolutamente d’accordo. Non può esistere un diritto a cristallizzare ingiustizie e sperequazioni, se esse, successivamente, vengono riconosciute come abusi. Sgombro dunque il campo: un ricalcolo dei vitalizi è a mio parere doveroso e necessario, ma in primo luogo occorrerebbe onestà nel dire che il paese sta parlando di questo, ovvero di un ricalcolo, di una rimodulazione e non della loro abolizione. In secondo luogo, occorre partire dall’alto e chiedersi cosa avviene quando si giunge in basso. In Italia esistono innumerevoli situazioni di privilegio “pubblico”, che lo Stato consente, considerandole “diritti”, nonostante facciano a pugni con l’equità e la solidarietà che dovrebbe tenere insieme una comunità. Stipendi a mega manager che sfidano la decenza, contratti milionari a star del “servizio televisivo pubblico”, dirigenti inamovibili con indennità faraoniche e non limitabili… e tanto altro. Perché dunque il problema sono i vitalizi, ovvero tutti i vitalizi, anche quelli, di fatto modesti? Semplice, perché il politico è ladro, vive nel lusso, ha distrutto il paese e allora oggi deve andare in miseria. Tutto bello, tutto affascinante, ma il politico che non è ladro, che non vive nel lusso, che non ha distrutto un bel niente, deve andare lo stesso in miseria?
Io non credo che ridurre un vitalizio di 10 mila euro a 6 mila euro sia sbagliato. Ha una sua logica, che inserita in un quadro di riforme volte a generare sobrietà nella politica, apprezzo e condivido. Non comprendo il senso di provvedimenti che mirino a portare i vitalizi a livelli da fame. Non credo che il pauperismo e la vendetta generalizzata siano la risposta alla povertà di troppi cittadini. Non mi lascio incantare dal mito che se siamo tutti poveri, allora gli attuali poveri stanno meglio. Ridurre i privilegi è una misura condivisibile, ma occorre sempre partire dall’alto, valutare le situazioni con equilibrio, non farsi trascinare dai roghi e dal linciaggio indiscriminato. Stiamo attenti a non credere che il “dagli all’untore” possa in qualche modo agire come un rimedio contro la peste. Per fortuna non è così.