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OBIETTIVO SENSIBILE/TITOLO LIBERO, SÌ, DA IPOCRISIE

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

24
GEN
2019

I santoni del politicamente corretto hanno acceso a sproposito le sirene dell’omofobia affibbiandoci automaticamente il compito ingrato di provare a spegnere il ventilatore dentro cui è stato buttato immotivatamente un secchio di fango

Oddio che palle, adesso tocca difendere Libero applicandosi all’ovvio. L’Amazzonia ci scuserà se metteremo in moto le rotative sprecando carta preziosa per una polemica che non sarebbe nemmeno dovuta nascere.
Ma tant’è, i santoni del politicamente corretto hanno acceso a sproposito le sirene dell’omofobia affibbiandoci automaticamente il compito ingrato di provare a spegnere il ventilatore dentro cui è stato buttato immotivatamente un secchio di fango.
Sì, ok, lo sappiamo che potevamo farci i cazzi nostri ascoltando i consigli del Senatore Antonio Razzi ma le cause perse ci attirano come gli orsi col miele mentre i luoghi comuni ci provocano l’orchite.
Siamo egocentrici? Può darsi e per ciò speriamo che questo mondo - così buono con tutti-  tuteli anche la nostra categoria.
Perché poi alla fine tutelare il mondo omossessuale dagli attacchi è cosa sacrosanta: nel 2019 nessuno dovrebbe più fare certi tipi di discriminazioni che, in quanto beduine, vanno respinte con forza al mittente isolando gli imbecilli. Peccato che il povero quotidiano Libero con la storia dell’omofobia ci azzecchi come Malgioglio con Rocco Siffredi.
Ma andiamo con ordine. Il titolo incriminato è questo: «C’è poco da stare allegri. Calano fatturato e Pil ma aumentano i gay».
Quel “ma” inserito tra “Pil” e “aumentano” grammaticalmente taglia la testa al toro: le doglianze si riferivano alla situazione economica.
Chiaro che un provocatore intelligente come Vittorio Feltri non si sia lasciato sfuggire l’occasione di giocare sull’equivoco smutandando i benpensanti che infatti hanno abboccato: hanno letto il titolone e sono corsi a mettere le polveri nei cannoni dichiarando laqualunque su tutte le agenzie di stampa.
Sarebbe bastato sprecare cinque minuti del proprio tempo per leggere l’articolessa del bravo Filippo Facci per capire che di sgradevole e omofobo c’è solo il retro pensiero di chi non vede l’ora di battezzarsi alla fonte del buonismo bacchettone e del politicamente corretto ergendosi a sacerdote scandalizzato di fronte a cotanta blasfemia (presunta).
Il pezzo di Filippo Facci, che stazionava in taglio alto proprio per sviscerare le argomentazioni contenute nel titolone di prima, partiva dal film con Marco Giallini attualmente in programmazione al cinema in cui si racconta di tre disperati che vengono catapultati dal 2019 al 1982.
Facci ha provato ad immaginare cosa sarebbe accaduto se invece il viaggio del tempo fosse stato dal 1982 al 2019. Se ipoteticamente dal passato giungessero dei turisti del tempo fino ai giorni nostri probabilmente rimarrebbero spaesati di fronte a tantissime cose: “Tac, scatto di oggi: 1) il Pil è in calo; 2) esiste la fatturazione elettronica, ma la maggioranza evade o non sa usarla; 3) sondaggi vari spiegano che i gay sono in aumento - disposti a dichiararsi tali - mentre il 10 per cento dei 16-24enni si identifica come bisessuale; 4) il partito di  governo e di maggioranza l’ha fatto Beppe Grillo; 5)  c’è ancora Sanremo e c’è Celentano; 6) c’è ancora l’Unesco e c’è Lino Banfi; 7) il vicepremier è Di Maio - e questa non li sconvolgerebbe perché non saprebbero chi è: ma continua a sconvolgere noi".
L’istantanea scattata da Facci potrà non piacere ed infatti è lo stesso giornalista a chiarire che "in effetti non c’è link apparente tra il Pil e la fatturazione elettronica e i gay e Lino Banfi. Eppure è una foto che i turisti del tempo si porterebbero a casa” e ancora: "c’è un link tra il calo del Pil, l’elusione delle fatture elettroniche e l’aumento dei gay dichiarati? Non lo sappiamo, ma la fotografia è quella. Anche quella. Spiega l’Italia che cambia e quella che non cambia per niente”.
L’articolo non c’entra nulla con il titolo di prima? L’articolo è brutto? Le correlazioni tra argomenti sono azzardate o forzate? Va bene tutto ma dove sta l’omofobia?
L’operazione lanciata da Vittorio Feltri è stata eccezionale per via di due risvolti a nostro avviso importanti: il primo è smaccatamente aziendale visto che la provocazione ha fatto centro e Libero è sparito dalle edicole facendo il pienone di incassi.
Ma il risvolto sociologico è forse più interessante delle copie vendute e porta dritto alla superficialità con cui proprio chi si dichiara contro le discriminazioni giudichi in maniera preconcetta delle argomentazioni che non ha letto solo perché provenienti da un quotidiano non allineato se non addirittura inviso.
Che lo facciano i miei amici cazzeggioni su Facebook – quelli progressisti che hanno un’opinione su tutto e che si sbracciano pacchianamente per apparire politically correct o bobò -  ci può anche stare: io vorrò loro sempre bene anche se mettono a dura prova il mio apparato urogenitale perché non hanno ardore, perché non osano, perché pensano di accomodarsi dalla parte giusta e mai da quella sbagliata, perché sono vecchi mentre io amo la giovinezza.
Ma che dalla politica, passando per gli opinion maker fino ad arrivare agli organi associativi di categoria ci si sbracci per censurare aprioristicamente la libera espressione di pensiero saltando al collo dei giornalisti del quotidiano col cavallo alato e cercando pretesti nemmeno troppo pertinenti, somiglia molto alla favola “lupus et agnus” di Fedro.
Pensatela come vi pare ma anche questa volta Vittorio Feltri ha aperto uno squarcio. Sull’ipocrisia.



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