L'appassionato racconto di chi ama la propria città e combatte per una migliore qualità di vita. Oltre sessanta associazioni al tavolo convocato per spiegare quali sono gli impegni ulteriori che Arcelor Mittal, la società che si è aggiudicata l’Ilva dopo una gara, ha assunto soprattutto in campo ambientale
Sabato sera, ore 21:30 o giù di lì. “Ragazzi: è arrivata la convocazione al Mise”. Per il lunedì mattina successivo. Alle 10. A Roma. Provate a immaginare un gruppo di persone che all’improvviso deve cercare di capire come muoversi senza spendere un salasso. Le ore successive alla convocazione sono un susseguirsi di calcoli, appelli e opzioni: io ci sono, io non posso, partiamo di notte, partiamo di pomeriggio, prendiamo il bus, noleggiamo un pullmino, partiamo in treno, no costa troppo, non ce la faremo mai con i tempi. Mentre sembra tutto complicato e le imprecazioni per la tempistica dell’invito si sprecano, cresce la consapevolezza di quanto sia importante essere presenti. Nonostante i modi e i tempi e nonostante, soprattutto, un concetto che ci mette tutti d’accordo: di Taranto se ne deve parlare a Taranto. Il Governo deve essere presente a Taranto. È un punto fermo, un invito fatto più volte e che non verrà mai meno. Intanto, però, resta comunque altrettanto importante sedersi ai tavoli che finora sono sempre stati preclusi alla cittadinanza attiva. E diventa ancora più importante nel momento in cui la presenza delle realtà associative tarantine si rivela essere una brutta sorpresa per più di qualcuno. Il Sindaco di Taranto Melucci, dimostrando come sua abitudine grande rispetto per la cittadinanza, parla senza cognizione di causa di “sigle pseudo associative e comitati” a suo parere colpevoli di aggressioni, dileggio delle istituzioni e addirittura “lacerazione della comunità ionica”. L’armata delle tenebre, praticamente. L’incarnazione del male.
Per questo motivo la più alta rappresentanza della città decide di restare a casa. Che se ci pensate bene è un po’ come quando a quindici anni ti invitano a una festa e tu decidi di non andarci solo perché c’è quella bionda della III B che è interessata allo stesso ragazzino che piace a te. Il livello del dibattito politico a volte può essere veramente imbarazzante ma certi atteggiamenti non possono che sottolineare l’importanza di mettersi in macchina alle 2 di notte e partire per Roma.
Il mio è una sorta di diario di viaggio ma vi risparmierò gli aneddoti sulle soste, sulle parole, sulle uscite autostradali sbagliate perché troppo impegnati a parlare. Aneddoti che però sarebbero uno schiaffo morale a chi continua a parlare di mancanza di unità, fratture, incapacità di collaborare. Illusioni di chi vorrebbe vederci divisi da sempre e di chi vuole primeggiare, e che si infrangono contro la forza di volontà e l’impegno degli attivisti tarantini che proprio non riescono a mollare la presa a prescindere dai ministri e dalle società di turno.
Ci rendiamo sempre più conto di quanto sia stata la scelta giusta esserci quando davanti alla sede del Ministero dello Sviluppo Economico vediamo che i media sono interessati anche a noi. Siamo noi, adesso, la massima rappresentanza della Città di Taranto. Non un sindaco completamente assente che preferisce dare retta al proprio snobismo e fastidio piuttosto che al rispetto che dovrebbe riservare per il proprio ruolo, la propria città e la sua comunità. Taranto è presente tramite normalissimi cittadini che sacrificano la loro vita privata, non per lavoro o fameliche scalate politiche ma per amore e senso di responsabilità. Insieme ai lavoratori, sono gli interlocutori più coinvolti di tutti eppure restano sempre gli ultimi a essere presi in considerazione. Lo dimostra un tavolo già occupato da tutte le istituzioni e le rappresentanze sindacali, alcune per niente felici della nostra presenza. Discorso diverso per la FLMU-CUB, unico sindacato ad aver sposato il progetto Piano Taranto e a portare avanti la stessa linea della cittadinanza attiva. Per quanto riguarda gli altri, però, è chiaro che l’Ilva deve restare aperta e continuare a produrre. Magari la si può ambientalizzare, ecco. “Ambientalizzazione”. Che termine buffo. È buffo perché non esiste. Ma d’altra parte se “petaloso” ha un senso, perché non inventare altri termini simpatici da usare a nostro piacimento? Magari pensiamo anche che più li usiamo e più possono assumere una logica. Ma una logica non c’è e conosciamo bene tutti le condizioni in cui versa l’Ilva. Condizioni che a quanto pare conosce bene anche ArcelorMittal, che quando si parla di immunità penale (tema introdotto da Mirko Maiorino del Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti e rilanciato dal Governatore della Puglia Michele Emiliano) si dichiara non disponibile a rinunciarvi. È evidente, dunque, che il colosso euro-indiano abbia una sola grande motivazione per i propri investimenti in Italia: non potrebbe essere perseguito legalmente in caso in cui si presentassero tutte quelle eventualità che purtroppo conosciamo già benissimo come inquinamento, incidenti, malattie, morte. Mica male, vero? Non vi viene voglia di mollare tutto e produrre acciaio? Basta essere disoccupati, impiegati, commessi, commercianti! Apriamo un’azienda e investiamo su Taranto, il paese di Cuccagna per chiunque voglia fare un po’ quello che gli pare.
Nessuno stupore per la dichiarazione di ArcelorMittal, sia chiaro. Semplicemente abbiamo conferma di quella che probabilmente può essere l’unica ancora di salvezza per chi è stanco di convivere con quel cimitero di veleni altrimenti conosciuto come Ilva. Perché se dovessimo fare affidamento sull’interesse per la salute e l’ambiente - almeno da parte di Azienda e sindacati confederali - sarebbe come aspettare un autobus di domenica in piena estate. Sotto il sole cocente, senza acqua e con un appuntamento importantissimo che ci aspetta. Anche questo è ampiamente dimostrato dalle favolose slide presentate da ArcelorMittal. Un lavoro fine, elegante, accattivante e soprattutto moderno. Talmente moderno che probabilmente fuori dal Salone degli Arazzi di Palazzo Piacentini tutto il resto del mondo continua a vivere i meravigliosi anni ’90. Una menzione speciale alla slide con in primo piano un bambino con in testa un casco da lavoro. Bravi: è esattamente questa l’immagine che abbiamo dei nostri bambini. È esattamente questo ciò che auguriamo loro. Un futuro con il caschetto in una fabbrica che produce inquinamento e malattie. A lavorare per un’azienda che pensa di poter acquietare una cittadinanza con un uso spropositato di verbi al futuro e al condizionale: faremo, miglioreremo, dovrebbero ridursi, si potrebbero azzerare. Un futuro a sperare in una classe politica che riesca a comprendere l’entità del prezzo che il nostro territorio sta pagando da decenni e che abbia il senso di responsabilità e il coraggio - perché ce ne vuole, non siamo mica ingenui - per mettere definitivamente fine a quello scempio chiamato Ilva. Un futuro che somiglia tanto al nostro presente, insomma. È arrivato il momento di cambiarlo.
* Associazione Giustizia per Taranto